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Eurovision Song Contest: l’erba del vicino di che colore è?

Occasione attesa con ansia da molti, l’Eurovision Song Contest consente di dare uno sguardo ai nostri vicini di casa, ovvero le altre nazioni appartenenti all’UE – ma non solo – cui non manca spirito artistico in campo musicale. Si avverte in ogni caso una profonda differenza, sia a livello di stile compositivo sia in merito ai legami con la specifica cultura etnica

Fatta salva l’evidente differenza in termini di tempistiche di svolgimento tra l’Eurovision Song Contest ed il Festival di Sanremo – ovvero l’assenza di continue micro interruzioni pubblicitarie al fine di allungare il brodo, caratteristica ampiamente dibattuta a livello social – è però l’analisi dei contenuti musicali a creare una netta frattura in relazione alla qualità dell’offerta.

Mi spiego meglio

L’intento dell’Eurovision – che pur nei limiti assai evidenti di un corollario di artisti sovente sotto tono, almeno in determinati casi, tenta di sottoporre all’attenzione del pubblico proposte musicali definibili variegate – dovrebbe essere quello di attirare l’attenzione sulla produzione musicale attualmente presente non solo in Europa ma anche nel resto del mondo, ciò anche vista la partecipazione di Australia ed Israele.

I vincitori della scorsa edizione dell’Eurovision Song Contest

 

Lo scorso anno vinsero l’Eurovision i beniamini del momento, ovvero i Måneskin – che pur senza togliere loro alcun merito – hanno svettato ampiamente sulla restante concorrenza (chiamiamola così) la quale, perlomeno nella passata edizione, era in determinati casi al limite dell’imbarazzante.


D’accordo portare avanti un discorso basato anche su innesti legati alla tradizione – si vedano le band rappresentanti dell’Ucraina o della Moldavia presenti quest’anno – che incastrando tra loro tradizione e modernità tentano di fornire un’alternativa al solito sentire.

Uno dei problemi è la lingua: non c’è nulla da fare, abituati come siamo a sentire l’inglese praticamente ovunque – con il francese tollerato a malapena e lo spagnolo ormai doppione dell’italiano, almeno per alcuni artisti – sentire un brano cantato in armeno oppure fiammingo, idiomi che nemmeno lontanamente hanno la minima assonanza con la nostra lingua, non è davvero semplice.

A parte l’incomprensibilità e l’inconsistenza di taluni testi – in determinati casi davvero fastidiosa – ciò che resta è la parte prettamente musicale, anche questa talvolta davvero poca cosa. Segue la notevole spettacolarizzazione della prestazione, tesa in tutta evidenza a riempire il vuoto cosmico presente in molte composizioni; tessuti a dire poco fantasiosi – più costumi di scena che abiti – accompagnati da accessori (è il caso del rappresentante australiano) degni di una sfilata di moda più che di un song contest.

Difficile commentare un simile outfit

Tra i tanti, onestamente non ho trovato male la band rappresentante la Bulgaria, che ha intelligentemente scelto un testo in inglese – ed anche qui potremmo aprire un dibattito sulla corretta pronuncia – e seppure richiamasse i Toto, d’altronde questa nazione non ha davvero tradizioni in ambito rock che possano fornire lustro alla prestazione, in effetti non era malaccio, almeno per un ascolto disimpegnato; ovviamente eliminati.

Così come sono state eliminate le band dall’evidente richiamo anni ’80, le cui proposte erano caratterizzate da una qual certa piacevolezza di ascolto, sebbene non si trattasse propriamente di nulla di nuovo.

Si confermano le doti artistiche di molti rappresentanti dell’est presenti all’edizione di quest’anno, interessanti a loro modo, considerando il non semplice adattamento di certi stili – come il Klezmer – al moderno contesto.

A prescindere quindi dal connotato legato all’abbigliamento, in qualche caso a metà tra l’etnico ed il fiabesco – su tutti i furbissimi norvegesi Subwoolfer – quello musicale è quasi imbarazzante in confronto alla media dei nostri artisti, che onestamente ritengo molto al di sopra.

Circa Mahmood e Blanco, non è però possibile affermare – almeno in quest’occasione – che fossero competitivi; prestazione piuttosto incolore e fin troppo emozionalmente contaminata. Potrebbe, altresì, aver giocato negativamente l’abuso di tale brano fatto di recente sui vari servizi di streaming come Spotify, secondo il quale sono stati fatti ben 77.000.000 di download, cosa che potrebbe averne incoraggiato l’ascolto compulsivo e conseguente noia.

L’attesissimo Achille Lauro – pur non essendo male la performance – non è riuscito in ogni caso a fare più di tanto breccia.

Il Portogallo meritava molto di più, a mio avviso ottima la performance della sua rappresentante.

Una brevissima pagella? E sia, solo i primi cinque però.

UCRAINA: la vittoria della citata nazione era ampiamente intuibile – e se fossi di tale nazionalità personalmente non mi sentirei gratificato, stante il dubbio che la vittoria sia stata “donata” ed abbia quindi vinto più la politica che la performance musicale – ma almeno il brano presentato non è affatto male;

UK: clone del più famoso James Blunt, l’artista giunto secondo non mi è sembrato gran cosa. Falsetto in ampia evidenza con tratti musicali sognanti ma infinitamente poveri a livello strumentale;

SPAGNA: ovvero quando il fattore “C” conta, unico aspetto che a mio avviso è stato davvero preso in considerazione e premiato. Giusta la citazione del Cristiano nazionale relativamente all’essere un clone di Jennifer Lopez;

SVEZIA: immeritato quarto posto per una canzone di un certo livello, strumentalmente ben fatta e non troppo caratterizzata da quell’inopportuno sapore di “già sentito”;

SERBIA: sorta di imitazione della maggiormente nota Marina Abramovich – più performance art che musica quindi – rappresenta l’ennesima conferma dello spettacolo a sostegno delle poche doti artistiche.

Simpatica la conduzione – a partire dal coloratissimo Mika – disinvolta ed abbastanza coinvolgente, seppure la Pausini sia apparsa un po’ travolta dagli altri due.

In conclusione potete stare tranquilli: l’erba del vicino non è affatto più verde della nostra, il che in un certo senso era alquanto prevedibile, un po’ come la vittoria dell’Ucraina.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

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