Quanto diverso è l’approccio nel fare musica rispetto al passato? Quale il principale interesse delle attuali produzioni? Esiste ancora un senso culturale o si tratta esclusivamente di business?
Fare musica non è affatto semplice, soprattutto se il fine è quello di evitare di scadere nel banale e trito cliché di un ripetitivo refrain di effimera durata.
Molti rappresentanti dell’attuale music business – artisti (?) emersi grazie al cospicuo numero di download che li ha certificati tali – stanno vivendo il loro momento magico grazie ad una massiccia presenza in pressoché tutti gli eventi musicali estivi organizzati in giro per l’Italia (quindi ben presto dimenticati), occasione nella quale sono sovente omaggiati del titolo di “grandi” del settore, un sistema che li sovraespone (ed in qualche maniera quanto mai interessata li impone al pubblico) nella veste di imperdibili fornitori di good vibrations ed emozioni più o meno forti a seconda del genere praticato.

Se possiamo essere d’accordo che in un certo qual senso debba esistere anche musica semplice da digerire – chiaramente non tutti devono necessariamente essere attratti esclusivamente da generi ostici o complessi – differenti sono le considerazioni che scaturiscono all’ascolto, occasione in cui si nota la reale pochezza di siffatte produzioni.
La musica Pop – contrazione di popolare per chi non lo sapesse, speriamo siano in pochi – è sempre esistita, se non altro perché di più facile ascolto sebbene non necessariamente banalizzato da testi vacui e privi del benché minimo senso della realtà.
Il problema è che una volta il pop era perfino classificabile, ovvero definibile più o meno impegnato pur restando nell’alveo del suo genere; un’interpretazione da parte della Mannoia in fin dei conti è pop, ma non è assolutamente possibile nemmeno per errore accostarsi a lei come lo si farebbe con taluni altri pressoché inutili fenomeni.

Oggi, purtroppo, la musica pop ha assunto un connotato davvero becero, in alcuni casi concretamente imbarazzante talmente sterili sono i testi che accompagnano determinati brani; per certi versi pare di assistere ad una intenzionale ed aberrante iniezione di subcultura affinché la mente, piuttosto che accendersi, si spenga lentamente fagocitata dal nulla cosmico.
Un tempo la musica aveva un senso logico molto più solido, era un manifesto – politico, emozionale, ironico e dissacrante, quello che volete – e veicolava un messaggio, qualcosa di concreto a prescindere, spesso, dal genere.
Ma non solo, era fatta per durare – diversamente non si spiegherebbe l’attuale successo di opere del passato, insolentemente ancora tra noi con sommo piacere – e l’intervento concreto degli artisti era tangibile, ciascuno aveva qualcosa da dire, oltre che saper suonare.
Proprio in relazione a tale ultima affermazione, fa ancora più rabbia sapere che alcuni sono eccellenti esecutori sovente diplomati al conservatorio, in grado quindi (almeno potenzialmente) di produrre ben oltre che due note messe insieme, ma è assai probabile che determinati generi siano indubbiamente più remunerativi.

Ancora peggio, forse, scoprire che la perfetta intonazione mostrata da alcuni cantanti – suvvia, non tutti affogano i loro dispiaceri ubbriacandosi di Autotune – è fin troppo spesso messa al servizio di canzoncine banali dal riff micidiale, che molto spesso, basta ascoltare bene, nulla è se non la rielaborazione del successo precedente nemmeno troppo modificata; ecco, molto probabilmente questa è operazione effettivamente talentuosa.
Triste, molto triste, talvolta si ha l’impressione di compiere un asfittico viaggio privo di senso alcuno diretti non si sa bene dove, viaggiando perennemente in galleria e senza poter ammirare il rigoglioso paesaggio circostante.
Pertanto, cari lettori, il nostro consiglio è quello di evitare direttamente certe becere produzioni, investendo i vostri soldi in qualcosa che non sia effimero ma duraturo, non solo la vostra collezione avrà maggior valore, ma quando (ri)metterete sul piatto del giradischi o nel cassettino del lettore digitale i vostri dischi preferiti lo farete nella consapevolezza di ascoltare un’opera che abbia un reale valore culturale e artistico, certi di non contaminare la vostra mente con un inerte insieme di note.
Come al solito, ottimi ascolti!!!
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