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Droni per identificare il Coronavirus?

La tecnologia al servizio della salute sta già facendo molto ma le vie per cercare pazienti a rischio Coronavirus potrebbero anche essere altre

Che in Italia così come in altri parti del mondo si muoia più per influenza che per Coronavirus è un dato di fatto, così come un dato di fatto sono scene d’isteria di massa che nei giorni passati si sono vissute con corsa all’accaparramento di generi alimentari e di prima necessità. Colpa dell’informazione sbagliata o travisata o ancor peggio distorta dai canali social.

Come spesso accade a inizio anno come tanti altri colleghi ci siamo spostati anche fuori Italia per partecipare a meeting organizzati dalle aziende di settore e incrociare gli addetti della Croce Rossa o del Ministero della Sanità che al rientro procedevano con la misurazione della temperatura corporea ha suscitato quanto meno apprensione. Dai banali termometri portatili ai più sofisticati scanner collocati presso crocevia di transito per migliaia di viaggiatori giornalieri si sperava di poter prevenire a sufficienza il Coronavirus ma così non è stato, come hanno dimostrato i casi in crescita al di fuori della Cina.

In tal senso la sorveglianza sul Coronavirus si è rivelata inefficace in primis a causa dei dati discordanti sul periodo d’incubazione e poi per l’impossibilità di sigillare la nazione rendendo impossibile il transito incontrollato. Ma l’aiuto potrebbe giungere anche dall’alto, nel senso che all’estero c’è chi sta valutando l’ipotesi di impiegare droni di sorveglianza e salvataggio per proseguire nello screening del territorio.


Tra le aziende che operano nel settore professionale che nel passato si sono distinte per l’ingegnerizzazione dei propri progetti c’è sicuramente la società canadese Draganfly, con oltre venti anni d’esperienza nella progettazione e produzione di droni professionali per settori come quello militare e sicurezza pubblica. Apparati sofisticati che arrivano a svolgere un ruolo fondamentale per la comunità, al punto che un loro quadricottero è esposto presso lo Smithsonian National Air and Space Museum di Washington D.C. Si tatta del Draganflyer X4-ES, entrato nella storia in qualità di primo drone al mondo ad aver salvato vite umane nel 2013, in Canada.

In seguito a un incidente presso una zona rurale con temperatura sotto zero il guidatore di un’auto uscito malconcio da un incidente stradale ha chiamato i soccorsi senza riuscire a dare indicazioni precise della sua posizione. Dopo una prima ricerca in elicottero si è deciso di mandare in volo il drone, dotato di termocamera a infrarossi in perlustrazione presso l’ultima posizione rilevata dal GPS del cellulare dell’infortunato, solo così è stato possibile localizzarlo (vedi video qui sopra) e salvarlo nonostante la tempesta di neve in corso.

Tornando al COVID-19, il Coronavirus, se venissero impiegati i droni per il rilevamento termometrico di soggetti al fine di localizzare i cosiddetti “cluster” di epidemia ancora sconosciuti potrebbe accelerare le operazioni di contenimento? Un aiuto non da poco considerando che i ricercatori sono tutt’ora al lavoro per lo sviluppo di un vaccino. Seppur ristretto c’è un margine d’errore che potrebbe confondere il responso della temperatura quando s’impiegano dispositivi portatili al di fuori delle strutture sanitarie strettamente controllate. Il CEO di Draganfly ha ricevuto richieste di approfondimento per possibile impiego di alcuni dei suoi droni al fine di effettuare uno scan più dettagliato per il territorio (per quanto ne sappiamo al momento non italiano).

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Immagine ottenuta tramite rilevazione termica

Se la questione relativa alla violazione della privacy si eclissasse per causa di forza maggiore ci sono apparati Draganfly capaci di rilevare la temperatura corporea anche a 90 metri di distanza. Strumentazione specifica potrebbe andare anche oltre come misurare i livelli di stress, riconoscere un carico di acqua superiore negli occhi e arrivare a misurare pressione sanguigna e frequenza cardiaca. La sommatoria di tali elementi potrebbe offrire un quadro clinico più convincente di una semplice misurazione estemporanea della temperatura della fronte. Anche se secondo i medici non ci sono rischi di pandemia restiamo comunque nell’ambito della necessità impellente e quotidiana di rilevare nuovi casi di Coronavirus al fine di contenerne l’espansione.

Ci sarà anche chi la pensa diversamente, ma la necessità di monitorare la salute dovrebbe prevalere su qualsiasi altro diritto a garanzia del privato cittadino. Certo  permangono perplessità sull’effettiva efficacia delle informazioni digitali acquisite puntando a distanza degli strumenti su un soggetto che certo non è li a mettersi in posa per la migliore ripresa. Considerando che l’operazione debba avvenire nel più totale anonimato e che l’obiettivo sia in movimento come riuscire a gestire la lettura della temperatura all’interno dei circa 10 secondi che necessitano al sensore per agire? Occorro senza dubbio modelli concreti e un’intelligenza artificiale avanzata per evitare di prendere granchi colossali facendo scattare falsi allarmi.

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Il DraganFlyer X8 occupa anche poco spazio

Perché entrano in gioco le radiazioni elettromagnetiche e l’intensità di tale radiazione che è un valore compreso tra 0 e 1, detto di emissività, dipende dal soggetto da analizzare e che se male impostato può generare misurazioni errate. Con un drone in volo entrano poi in gioco variabili di non poco conto che potrebbero frapporsi tra il sensore e l’obiettivo, come per esempio ciò di cui il corpo potrebbe essere parzialmente coperto: banalmente polvere, sporcizia, acqua e quindi la pioggia, vapore o altri gas. La lente stessa dello strumento se non pulita darebbe rilevazioni errate.

Poche certezze e altri elementi di confusione che influirebbero sull’esito quando per esempio il soggetto si trova in prossimità di fonti termiche, naturali o meno, o un ancor più banale elemento con un elevato indice di rifrazione della luce la cui emissività sballerebbe il conteggio. Come ci si sentirebbe poi una volta percepito il ronzio di un drone che sta evidentemente analizzando il proprio corpo? E qui veniamo al discorso squisitamente etico. Chi ci assicura che simili droni non verrebbero contestualmente impiegati per sorveglianza e controllo borderline con lo stalking? Quanto tempo dovrà passare prima che “droni medici” vengano accettati quali strumenti a garanzia della propria salute e non in qualità di molestatori a distanza abusando dello spazio vitale del comune cittadino?

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Il DraganFlyer X4-ES, primo drone al mondo ad aver salvato una vita umana

Perché un conto è decidere di propria iniziativa di comunicare agli altri cosa si sta pensando, dove ci si trova, cosa si sta facendo e con chi attraverso il proprio device, un altro è ritrovarsi una sorta di grosso calabrone ronzante sulla propria testa che per una serie di variabili ha deciso di radiografarci. Quanto passerebbe prima che certe aziende sviluppino sistemi di acquisizione impropria di dati da vendere al miglior offerente? Quanto potrebbe interessare a certe società assicurative sapere in anticipo che siamo malati prima ancora di scoprirlo noi stessi?

Restando in ottica pessimistica l’unica speranza che rimarrebbe a chi si ritrovasse in condizione di “verifica remota” quella che tutti i sistemi ‘girino’ per il verso giusto, altrimenti ci si ritroverebbe accerchiati da individui che indossano inquietanti bardature (gentilmente) invitati a seguirli.

Link al sito ufficiale DraganFly.

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