Non è infrequente nutrire incertezze su quale tra le numerose tecnologie implementate in Alta Fedeltà sia la più idonea a far sì che si verifichi il miracolo sonoro, quello che avvicina il più possibile la riproduzione all’evento reale.
E parlando di Alta Fedeltà e miracoli, fin dall’avvento della stereofonia – invenzione che ha dato di certo un enorme contributo al realismo sonoro, soprattutto a livello di palcoscenico virtuale – qualsiasi costruttore si è in qualche modo (s)battuto affinché le sue elettroniche acquisissero la qualità di riferimento.
Quante volte abbiamo letto Laboratory Standard oppure Reference sul frontale degli apparecchi? Proprio a significare che il dispositivo in questione era differente dalla massa dei suoi simili, in qualche modo incapaci di stare al passo con il loro omologo “superiore”, per sua natura destinato a far meglio.
A prescindere da questo aspetto – cui qualcuno potrebbe riferirsi in termini di trovata commerciale al fine di realizzare un elevato numero di vendite – vi sono in ogni caso alcune situazioni che ancora oggi destano sospetti sulla loro effettiva utilità, ovvero se sia effettivamente il caso di affidarsi a determinati numeri oppure se non sia più conveniente guardare, o meglio sentire, altro.
Facciamo un esempio concreto alludendo allo standard CD – ovvero al conosciuto 16/44 – coppia di numeri che qualsiasi appassionato di audio ad Alta Fedeltà conosce a menadito riferiti, rispettivamente, alla profondità in bit ed alla Fc, meglio nota come frequenza di campionamento del segnale.
All’epoca della nascita del noto supporto digitale – era circa il 1982 quando fu immesso sul mercato – una frequenza di campionamento pari a 44.100 KHz unita ad una profondità in bit pari a 16 sembrava garantire prestazioni più che adeguate per le esigenze di riproduzione audio, visto che la prima consentiva di raggiungere una risposta in frequenza compresa tra 0 Hz e 22.050 Hz con una gamma dinamica di 96 dB, valori ampiamente congrui in relazione alla sensibilità dell’udito umano.
Successivamente, tali valori sono stati innalzati a 24bit/96KHz, il che ha consentito alla risposta in frequenza di raggiungere i 48KHz portando la gamma dinamica esprimibile a 124 dB.
Non paghi, siamo arrivati a 24bit/192KHz e poi sempre più su, fino ai 768KHz attualmente (sebbene molto raramente) utilizzabili; nel frattempo i bit sono diventati in certi casi 32, il che consente di raggiungere in linea teorica una gamma dinamica di ben 196 dB – sottolineo teorica giacché notoriamente la soglia del dolore è posta a 130 dB – ragione per la quale siamo e restiamo nell’ambito dei miracoli strumentali.
Come intuibile – anche a causa dei limiti dovuti al teorema di Nyquist – Shannon – le suddette frequenze di campionamento consentono di ottenere una risposta in frequenza che è esattamente la metà della Fc.
Ora, a dar retta ai numeri – molto ovviamente – si potrebbe ritenere (non necessariamente a torto) che più questi siano alti tanto migliore sia il risultato ottenuto: ebbene, la risposta è NI.
Il motivo è semplice ed in parte intuibile: a parte il crescente spazio occupato dai dati da immagazzinare nel dispositivo di memoria – sempre più elevato al crescere del protocollo di registrazione – il nostro orecchio non è organizzato per elaborare informazioni oltre una certa misura, ragione per la quale il vantaggio diventa fittizio, pressoché psicologico, ovvero legato alla consapevolezza di qualcosa che pur non sentendosi comunque esiste.
Capirete che di questo passo la passione per l’Alta Fedeltà si trasforma in una sorta di onanismo completamente svincolato dal gesto artistico.
In effetti però qualcosa permane – ovvero le sub armoniche del segnale campionato – relative alle elevatissime frequenze di campionamento citate, un “lascito” che arricchisce il segnale e che non sarebbe presente laddove si utilizzassero Fc inferiori.
Sebbene possa apparire un’affermazione apparentemente in contrasto con quanto finora delineato, occorre considerare che in ogni caso non serve spingersi troppo oltre perché, malgrado quanto descritto, il nostro orecchio non è comunque in grado di cogliere sempre e comunque quel qualcosa in più.
Infatti, almeno personalmente, sono più che convinto che registrare un segnale audio a 24bit/96KHz sia assolutamente sufficiente per gli scopi che ci interessano; tra l’altro – ed a prescindere dai limiti fisiologici dell’apparato uditivo umano – nessun diffusore è in grado di spingersi oltre una determinata soglia di risposta in frequenza.
Per inciso, laddove possibile, provate ad ascoltare lo stesso brano nei differenti formati – escludendo chiaramente quelli compressi, sebbene anche qui potrebbero esserci delle sorprese – vi renderete presto conto che la differenza è praticamente inesistente, quanto meno non certo sbattuta in faccia e dove identificabile, sempre che il sistema ad Alta Fedeltà di cui disponete sia in grado di evidenziarlo senza difficoltà, si tratta comunque di sfumature spesso difficilissime da cogliere, circostanza che corrobora quanto riportato.
Come al solito, ottimi ascolti!!!
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