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La posta del cuore. Il futuro del negozio hi-fi

Negozio hi-fi. Chi segue questa rubrica, sa che in articoli precedenti ho parlato di mercato e di come si è evoluto nel tempo dagli anni 80 (periodo di boom del settore) fino ai giorni nostri. 

Che cosa è cambiato e che cosa è rimasto uguale? 

Agli inizi c’era una grande differenza qualitativa tra i pochi prodotti di importazione, in particolare dall’Inghilterra (Quad, Decca, Rogers, Kef, naim, Linn ecc.), e la grande massa dei prodotti di origine giapponese, almeno quelli che venivano importati in Italia. 


Altri prodotti europei, Germania e Francia per esempio sono arrivati dopo. 

Questa differenza di qualità, esigeva dei negozi hi-fi “specializzati”, che spiegassero e facessero sentire le differenze. 

Più avanti questo processo, portato all’estremo, sfociò nel cosiddetto “mercato esoterico”. 

Con prezzi sempre più alti conseguenti, dovuti principalmente a piccole aziende e limitata distribuzione. 

Con l’arrivo del CD si può dire che il mercato, in un certo senso, si è “livellato”, diventando più democratico e disponibile per un sempre maggior numero di fruitori. 

Le differenze infatti tra i prodotti, con una sorgente sicura e ripetibile come il Compact Disc, diminuivano. Anche con impianti relativamente economici, i risultati raggiunti erano più che accettabili. Non più giradischi tremolanti ed economici che inficiavano il risultato finale. 

Che cosa ha fatto seguito a questo periodo? 

Con impianti mediamente ben suonanti, ogni negoziante si sentiva autorizzato a vendere “HiFi”, anche se magari non aveva le competenze elementari per guidare il cliente. 

Bastava vendere. 

E come? 

Battagliando sui prezzi! 

Nei primi anni 80, all’inizio carriera in questo settore, ero venditore in un negozio di Milano che chiameremo B, per non distrarre il lettore. 

In provincia c’era un negozio hi-fi che si pubblicizzava dicendo : “vendo a dieci mila lire meno di B!” 

E questo non era un caso isolato, la politica del tempo, grazie anche al boom di quel periodo, era proprio questa: fregare il collega con la vendita al ribasso! 

Pensate che questa mentalità sia cambiata nei negozi di oggi? Assolutamente no! 

Ed ecco il motivo del titolo di questo articolo. 

Qualcuno potrebbe chiamare questo modo di agire competizione, io lo chiamo miopia. 

Qual’è il risultato di tutto ciò? Un cimitero di negozianti audio! 

In articoli precedenti, sempre parlando della situazione del mercato in generale, e italiano in particolare, citavo alcune esperienze in mercati più maturi del nostro, o che hanno già attraversato questo tipo di cicli di mercato, trovando soluzioni adatte a superarli. 

Citavo il Nord Europa con la catena HiFiKlubben, o l’Inghilterra con Richer Sound. 

Queste realtà si basano su una condivisione di obbiettivi, non certo di competizione tra negozianti tra chi ha il prezzo più basso. 

A questo proposito cito quello che succedeva negli anni 80, quando ero venditore in un negozio di Milano. Data la confusione dei prezzi, si decide di fare una riunione tra tutti gli operatori di Milano, un cartello in un certo senso, per “stabilire dei prezzi minimi da applicare”. 

Risultato: all’uscita della riunione subito un negozio hi-fi (non citerò chi) si affretta a pubblicizzare prezzi più bassi dei minimi concordati. 

E’ chiaro che con questo tipo di “collaborazione” non si molto lontano. 

Due considerazioni a questo punto sono necessarie per legare quanto esposto all’interesse del lettore che ci ha seguito fin qui. 

L’interesse fondamentale per un acquirente di un impianto audio video è quello di avere una “performance” finale che sia il massimo della possibilità, compatibilmente con il proprio budget ed il proprio ambiente di utilizzo. Per ottenere questo occorrono negozi professionali che sappiano fornire un servizio adeguato e, soprattutto, supportati da un insieme di iniziative che presentino il gruppo come brand, cioè che in tutta Italia siano riconosciuti come tali. Quindi supportati da una organizzazione che, solo lei, può affrontare i costi di promozione e formazione. Il singolo negozio da solo non può reggere questi costi. 

L’unico esempio che si può avvicinare agli standard nord europei, è il gruppo Home Vision, che comprende diverse realtà. Nato come HiFi United (con l’importazione parallela di cassette VHS dalla Germania), si è ampliato con Marantz Italia, poi Green Sound e ora Sound United/Masimo, colosso USA nel medicale… 

Sembra che ci sia la corsa di tanti negozianti a partecipare di questa sempre più grande organizzazione. 

Se si guarda agli esempi citati prima ed i loro cataloghi e quello che stà succedendo nel mercato italiano, con le considerazioni fatte finora sulla “competizione”, vista la mia esperienza passata di oltre 40 anni in questo settore, mi sento di esprimere forti dubbi che la situazione si evolva veramente a beneficio del cliente finale. 

Resto sempre disponibile al confronto, ricordando, come altre volte citato, che i produttori conoscono bene questa situazione, e sempre di più rispondono con soluzioni “chiavi in mano” (quindi meno dipendenti dai negozi…). 

Esempio sicuro è la sempre maggiore diffusione degli altoparlanti amplificati/attivi, con tutto il necessario incluso, come streamer, bluetooth, input analogici e digitali, equalizzazione ambientale. 

A questo punto tra litiganti vince l’e-commerce, dato che il prodotto è appunto “chiavi in mano” (o cellulare in mano…). 

L’alternativa al web, può essere solo un negozio “artigianale”, ma questo è per un altro articolo. 

 

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