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D-Cinema: come funziona nel dettaglio? (prima parte)

La pellicola nelle sale cinematografiche ci ha abbandonato oramai da diverso tempo, nonostante ciò tutti si saranno chiesti esattamente cosa l’abbia sostituita nelle cabine di proiezione. Com’è costituito un moderno impianto di proiezione cinematografico? Quali sono le peculiarità, le tecnologie e il modo di funzionare? Lo scopriremo in questo speciale in tre parti dedicato al D-Cinema.

Partendo dall’anno di grazia 2007 e giungendo fino al 2011, le sale cinematografiche mondiali hanno subito una profonda trasformazione, vedendo compiersi la transizione dalla cara e vecchia pellicola (un secolo di onorato servizio) ai nuovi sistemi digitali basati su videoproiezione DLP a triplo chip. Non vogliamo in questa sede disquisire sulle modalità e la congiuntura che hanno reso possibile questa “migrazione” (in maggior parte dettate da discorsi economici e di scala, piuttosto che meramente qualitativi), quanto presentare un’overview di come è esattamente composto un sistema D-Cinema e come esso funzioni nella realtà di tutti i giorni. Considerato che questo particolare microcosmo sfrutta molte delle tecnologie consumer di cui AF si occupa quotidianamente, sebbene declinate in salsa “Pro”, riteniamo una buona comprensione dei suoi meccanismi possa mettere sotto una luce diversa (e più interessante) le normali elettroniche con cui abbiamo a che fare.

 

I componenti principali

Il classico sistema di proiezione a pellicola era composto tipicamente da un proiettore, sul quale erano montate una o più teste di lettura del sonoro (Dolby Digital e DTS negli ultimi modelli), un processore sonoro (in pratica un pre-decoder che riceveva i dati del Dolby Digital, o del timecode DTS se del caso, dalla testa di lettura e ne decodificava il flusso), un rack con i finali di potenza (per pilotare i diffusori dei sistemi 5.1) e il sistema di caricamento della pellicola (si distinguevano “i piatti”, “il ciclo continuo”, i sistemi a “marcia indietro” ecc). In aggiunta, nei sistemi più recenti, era presente un’automazione a bordo macchina per le operazioni collaterali (cambio obiettivo, cambio macchina, spegnimento luci).

dolby atmos digital 5.1
Sistema di proiezione a pellicola con audio Dolby Digital 5.1

Il fulcro della conversione, ovvero il target principale del cambio, è stato quello di passare da un supporto di proiezione “fisico” (la pellicola) ad uno informatico (il file dati o DCP). Per fare questo, il proiettore standard è stato del tutto eliminato, venendo sostituito da:


  • Un video proiettore DLP a triplo chip, in risoluzione 2048X1080 (2K), certificato DCI
  • Un server cinematografico, certificato DCI

La parte relativa al sonoro, invece, è stata grosso modo mantenuta. Questo perchè i processori del suono più diffusi nelle sale all’epoca (tipicamente i Dolby CP650) potevano essere aggiornati, tramite l’aggiunta di una scheda (Dolby Cat.790), all’utilizzo in abbinata al nuovo server informatico. In pratica si trattava di rendere compatibile il processore del suono con un ingresso audio digitale in AES, output audio per veicolare il PCM dai server DCI. L’automazione è stata invece totalmente integrata all’interno del server, rendendo possibile interfacciarlo con i servizi di sala esistenti.

D-Cinema Digital BoothImpianto digitale 7.1. Un server DCI pilota un videoproiettore DLP ed il processore sonoro Dolby CP650

D-Cinema - Digital projection Booth
Scheda di upgrade Dolby Cat.790.

La scheda aggiungeva inizialmente al processore CP650 la possibilità di riprodurre il formato Dolby Digital EX. Contemporaneamente rendeva disponibili gli ingressi digitali AES per una fonte PCM esterna (server).

E’ interessante far rilevare che la scheda Cat.790 “soffre” sin dall’inizio di un problema noto come “robosound“, solo parzialmente risolto da alcuni update del firmware. In particolare, in modo del tutto casuale e non consecutivo, il processore CP650 quando si varia il canale di input (per esempio passando da un audio stereo degli spot pubblicitari ad un 5.1 o un 7.1 del film) inizia a riprodurre un suono metallico, molto distorto e fastidioso, da tutti i diffusori. Si ritiene si tratti di un difetto di progettazione della scheda stessa, il quale si manifesta in modo assolutamente non prevedibile e che richiede un riavvio del processore per essere risolto. Qui un esempio di Robosound preso da un caso reale; se doveste imbattervi nello stesso accadimento durante una proiezione cinematografica vi consigliamo caldamente di avvisare il personale della struttura. Si tratta di un’anomalia che non si risolve da sola.

Nelle installazioni D-Cinema più recenti il processore sonoro è stato sostituito dal nuovo modello Dolby CP750, il quale integra nativamente il supporto all’ingresso digitale AES e ai formati audio 5.1/7.1. Fortunatamente questo nuovo modello è esente dal problema del “robosound”.

D-Cinema - Digital projection Booth

Processore sonoro Dolby CP650. Il più diffuso nelle installazioni ai tempi del Dolby Digital 5.1 ed aggiornabile tramite scheda Cat.790

D-Cinema - Digital projection BoothProcessore sonoro Dolby CP750 dotato nativamente di supporto sia all’audio digitale AES in ingresso che al sonoro 7.1

 

Il videoproiettore

La componente principale (nonchè più costosa) dell’impianto è il proiettore D-Cinema, usualmente (ma non sempre, poi vedremo perchè) una macchina DLP a triplo chip, con risoluzione 2048×1080 (2K). In tempi più recenti sono diventate disponibili sul mercato anche soluzioni con risoluzione 4096X2160 (4K). I costruttori più noti di proiettori D-Cinema sono Barco, Christie, Cinemeccanica, NEC e Sony, mentre la differenziazione dei diversi modelli all’interno di una stessa famiglia avviene in base alla grandezza e tipologia (2K o 4K) del chip DLP, oltre alla potenza massima installabile della lampada xenon.

D-Cinema - Digital projection Booth

Esempio di modelli di proiettore DCI prodotti da Barco. Le varie soluzioni sono distinte per tipologia e grandezza di chip DLP e dimensione massima di schermo illuminabile.

Il dimensionamento, infatti, oltre che dai parametri geometrici della sala da equipaggiare, dipende fortemente dalle proporzioni e dalla grandezza dello schermo da illuminare. Posto che le regole DCI impongono un minimo di 14 fL di flusso luminoso in 2D (7 se 3D), va da se che più ampio sarà lo schermo, più potenza servirà alla lampada e più grandi saranno sia la lanterna che i chip. Per dare un’idea, quando si necessiti di illuminare correttamente uno schermo di 10 metri di base, corrispondente ad una sala di circa 200 posti, serve una lampada dai 2 kW in su.

Una volta designato il modello di proiettore in base alla potenza installata, occorre selezionare un obbiettivo da abbinargli. Tale obiettivo deve tenere conto della posizione relativa della cabina di proiezione rispetto lo schermo (il quale raramente è centrato, più facile siano presenti offset sia laterali che in altezza), essendo in grado, per range di offset e zoom, di coprire sempre (e senza aberrazioni) l’intero telo di proiezione. Va altresi considerata un’escursione di offset e zoom ulteriore nei casi di installazioni con schermi in formato cinemascope (AR di 2.39:1), dal momento che il passaggio dal formato 1.85 (1998X1080, flat) al 2.39 (2048X858, scope) si ottiene riposizionando la lente motorizzata.

D-Cinema - Projector Size

Obiettivo D-Cinema prodotto da Barco. Si notano le ghiere dentate esterne azionate da un motore con ingranaggio, asservito all’elettronica di bordo del proiettore. Con questo meccanismo offset, zoom e fuoco possono essere modificati a seconda del formato di proiezione da coprire (flat, scope o altro)

Con il passare del tempo ed il progredire tecnologico i videoproiettori D-Cinema si sono poi evoluti. Dopo i “semplici” DLP iniziali sono stati progressivamente introdotti modelli basati su tecnologia riflessiva (come l’SXRD della Sony) e, come già accennato, risoluzione 4K (4096X2160). Per convenzione si usa designare il livello tecnologico del proiettore identificandone la serie di appartenenza, si hanno così:

  • Modelli “Serie 1“: le primisse emissioni, essendo i più “vecchi” e attualmente a rischio estinzione (nel senso che soffrono di limitazioni tecniche grosse e la gestione della ricambistica è diventata poco conveniente). Sono tutti DLP 2K a triplo chip e si distinguono per i sistemi di sicurezza basati su scheda Enigma, dipendendo completamente (per la decodifica del DCP) da un media block installato nel server.
D-Cinema - Digital projection Booth
Architettura di un’installazione “Serie 1”

La decodifica è eseguita internamente al server, il quale invia il video al proiettore tramite connessione HD-SDI protetta (Enigma) e l’audio AES al processore sonoro. Attraverso le connessioni GPIO il server è poi interfacciato ai servizi di sala (luci ecc). L’architettura è chiaramente “server centrica”

  • Modelli “Serie 2“: le emissioni successive, si distinguono principalmente per avere la possibilità di installare il media block direttamente al loro interno (si parla in questo caso di IMB, ovvero Integrated Media Block). Questa “furbata” consente di blindare la decodifica dei DCP, in quanto l’ultimo step di decrittatura avviene nel proiettore e non più nel server, con la conseguenza di avere un segnale “in chiaro” molto meno esposto. In aggiunta, dato che il flusso dati verso il proiettore è di tipo ancora compresso (essendo a monte del media block), è possibile trasmettervi anche flussi 4K o 3D “pieni”, cosa che su di un Serie 1 non può avvenire. Un proiettore Serie 1, infatti, per le limitazioni date dalla sua connessione HD-SDI con il server non può riprodurre video 4K e, in caso di film in 3D, deve abbattere il subsampling (da 4:4:4 12 bpc a 4:2:2 10 bpc) onde rientrare nei limiti di banda del collegamento. Questo è il motivo, per chi ha l’occhio più allenato, per cui in certi cinema quando si vedono i film in 3D i colori sembrano più “smorti” rispetto la controparte 2D.
  • Modelli “Serie 2.x“: sono le emissioni più recenti, comprendendo i Serie 2 in grado, per esempio, di riprodurre filmati in HFR, sia 2D che 3D. In pratica sono Serie 2 con un firmware più avanzato.
Architettura di un’installazione “Serie 2”

La decodifica del DCP è eseguita internamente al proiettore dalla scheda IMB, la quale riceve il contenuto criptato dal server e re-invia l’audio AES al processore sonoro. Attraverso le connessioni GPIO l’IMB è interfacciato ai servizi di sala (luci ecc). L’architettura è chiaramente “proiettore centrica”

Il server

Il server è sostanzialmente lo storage per i contenuti, vale a dire il contenitore dei film. Film e trailer arrivano sotto forma di gruppi di file (DCP acronimo di Digital Cinema Package) e vengono caricati all’interno di un array raid 5, facente appunto parte del server DCI. Il sistema di ridondanza raid 5 consente, in caso di rottura di uno dei tre dischi rigidi costituenti, la prosecuzione della proiezione in totale sicurezza, evitando sgraditi rimborsi agli incolpevoli spettatori. L’architettura raid 5, oltretutto, consente di raggiungere velocità in lettura tali da sostenere gli elevati bitrate richiesti dallo standard DCI.

D-Cinema - Projector Size

Server Doremi DCP2000. Si notano i tre slot di accesso ai dischi rigidi installati in configurazione raid 5.

Il tutto non è molto diverso da un normale NAS, con l’unica differenza che l’intero sistema operativo è concepito e gestito nell’ottica di servire una sala cinematografica. Oltre ad immagazzinare i contenuti da proiettare, il server D-Cinema consente di interfacciarsi al proiettore (per inviargli i contenuti e i comandi), al processore del suono (per inviargli l’audio e i comandi) e all’automazione della sala stessa (per gestire l’accensione e lo spegnimento delle luci, i servizi di sala ecc).

Esistono diverse soluzioni di server, proposte da costruttori come Dolby, Doremi, GDC, Cube ecc. Alcune soluzioni particolarmente “squeezed“, pensate per contenere i costi e per applicazioni “basiche” come le installazioni singolo schermo di teatri e sale parrocchiali, prevedono un server completamente integrato nel videoproiettore. Analogamente al concetto di IMB (che peraltro sposa in pieno, per sua stessa definizione), si parla allora di IMS (Integrated Media Server).

D-Cinema - Digital projection Booth
Server integrato nel proiettore (IMS).

La scheda porta incorporato sia il modulo IMB che gli slot dei tre dischi del raid 5, consentendo un notevole risparmio di spazio e di costo. In questa configurazione, infatti, non è necessario alcun server esterno.

Server, proiettore e processore del suono sono inoltre connessi tra loro, via ethernet, su una sottorete locale nota come projector network. Questo sia per rendere possibile al server inviare comandi specifici alle altre due macchine (cambio di volume, cambio del canale audio, accensione/spegnimento lampada del proiettore ecc), sia per lo scambio dei certificati di sicurezza durante il processo di decrittatura.

Gli stretti requirement di sicurezza imposti da DCI, infatti, prevedono che tutti i DCP cinematografici siano criptati in modo da non consentirne la divulgazione, la riproduzione e la copia non autorizzata. Questo richiede che i server siano in grado, previa ricezione di un’opportuna chiave di decodifica (KDM), di processare il contenuto criptato e rinviarlo al proiettore e al processore del suono correttamente decodificato.

D-Cinema - Digital projection Booth
Integrated Media Block (IMB) prodotto da GDC.

Questa scheda si inserisce nel proiettore e provvede la decodifica dei DCP criptati tramite le KDM generate per il suo specifico numero di serie. Sebbene alloggiato dentro il proiettore, il media block è una parte integrante del server, essendo interfacciato e gestito dallo stesso via connessione ethernet e/o proprietaria.

Il componente del server che si occupa di questo è il già citato media block, una scheda di decodifica blindatissima, che in output provvede i flussi audio e video “in chiaro”. A seconda dell’architettura di proiezione il media block può essere alloggiato all’interno del server, servendo il video alla proiezione tramite una doppia connessione HD-SDI (Serie 1), oppure alloggiato direttamente dentro il proiettore (Serie 2 e successive). Nel secondo caso si parla più propriamente di Integrated Media Block, o IMB, essendo tra gli altri la soluzione ritenuta più sicura e versatile. In questo caso il contenuto criptato viene fornito alla scheda IMB sempre dal server, tramite la stessa projector network o tramite connessione dedicata a seconda del produttore.

 

Nella seconda parte di questo speciale sul D-Cinema tratteremo più diffusamente i DCP, in particolare la loro struttura e il processo di codifica/decodifica. Daremo altresì uno sguardo all’organizzazione impiantistica e alle modalità di funzionamento di una struttura dotata di più schermi (multiplex). Concluderemo poi nella terza e ultima parte con un’occhiata alle soluzioni tecniche più all’avanguardia e gli sviluppi previsti per il futuro.

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