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Intervista al maestro Massimo G. Bianchi: The Art of Variation

The Art of Variation

Per la prestigiosa etichetta DECCA esce il secondo CD del pianista Massimo G. Bianchi, The Art of Variation, dedicato alle variazioni di Schubert.

In un caldo pomeriggio di fine giugno, nella splendida cittadina di Varallo, ai piedi del Sacro Monte, nella verde Valsesia, valle che porta sino al Monte Rosa, ho avuto il piacere e l’onore di incontrare il maestro Massimo Giuseppe Bianchi per una piacevole chiacchierata sul suo nuovo CD: The Art of Variation. Non di solo musica si interessa Massimo Bianchi, i suoi interessi spaziano dalla filosofia alla letteratura ed alla poesia ed è veramente interessante conversare con lui.

Attivo con un copioso numero di album, tra i quali ricordiamo per l’etichetta CPO il CD dedicato ai quintetti di Castelnuovo Tedesco e per DECCA il CD Around Bach; l’ultima fatica, The Art of Variation è dedicata a Schubert ed ai suoi contemporanei ed omaggia anche altri compositori più recenti quali Leopold Godowsky ed Helmut Lachenmann.

T.G: Maestro, perché questo disco?
M.G.B: Volevo vedere qual era l’influsso e quanto lontano fosse giunto il verbo schubertiano. In effetti è singolare perché Schubert è uno dei grandi melodisti della storia della musica eppure relativamente pochi musicisti hanno scritto degli omaggi a Schubert. Ne ho scelti tre di diversa epoca: Czerny, Godowsky e Lachenmann.
Czerny è l’esteriorità del pianoforte, un pianismo brillante, di spolvero, esteriore, tipico della sua epoca Biedermaier. Un compositore di razza che è stato molto di successo al suo tempo ma oggi un po’ meno. I gusti cambiano e le sensibilità evolvono.
Godowsky fa un’opera di iper romanticismo e Lachenmann lo pone in una prospettiva più razionalistica, moderna.
La scelta del pianoforte, uno Steinway modello D…
Io amo gli Steinway, anche se ci sono altri pianoforti degni di nota. Il piano utilizzato nella registrazione si trova nella bellissima sala di Dobbiaco dove ho registrato. Ho scelto proprio questa sala perché mi piaceva molto l’acustica e il mio fonico di fiducia abita lì vicino, Michael Seberich, fonico di Ludovico Einaudi, G. Sokolov, Claudio Abbado, ecc.


La scelta dei brani è stata imposta dalla casa discografica o lei ha una certa libertà?
Non sono totalmente libero ma ho una libertà obbligatoria, parafrasando Gaber. Il manager della DECCA Italia, Mirko Gratton, è un fine intenditore di musica e io ho sempre concertato i programmi dei dischi con lui. Chiaramente lui sa come indirizzare il repertorio secondo certe logiche, magari io ne ho altre, ma insieme si riesce a trovare la quadra e devo dire che i programmi sono concepiti insieme. Il disco è un pensiero che però deve tenere conto di tanti fattori, ed è comunque un prodotto che si deve vendere; è normale. DECCA Italia ha una politica culturale ammirevole perché ha dato spazio a tanti artisti italiani che hanno avuto un’importante ribalta discografica ma hanno anche aperto molti repertori. Anche i miei dischi non sono pieni di brani famosissimi, per esempio. La tradizione di DECCA parla per loro e per il loro ottimo team, io sono stato solo fortunato ad incidere con loro.

Massimo G. Bianchi

Come è riuscito ad avere il contatto con una casa discografica così importante?
Semplicemente ci siamo conosciuti ed hanno accettato proposte con molta naturalezza. Hanno apprezzato ciò che facevo e mi hanno dato questa opportunità. È stato abbastanza naturale e di questo sono contento.

Progetti discografici futuri?
Per il momento ne ho tanti ma scaramanticamente non vorrei parlarne, vista la situazione che stiamo vivendo. Ci sono tanti autori che vorrei affrontare, uno di questi è Haydn, da sempre costituisce oggetto delle mie riflessioni. Spero anche di poter tornare a registrare musica del repertorio italiano: noi italiani siamo un po’ particolari perché nei programmi dedichiamo meno spazio ai nostri autori. Siamo molto esterofili, io sono un’eccezione. Ho suonato molta musica di autori italiani quali Castelnuovo Tedesco, Vacchi, Respighi, Dallapiccola, Casella, Scarlatti, Galuppi, fino al grandissimo Morricone. C’è tanto da scoprire nella musica italiana. Partiture alla mano, non c’è una ragione per non suonare queste opere. I due quintetti di Castelnuovo Tedesco che ho registrato per CPO sono davvero due bellissime opere che stanno avendo anche un successo di pubblico e sono praticamente semi sconosciute. Noi italiani il nostro repertorio lo accarezziamo un po’ meno a differenza degli inglesi, dei tedeschi e dei francesi.

Purtroppo la cultura musicale in Italia è stata abbandonata.
Per me è un po’ un rebus perché in Italia abbiamo un Conservatorio in ogni capoluogo di provincia però ai concerti di giovani se ne vedono pochi. La musica non è riuscita a diventare parte del patrimonio culturale del Paese, la cultura musicale non riesce a diventare un tessuto connettivo pur in presenza di validi musicologi e di serie istituzioni. Forse una soluzione potrebbe essere dare maggiore spazio alla musica nei programmi di studio fin dalla più tenera età.

Grazie Maestro per la sua disponibilità e gentilezza, è stato un vero piacere.

Il maestro Massimo Bianchi è direttore artistico (da vent’anni) di una piccola stagione a Varallo, “Musica a Villa Durio”, giunta alla sua 39° edizione; mentre è collaboratore della rassegna musicale del delizioso paesino alpino di Rima, in Alta Valsesia, in programma quest’anno tre concerti con David Riondino il 16 agosto, il trio jazz di Fabrizio Bosso il 20 agosto e Massimo G. Bianchi il 23 agosto, con lo stesso programma del CD. Più info sulla rassegna, al sito.

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