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Audio (R)evolution

L’alta fedeltà è in parte basata sul continuo avanzamento della tecnologia afferente la registrazione del suono, un progresso che tenta di rendere quest’ultima indistinguibile dall’evento reale. Riusciremo mai nell’epica impresa?

Per giungere ad una risposta che abbia un senso logico, partiremo da un passato abbastanza recente, quello che vede l’avvento della tecnologia digitale, un contesto tuttora ampiamente dibattuto che non sembra placare gli animi degli appassionati a discapito dei giganteschi passi in avanti fatti nel tempo.

Prima di arrivare al nocciolo della questione è però necessaria una breve introduzione che rievochi i concetti di base pertinenti l’audio digitale.

Lo standard Red Book – che dovreste sapere essere la bibbia contenente tutto ciò che riguarda il CD – stabilisce quelle che sono le regole da rispettare al fine di aderire al suddetto modello, ovvero il rispetto di alcuni valori a suo tempo stabiliti come tecnicamente idonei per il fine prefissato.


Qualunque appassionato di Hi-Fi suppongo conosca perfettamente la sigla 44/16, abbreviazione che riferita alla frequenza di campionamento (44.100 Khz) ed alla profondità di bit (16) pertinenti la registrazione di un programma musicale su supporto digitale noto come compact disc.

Perché la scelta sia ricaduta sulla frequenza di 44.1 Khz e non un’altra è presto detto, più che altro imposto dal teorema enunciato da Nyquist/Shannon – un fisico il primo un matematico il secondo – che vuole che per registrare un segnale a banda limitata occorra necessariamente una frequenza di campionamento che sia almeno il doppio di quella che si intende campionare, diversamente ci sarà perdita di informazione audio.

Per chi non lo sapesse, il citato teorema risale al 1949.

Poiché l’orecchio umano è in grado di percepire frequenze comprese tra i 20 Hz ed i 20 KHz, è semplice capire che per registrare segnali che ricadono nell’ambito citato, una frequenza di campionamento pari a 44.1 Khz consente di registrare segnali fino a 22.050 Hz, quali quelli riproducibili da un qualsiasi lettore digitale.

Relativamente ai 16 bit, in questo caso alludiamo alla profondità di campionamento – ovvero alla risoluzione – un parametro correlato alla dinamica esprimibile dal sistema digitale, che in questo caso equivale a 96 dB.

Occorre notare che i valori anzidetti sono inevitabilmente legati alla tecnologia disponibile all’epoca – o meglio ai limiti di questa – un periodo in cui hard-disk da 10Gb erano la regola, e siccome all’aumentare delle informazioni trattate aumenta a dismisura la dimensione del file, è perfettamente intuibile la motivazione legata alla scelta.

Con il tempo ed il progresso però, tutti ci siamo resi conto che lo standard 44/16 iniziava ad essere un po’ risicato, maggiormente in relazione ai formati HD, considerevolmente più prestanti ma notevolmente più pesanti.

La disponibilità di maggiori potenze di calcolo da parte dei computer, in unione all’aumentata capacità di memoria, ha però consentito di innalzare grandemente sia la frequenza di campionamento che la profondità in bit.

Ragione per la quale le ormai note sigle 24/96, 24/192, 24/384 e addirittura 24/768 sono diventate quasi lo standard attuale.

Premetto che personalmente ritengo che 24/96 sia ampiamente sufficiente per i bisogni medi di un appassionato di musica, giacché tali valori garantiscono una risposta in frequenza pari a 48 KHz con ben 145 dB di dinamica, valori ampiamente eccedenti l’udito umano, soprattutto l’ultimo, situato ben oltre la soglia del dolore (>130 dB).

Ma si sa, l’umana natura vuole sempre di più e non mancano idee, prima o poi è probabile che arriveremo all’audio totale basato su un chip impiantato nel cervello.

In tale maniera potremo gestire il contenuto musicale di nostro gradimento indipendentemente dal luogo dove ci troviamo semplicemente collegando via Bluetooth il cellulare al chip – per assurdo potremmo ascoltare musica durante un funerale – gestendo l’audio a nostro piacimento tramite App dedicata.

Di più, potremmo perfino creare un ambiente sonoro personalizzato annullando i rumori ambientali di quello reale sostituendoli con quelli (sintetici) relativi a quello da noi scelto.

E ancora, personalizzare l’ascolto in base ai nostri gusti sfruttando una forma di equalizzazione che tenga conto delle caratteristiche del nostro udito, che come ben sapete non è necessariamente identico per ciascun individuo.

Lo scenario appena descritto, avanzatissimo dal punto di vista della tecnologia, non va interpretato come impossibile né tanto meno improbabile – fatevi due chiacchiere con Elon Musk a tale proposito, personaggio la cui visione del futuro è a mio avviso abbastanza inquietante – e complice l’evoluzione tecnologica potrebbe diventare realtà.

D’altronde a nessuno nel Medio Evo sarebbe venuto in mente che un giorno l’uomo avrebbe spiccato il volo giungendo addirittura sulla luna.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

© 2022, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.

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