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Cyrus Two: suona ancora bene dopo più di 30 anni?

cyrus two

Abbiamo recuperato un amplificatore integrato Cyrus Two di metà anni ’80 e l’abbiamo ascoltato accanto a un Rega Brio e a un nuovo Cyrus One.

Nei primi anni ’80 Cyrus Audio fu fondata come propaggine di Mission Loudspeakers. Infatti, nei suoi primi anni il marchio si chiamava Mission Cyrus e lanciò sul mercato i suoi primi prodotti alla fine del 1984 con due amplificatori integrati (e compatti) chiamati semplicemente Mission Cyrus One e Mission Cyrus Two al prezzo, rispettivamente, degli attuali 150 e 250 euro.

Erano essenzialmente due versioni dello stesso amplificatore che condividevano la stessa struttura in plastica e acciaio e lo stesso circuito principale. Il Cyrus Two aveva però un alimentatore più generoso che aumentava la potenza in uscita a 50 W per canale (il doppio di quella del One) e una più sofisticata sezione per testine MC nello stadio phono commutabile.

All’esterno invece c’era ben poco che li distingueva, tranne l’ingresso nel Two per l’alimentatore esterno opzionale PSX. Questo portava la potenza a 70 W per canale e permetteva all’alimentatore interno di occuparsi solo della sezione pre-amp dell’amplificatore, migliorando così anche la qualità audio generale. Entrambi gli amplificatori hanno continuato a essere sviluppati durante il loro ciclo di vista, guadagnando alla fine del 1987 un nuovo ed elegante chassis in alluminio.


Vecchio e nuovo: quali sono le differenze?

Siamo riusciti a procurarci un Cyrus Two e ad approfittare del fatto che l’azienda britannica continui a supportare molti dei suoi primi prodotti; a ben vedere, non ci sono molti produttori hi-fi che fanno lo stesso. La vernice sul nostro Two è un po’ sbiadita e segnata, ma anche per gli standard odierni questo ampli è realizzato in modo superbo. Siamo stupiti che Cyrus sia riuscita a proporre questo amplificatore nella fascia entry-level con un telaio così particolare ed elaborato.

Il telaio tra l’altro funge anche da dissipatore di calore per i transistor di uscita, facendo così risparmiare sui pezzi e sui costi di assemblaggio. Sinceramente non ci viene in mente un amplificatore odierno allo stesso prezzo che abbia un design del case così curato . All’interno del Cyrus troviamo un circuito relativamente semplice ma ricco di componenti dallo standard sorprendentemente alto. La sezione del preamplificatore è praticamente un progetto passivo con solo lo stadio phono che richiede un’alimentazione per funzionare.

Il Cyrus Two offre prestazioni sorprendentemente buone per un ampli integrato realizzato più di 30 anni fa. Suona infatti pulito, nitido e molto dettagliato. Così dettagliato che un integrato attuale come il pluripremiato Rega Brio da circa 900 euro difficilmente riesce a fare di meglio quando si tratta di pura risoluzione. Proviamo l’amplificatore con diversi diffusori, partendo da un paio relativamente sensibile come gli Audio Note Type J (un design nato in gran parte della stessa era del Cyrus) fino ai nostri ATC SCM50 di riferimento. E ci piace davvero quello che sentiamo.

Siamo impressionati dal controllo del Cyrus Two e dal modo in cui piega i diffusori alla sua volontà. Facciamo partire Romeo e Giulietta di Prokofiev e siamo soddisfatti dell’intuizione e della precisione dell’amplificatore. In confronto un amplificatore vintage come l’Arcam A60 (che ha quasi gli stessi anni del Two) suona quasi sfocato e troppo morbido. La brillantezza è notevole, così come il modo in cui il Two restituisce i cambiamenti dinamici.

Timbricamente invece, come con tutti i primi amplificatori Cyrus, la resa è un po’ sottile e priva di calore naturale e autorità. È come se il contorno di ogni nota fosse perfettamente disegnato ma non del tutto ombreggiato correttamente. Questa è un’area in cui il Rega esce vincitore dal confronto, offrendo quasi la stessa precisione ma con un maggiore senso di ricchezza e peso.

L’immagine stereo è nitidamente stratificata. È più piccola rispetto agli standard attuali, ma piacevolmente ordinata, con un soundstage che rimane stabile anche quando l’amplificatore viene spremuto al massimo. Passiamo a In Rainbows dei Radiohead e il Cyrus si rivela perfettamente a proprio agio. È particolarmente articolato e agile, restituendo la complessa 15 Step in modo impeccabile. Amiamo l’impatto tanto quanto il modo in cui questo amplificatore comunica lo slancio quasi inarrestabile del pezzo.

Non possiamo chiedere di più quando si tratta di brillantezza, visto che ogni strumento è reso nitidamente. Abbiate se mai cura nell’abbinargli diffusori e sorgenti che possano compensare l’equilibrio un po’ snello e analitico, ma anche per gli standard attuali il Cyrus Two continua a essere un integrato davvero incredibile se pensiamo al suo prezzo.

Vecchio Cyrus contro nuovo Cyrus

Il Cyrus One del 2016

Come ultimo test abbiamo ripreso un Cyrus One del 2016, che condivide con il vecchio modello giusto le dimensioni e quasi nient’altro. Il Cyrus One attuale ha infatti il telecomando, la connettività Bluetooth e una potenza di 100W per canale grazie al circuito di amplificazione in Classe D. I due prodotti non potrebbero essere insomma più diversi nel carattere sonoro. Il modello attuale suona molto più muscoloso e la sua presentazione è più ampia, più ricca e più autorevole su tutta la linea, ma in particolare in fascia bassa.

Eppure ci mancano la reattività e la pulizia del vecchio modello. Il Cyrus Two del 1984 comunica il messaggio musicale con più abilità e alla fine (piuttosto sorprendentemente) risulta essere il più trasparente dei due. Cyrus smise di produrre il Two (insieme al One originale) nei primi anni ’90, passando a progetti più sofisticati che aggiungevano il telecomando e il controllo a microprocessore. Eppure il classico Cyrus Two ha ancora molto appeal oggi e, se riuscite a sopportare l’assenza del telecomando e del display e a trovarne uno usato in buone condizioni (attualmente su eBay i prezzi vanno da 250 a 450 euro), non rimarrete delusi.

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© 2020, AF Digitale. Tutti i prodotti sono stati provati nelle apposite sale di ascolto e di visione di What HiFi e Stuff.tv dal team editoriale con sede nel Regno Unito.

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