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La stereofonia prima e dopo Blumlein

Nel lungo percorso di progettazione e ricerca afferenti l’alta fedeltà, non sono mancate iniziali ed intelligenti intuizioni in grado di far avanzare con impeto la riproduzione sonora. Prima ancora dell’invenzione della stereofonia ad opera di Alan Dower Blumlein nel lontano 1931 – scoperta diffusa solo nel dopoguerra a causa, appunto, dei problemi generatisi a seguito del secondo conflitto – le varie interpretazioni che nel tempo hanno connotato il settore sono davvero degne di nota, alcune talmente evidenti da far gridare al miracolo.

Ebbene si, esiste un prima: a parte quanto normalmente conosciuto dagli appassionati, non sono in molti a sapere che tra il X e il XV secolo la sperimentazione pertinente tecniche in grado di creare una spazialità maggiormente accentuata era già all’avanguardia, certamente non attraverso l’utilizzo dell’elettronica – chiaramente ancora lontana – bensì tramite un’accurata disposizione spaziale degli esecutori sul palco.

La storia è abbastanza complessa, ma chi ama la musica classica sa bene che l’attuale disposizione dei singoli blocchi orchestrali si deve – anche ma non solo – ad un compositore francese assai frequentato tra gli audiofili: Hector BERLIOTZ.

Un’intensa immagine di Hector BERLIOTZ

 

Compositore francese afferente alla corrente romantica, vede nella Sinfonie Fantastique il suo maggior successo tra gli appassionati di alta fedeltà i quali – logicamente – con questa composizione hanno a disposizione un vero e proprio caleidoscopio di sonorità assolutamente adatte a sfruttare un sistema audio che si rispetti grazie alla ricca strumentazione impiegata, soprattutto dal punto di vista delle percussioni.


A parte lui, nel tempo sono stati parecchi i musicisti che si sono interessati ad una disposizione degli strumenti che potesse creare un efficiente sistema di diffusione sonora in grado di aumentare il coinvolgimento (e quindi il pathos) e che risultasse una vera e propria parte dell’esecuzione in senso stretto: Wagner, Bartók, Fürtwangler, Debussy ed altri, hanno ciascuno contribuito a far sì che l’orchestra fosse realmente qualcosa di funzionale alla composizione – essa stessa strumento in altre parole – un versatile unicum dedicato alla massima espressione sonora.

Vi è stata quindi un’incessante ricerca sonora definibile “pionieristica” di quella che nel futuro sarebbe diventata la regola.

A parte l’invenzione dello stereo – di sicuro qualcosa di altamente innovativo – i passi successivi si sono concentrati su aspetti che riuscissero ad emulare la natura, intesa sia come percezione del suono da parte dell’orecchio umano che come riproduzione dell’evento acustico naturale, maggiormente dell’accuratezza timbrica, qualcosa che sapete bene essere essenziale nella riproduzione.

A partire dagli anni ’60, passando per i ’70 e buona parte degli ’80, si sono visti nascere molti miti dell’alta fedeltà, alcuni lo sono tutt’oggi, altri hanno perso lustro nel tempo – ma tutti – indistintamente, hanno contribuito ad accrescere il piacere dell’ascolto.

I 4402 prodotti da FALCON LAB: diffusore omnidirezionale di elevate prestazioni

 

Marchi come BOSE, POLK AUDIO oppure DBX o ACOUSTIC RESEARCH – nomi che non necessitano davvero di alcuna presentazione – hanno ognuno rappresentato un modo di intendere la riproduzione del suono non troppo dissimile dall’interpretazione di un grande direttore d’orchestra, facendo della ricerca e dell’innovazione la loro ragion d’essere.

Osservando bene i tentativi di innovare il processo di riproduzione audio, traspare con una certa chiarezza che molti di questi sono legati alla natura, anzi, in certi casi è stata proprio la natura a suggerire in modo più o meno casuale la direzione da prendere. Lo stesso MATTHEW POLK, artefice del sistema SDA (acronimo di Stereo Dimensional Array) – qui da noi descritto – racconta che lo spunto che fece nascere l’idea gli venne durante un’immersione subacquea, circostanza nella quale notò la difficoltà di individuare con esattezza la provenienza dei suoni nel mezzo liquido.

Idem dicasi per DBX oppure AR, a loro volta realizzatori di due tra i maggiori sistemi che potessero andare oltre la semplice stereofonia – rispettivamente le SOUNDFIELD ONE e le AR MGC 1 – già esaminate, almeno in linea generale in questi due interessanti articoli.

Non di meno si è poi visto sul versante dell’amplificazione, che a prescindere dal passaggio evolutivo (?) tra valvole e transistor ha visto la nascita di circuitazioni innovative sempre più efficienti, performanti e basate talvolta su una semplicità quasi imbarazzante, tale da evidenziare in assoluto la maestria del suo ideatore.

La mitica coppia QUAD II: valvole KT66 e suono magnifico per un’amplificazione davvero iconica

 

A tal proposito è sufficiente pensare alla QUAD ed al grande PETER WALKER, maestro indiscusso della semplicità fatta buon suono, con gli iconici modelli QUAD II e 303 quali massimi rappresentanti di sistemi di amplificazione assolutamente egregi ed in grado di dire la loro ancora oggi.

Infine, un nome per tutti:  WILLIAMSON ed il suo schema ancora oggi gettonatissimo malgrado risalga al 1947.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

 

 

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