Il Chord Mojo 2 targato 2025 introduce un’uscita cuffie 4,4 mm, la ricarica USB-C e funzioni avanzate senza aumentare il prezzo, che rimane comunque impegnativo per un DAC-ampli cuffie portatile
La seconda generazione del Chord Mojo uscita nel 2022 è sempre stata un punto di riferimento tra i DAC/amplificatori cuffie portatili in grado di avvicinarsi, per qualità timbrica e raffinatezza tecnica, a soluzioni da scrivania molto più costose. Eppure, nonostante la sua eccellenza sonora, il Mojo 2 è rimasto a lungo prigioniero di un’impostazione progettuale che non dialogava più con le esigenze attuali.
Connettori datati, gestione della ricarica poco intuitiva e un layout pensato per un’epoca pre-USB-C avevano lasciato spazio a critiche crescenti. L’aggiornamento appena annunciato, che Chord ha chiamato 4.4 per differenziarlo dal modello precedente, cambia finalmente le carte in tavola, mantenendo intatta l’intera architettura sonora ma portando il prodotto nel presente.

La modifica più evidente riguarda proprio l’uscita cuffie, visto che uno dei due jack da 3,5 mm è stato sostituito da un connettore da 4,4 mm pseudo-bilanciato. Non si tratta infatti di un’uscita realmente bilanciata, perché l’architettura interna del Mojo 2 continua a essere completamente single-ended in linea con la filosofia tecnica di Rob Watts, storico consulente di Chord Electronics. Tuttavia, l’adozione del 4,4 mm consente una compatibilità immediata con numerosi cavi premium e con un’intera generazione di cuffie che ormai considera questo standard una presenza naturale.
Accanto al nuovo connettore rimane comunque il classico 3,5 mm, mantenuto non solo per ragioni pratiche ma anche perché permette al Mojo 2 di restare un prodotto flessibile, adatto a cuffie diverse e a contesti d’uso differenti. Ancora più interessante è il fatto che ognuna delle due uscite disponga ora di una memoria del volume indipendente, in modo da passare da un’in-ear a una cuffia planare senza dover continuamente ritoccare i livelli.

L’altra novità è la ricarica USB-C. Dopo anni di richieste, Chord ha finalmente abbandonato lo schema multiconnettore che aveva caratterizzato il Mojo nelle sue prime iterazioni. La porta USB-C, ora utilizzabile sia per i dati, sia per la ricarica, è gestita da un sistema di attivazione selezionabile ed è un cambiamento che non solo semplifica la vita dell’utente, ma riduce l’ingombro di cavi e adattatori, rendendo il Mojo 2 un compagno di viaggio decisamente più moderno. Resta comunque la porta micro-USB per la piena compatibilità con il modulo Poly, che garantisce streaming wireless e lettura da microSD.
Sorprende piacevolmente che questi miglioramenti non abbiano comportato alcun aumento di prezzo. Nel mercato attuale, dove gli aggiornamenti spesso diventano pretesto per rincari poco giustificati, vedere un prodotto affinato senza sovrapprezzi suona quasi rivoluzionario. Il listino resta infatti fermo a 529 euro, confermando il Mojo 2 4.4 (disponibile in Italia da gennaio 2026) come un’opzione competitiva anche nella fascia media-alta del settore portatile.

Per il resto, troviamo le stesse caratteristiche tecniche del modello di tre anni fa. Ecco allora il DSP lossless UHD DSP a 104 bit in esecuzione a 705/768 kHz per una regolazione fine sull’intera gamma di frequenze con 18 livelli per banda di frequenza (bassi, medio-bassi, alti e acuti), accompagnato da una funzione di crossfeed a quattro impostazioni che offre effetti simili a quelli dei diffusori a livello di ampiezza e spazialità del suono.
L’autonomia con una carica della batteria assicura oltre 8 ore di riproduzione, mentre nell’utilizzo con collegamento alla rete elettrica la tecnologia Intelligent Desktop Mode ha portato rispetto al primo Mojo a una riprogettazione completa dell’alimentatore, filtri e isolamento migliorati senza perdita di qualità del suono.

Il filtro WTA (Watts Transient Aligned) offre 40.960 tap (l’indicatore tecnico di quanto sia complesso il filtro di interpolazione) e utilizza 40 core DSP, valore che avvicina il Mojo 2 al ben più costoso Hugo 2. Un noise-shaper potenziato assicura inoltre una maggiore profondità e percezione dei dettagli, mentre i miglioramenti al DAC Pulse Array 4e introducono una minore distorsione e, grazie all’eliminazione dei condensatori di accoppiamento, è stata raggiunta una maggiore neutralità.
Dal punto di vista delle connessioni, oltre alle due porte USB, troviamo un ingresso ottico e uno coassiale con supporto al doppio flusso dati per l’accoppiamento con l’M Scaler e il tutto è racchiuso nel consueto chassis in alluminio aeronautico lavorato con precisione e assemblato a mano nel Regno Unito. Mancanze? Principalmente il Bluetooth (per quello, e molto altro, ci vuole il Poly da 530 euro) e anche un’app di controllo non avrebbe fatto male.
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