Moltissimi anni fa, qualsiasi negozio di elettronica che si rispetti esponeva numerosi kit elettronici mediante i quali era possibile realizzare di tutto, a partire dal più banale dei circuiti fino a quello più complesso. Ovviamente non mancavano kit dedicati all’audio, soprattutto amplificatori e sintonizzatori, senza dimenticare controlli di tono, mixer ed altri simpatici circuiti.
Necessarie premesse al presente articolo circa i kit elettronici sono le seguenti: in primis, sebbene siamo convinti che i nostri stimati lettori possiedano gli strumenti per giungere autonomamente ad una simile conclusione, va sottolineato come la realizzazione di un clone non vada affatto intesa come furba sostituzione dell’originale ma solo come un divertente esercizio ricreativo ed al contempo istruttivo, pertanto, chiunque sia convinto che replicare un famoso circuito consenta di risparmiare denaro ottenendo la stessa cosa, è decisamente fuori strada.
Tornando all’argomento, gli appassionati avevano quindi a disposizione un’occasione assai utile e potevano sperimentare senza spendere cifre folli – sebbene i kit più complessi non fossero propriamente ultra economici – in ogni caso chiunque all’epoca fosse interessato all’elettronica prima o poi ne avrebbe acquistato uno.
Uno dei maggiori riferimenti italiani era costituito dalla nota rivista NUOVA ELETTRONICA, fondata in quel di Bologna nel 1969 e definitivamente chiusa nel 2012.
Ciascun kit era accompagnato da una descrizione accurata in merito al montaggio e conteneva corpose spiegazioni circa l’esatto comportamento del tal componente in relazione al circuito, un dettaglio decisamente importante che consentiva di comprendere cosa esattamente facesse.
Si trattava di vere e proprie scatole di montaggio complete di tutto l’occorrente per la realizzazione del dispositivo, e addirittura era fornito un servizio di assistenza post vendita in grado di risolvere eventuali criticità emerse a seguito dell’assemblaggio, una bella realtà che ha consentito a molti di fare esperienza assimilando al contempo nozioni teoriche.
Pertanto, se avete un po’ di manualità e volete divertirvi spendendo poco – e magari imparando qualcosa mettendoci direttamente le mani – potreste prendere in considerazione uno degli innumerevoli kit elettronici ancora oggi presenti sul mercato.
Discutendo la cosa con un esperto operatore del settore, è emerso che allestire una linea di produzione di componenti contraffatti avrebbe costi elevati che imporrebbero altrettanto elevati volumi di vendita allo scopo di essere riassorbiti, ragione per la quale si fa molto prima ad utilizzare componentistica originale.
Circa la contraffazione poi, proprio per quanto affermato, si tratta eventualmente di componentistica fuori standard sfuggita in qualche modo alla distruzione da parte del produttore per poi essere rivenduta sotto banco, comunque non certo a grandi aziende ma a qualche rivendita al dettaglio disposta ad acquistarla.
Ciò chiarito, vediamo in dettaglio cosa potremmo realizzare a scopo ludico ed in modo accessibile.
Facendo delle ricerche in rete non è difficile imbattersi in cloni di famosi apparecchi del passato: tra i preamplificatori, ad esempio, il Mc Intosh C-22 ed il Marantz Model 7 sono due tra i più frequentati, specialmente per quanto riguarda lo stadio phono oppure lo stadio di linea.
Circuitazioni tutto sommato semplici, certamente dotate di prestazioni di qualità la cui realizzazione non richiede sforzi eccessivi; ovviamente al circuito di base andranno aggiunti accessori come l’alimentatore, i connettori di ingresso uscita ed un cabinet dove riporre il tutto.
L’attività di clonazione è un fenomeno alquanto diffuso in alta fedeltà, basta pensare alle varie repliche del noto amplificatore Williamson, un circuito nato nel 1947 ed ancora oggi ampiamente utilizzato, ma siccome non tutto ciò che riluce è oro, occorre una certa attenzione a quello che si acquista.
Anche perché molto spesso, nella descrizione dell’articolo proposto, è riportato che il dispositivo si “ispira” ad un circuito noto per la sua qualità sonora, un aspetto chiaramente allusivo delle ottime prestazioni di cui questo disporrebbe.
E ben sapete che tra ispirazione ed uguaglianza la differenza è piuttosto netta.
Vi sono però situazioni in cui l’identità tra genuino e riprodotto è assoluta, ove le differenze sono riferite solo al fatto che stiamo acquistando una replica fedele in luogo dell’originale.
Per iniziare in modo semplice potremmo clonare un buffer ad esempio, un dispositivo abbastanza noto – ne abbiamo parlato qui – non troppo complesso o eccessivamente costoso.
Probabilmente molti conoscono il famoso buffer X-10-D a suo tempo prodotto dall’azienda britannica Musical Fidelity, un dispositivo tutto sommato semplice in grado di conferire un certo retrogusto valvolare al sistema Hi-Fi, ebbene, al pari del Williamson di cui sopra, sembra sia uno dei circuiti maggiormente proposti in ambito cloning.
Alla prossima puntata con un interessante resoconto, e come al solito, ottimi ascolti!!!
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