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CDS1000 e AS1200: il natural sound secondo Yamaha

Yamaha
AS-1200

Abbiamo recentemente messo le mani su una combo molto speciale, fregiata del titolo natural sound, un antico marchio di fabbrica che ci porta subito con la mente ai prodotti dei 3 diapason. Si tratta, infatti, di una coppia, CD e ampli integrato Yamaha. Due prodotti che non fatichiamo a definire, perlomeno,  seri, robusti e esuberanti non appena li si tocca. Proprio toccandoli, apprezzandone i perfetti assemblaggi e la copiosa quantità di componenti di qualità, veniamo trasportati nella filosofia di suono Yamaha. Prodotti che cercano la massima trasparenza, la naturalezza priva di ogni colore, la neutralità fra basso ed alto. Ci saranno riusciti e, soprattutto, sapranno emozionarci?

Yamaha si è sempre fatta conoscere, qui da noi, per prodotti costruiti con una morale precisa, che abbiamo effettivamente notato tanto nei prodotti AV che in quelli stereofonici. Una alta qualità, in piena tradizione giapponese, in particolare nella costruzione rigorosa e pesante, che mai ha lesinato su materiali nobili. Una fisionomia che si nota tanto nei case, soprattutto della serie A-s (authentic supreme), ovvero i prodotti stereo hi-fi, quanto all’interno delle varie elettroniche.

Macchine, insomma, sempre caratterizzate da qualcosa in più rispetto alla concorrenza quanto si parla di costruzione, con livelli qualitativi rari da trovare sui prodotti sotto i 1500-2000 €.

Non potremmo, infatti, anticipare le elettroniche che abbiamo provato senza aver presentato la filosofia costruttiva Yamaha che, infatti, traspare potentemente da questi.


Partiamo dal CD

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CDS1000. Autentico evergreen, il modello ha rappresentato per tanti anni la costruzione hi-fi per antonomasia ad un prezzo non esagerato. Pesante, curato e possente, è caratterizzato da un suono, forse, non per tutti.

 

Il Cd hi-end CDS1000 è un autentico monolite, se paragonato alla concorrenza disponibile ai medesimi prezzi (si trovava a circa 1300 €). Perché usiamo l’imperfetto?  In realtà attualmente il CD non è disponibile.  È stato presente sul mercato dal lontano 2008, ed è ormai un evergreen per una tecnologia che ha già raggiunto l’apice da molti anni, ma durante il periodo del Covid è uscito, pare solo momentaneamente, fuori produzione, anche se pare che Yamaha stia valutando, secondo indiscrezioni da prendere con un po’ di riserve, di riportare presto sul mercato i suoi amati lettori CD hi-end, che erano 3 modelli, con il CDS1000 come macchina d’ingresso.

Circa 15kg di peso, fianchetti in legno di betulla giapponese verniciati esattamente come il Disklavier Enspire, ovvero la famosa serie di pianoforti Yamaha, e una lunghezza fuori categoria ne fanno un peso massimo.

Ma come suona questo Yamaha?

Esorcizzandolo da un possibile impianto, possiamo affermare alcune cose. Questa macchina suona, e suona veramente bene, soprattutto con gli SACD. Quello che colpisce molto positivamente fin da subito è, manco a dirlo, la componente cristallina e aperta del suono. Veloce e molto neutro, pulito: distinguiamo ogni nota ed ogni timbrica della registrazione. Gli alti sono ottimi, così come i bassi, dove apprezziamo tutte le sfumature e riusciamo a cogliere con chiarezza anche gli ultrabassi più inafferrabili.

Tutto bene, quindi? Non proprio, o almeno, non è una macchina perfetta (ma ce n’è una?). La resa nei medi tende un poco a scomparire a favore, come detto, di sontuose prestazioni nei bassi e alti, oltre ad un’intelligibilità davvero esemplare (e qui non si scherza!).

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CDS1000 interiormente.

 

Chi lo può amare? Senza dubbio coloro che conoscono e apprezzano la filosofia giapponese di Yamaha, dedita ad un suono molto esatto, ma certamente non caloroso e quindi, per alcuni, poco musicale. Ma queste sono parole vuote. Mettete una registrazione come si deve e ascolterete alti penetrabili e strutturati come non mai, riuscirete a capire la registrazione ed a entrare direttamente dentro alle più sottili trame del suono.

Ampli integrato AS1200: il nuovo arrivato

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As1200: stessa veste dei predecessori, ma suono diverso. Adesso si spinge più sul calore e sulla versatilità.

I 22kg ci sono, così come i due piccoli vu meter retroilluminati molto eleganti ed essenziali, costruzione massiccia e severa, bellissima in tinta silver. La potenza è 90 W (8 ohms), 150 W (4 ohms). L’amplificazione è flottante e bilanciata con canali separati e isolamento meccanico fatto a dovere.

Il tatto, poi, non mente. In casa Yamaha i prodotti sono fatti bene (in Cina, ma supervisionati da tecnici nipponici in una fabbrica rigorosamente Yamaha) e rigorosissimi ovunque li si guardi.

Insomma, sembra esattamente l’As1100, il predecessore a cui ha, degnamente, lasciato il timone. Eppure dentro non lo è, o meglio, è piuttosto diverso a livello sonico. Se prima Yamaha esibiva un suono timbricamente teso verso il freddo, molto aperto e esattissimo nella riproduzione del segnale, perdendo forse, a seconda dei gusti, un poco di musicalità e tepore, adesso la via intrapresa dai tecnici Yamaha è ben diversa.

Una via sonora, forse, più audiophile e al passo coi tempi

La tendenza del momento, infatti, ha virato verso un sound più caloroso ed avvolgente, in chiave più americana. In questo, il nuovo A1200 si trova più a suo agio, esibendo una timbrica più spessa e corposa ad ogni frequenza, con un potenziamento complessivo del vigore e con una resa, quindi, più temperata.

La cosa bella è che quella cristallinità tipica di Yamaha, a dispetto dei timori, non è stata toccata, col risultato che abbiamo un ampli molto più versatile e vivace, ma con una chiarezza ed una pulizia sempre molto riconoscibili.

Non c’è dubbio: questo AS1200 merita uno, o più ascolti, e ha molte pallottole nella gamma hi-end media (listino 2200 €).

© 2023, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.

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