Un nuovo studio dell’Università di Cambridge dimostra che l’occhio umano può percepire fino a 89 pixel per grado, ben oltre le stime precedenti. Ecco cosa significa davvero per TV 8K, monitor ad altissima risoluzione e visori VR
Per anni, uno degli argomenti più ripetuti nel dibattito sull’evoluzione dei display è stato che l’occhio umano non può distinguere la differenza tra un pannello 4K e uno 8K. Una convinzione radicata, spesso usata per sostenere che la corsa alle risoluzioni sempre più elevate fosse più marketing che reale progresso. Alcuni ricercatori dell’Università di Cambridge e di Meta Reality Labs hanno però rimesso tutto in discussione con uno studio che ridefinisce i limiti della percezione visiva umana.
Secondo i risultati della ricerca, l’essere umano medio può distinguere fino a 89 pixel per grado (PPD – Pixel Per Degree), un valore ben superiore ai circa 60 PPD che rappresentavano finora la soglia comunemente accettata. Questo parametro, che tiene conto non solo della densità dei pixel ma anche della distanza d’osservazione, è fondamentale per determinare quanto dettaglio reale possiamo effettivamente vedere su uno schermo.
In pratica, più ci si avvicina al display e più la nostra capacità di distinguere i pixel entra in gioco. I ricercatori di Cambridge hanno elaborato una tabella di riferimento che traduce questi valori in scenari reali, mettendo in relazione dimensioni dello schermo, distanza di visione e risoluzione percepibile.

Se prendiamo ad esempio un televisore da 50 pollici osservato da tre metri di distanza, la percezione dell’occhio umano si ferma intorno ai 1440p (2K nella tabella sottostante). Ciò significa che, in quella condizione, la differenza tra un pannello Full HD, 4K o 8K risulta praticamente invisibile. Il limite non è nella tecnologia, ma nei nostri occhi e nella geometria dell’ambiente in cui guardiamo. Per iniziare a trarre vantaggio reale da un pannello 4K, servirebbe un TV da almeno 60 pollici o, in alternativa, ridurre la distanza di visione a circa due metri. E per percepire la differenza offerta da un 8K della stessa diagonale, bisognerebbe avvicinarsi fino a un metro (una condizione poco realistica per la visione domestica).
Le cose cambiano radicalmente quando si parla di monitor da scrivania. A differenza dei televisori, i display per PC vengono osservati da distanze molto più ravvicinate, in genere tra i 30 e i 50 centimetri. In questo scenario, i limiti della vista umana si spostano molto più in alto, tanto che un monitor da 30-40 pollici visto a 40 centimetri di distanza potrebbe trarre beneficio da risoluzioni persino superiori all’8K per arrivare teoricamente fino a 16K o oltre, offrendo così un vantaggio tangibile in termini di dettaglio e nitidezza per grafici e videomaker pro.
Un monitor 8K, infatti, permette di visualizzare immagini più realistiche, testi perfettamente leggibili anche a ingrandimenti minimi e una profondità visiva che torna utile in editing video, modellazione 3D e fotografia ad alta risoluzione. Nella maggior parte dei casi d’uso davanti a un PC (navigazione web, produttività da ufficio o gaming casual), la differenza rispetto a un ottimo pannello 4K resta invece più marginale, soprattutto in rapporto ai costi e alla potenza grafica richiesta.

Lo studio di Cambridge offre quindi una prospettiva più sfumata e contestualizzata sulla relazione tra tecnologia e percezione. Non si tratta semplicemente di dire “l’occhio umano vede l’8K”, ma la chiave diventa il contesto d’uso. Nella visione televisiva da salotto, la distanza media riduce drasticamente i benefici di risoluzioni superiori al 4K, ma nel computing ravvicinato o nella realtà virtuale, dove lo schermo è a pochi centimetri dagli occhi, la densità di pixel percepita diventa un fattore cruciale.
Le implicazioni più interessanti emergono proprio in quest’ultimo campo. Nei visori VR, i display sono infatti posti a pochissima distanza dalla retina e la percezione di vedere una “griglia” davanti agli occhi (il cosiddetto effetto “screen door”) resta uno dei principali limiti di immersione nell’ambiente virtuale. Secondo lo studio britannico, una risoluzione di 16K per occhio (15360 x 8640 pixel) potrebbe finalmente superare quel confine, offrendo (hardware mostruoso permettendo) un’esperienza visiva davvero indistinguibile dal mondo reale.
All’estremo opposto dello spettro, anche i TV da 100 pollici o più, sempre più diffusi nel settore premium ma non solo grazie ai prezzi in continuo calo, tornano improvvisamente a giustificare la corsa all’8K, visto che con diagonali simili i pixel diventano di nuovo distinguibili e il salto in avanti rispetto al 4K si fa evidente persino da tre metri di distanza.
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