Dalle leggendarie cuffie aperte che hanno fatto la storia dell’hi-fi fino ai modelli più accessibili di oggi, un viaggio alla scoperta di un suono naturale e arioso
Quando si parla di cuffie, la distinzione tra modelli chiusi e aperti è una delle più importanti e, al tempo stesso, meno comprese da chi non è appassionato. Le prime, a cui abbiamo dedicato recentemente questo approfondimento, puntano sull’isolamento acustico, chiudendo l’ascoltatore in una sorta di bolla sonora. Le seconde si caratterizzano invece per un approccio radicalmente diverso, non cercando di tenere fuori i rumori ambientali, né di impedire che la musica “esca”, ma lasciando respirare il suono. È un concetto che può sembrare controintuitivo per chi associa le cuffie a un ascolto privato e isolato, eppure proprio in questa scelta progettuale risiede la loro forza.
Naturalezza e ariosità
Il design aperto, facilmente riconoscibile dalle griglie o dalle fessure sui padiglioni che lasciano intravedere i driver interni, è pensato per offrire un’esperienza di ascolto più naturale e spaziosa. In queste cuffie troviamo generalmente driver dinamici di grandi dimensioni, che oscillano liberamente grazie a una membrana sottile e leggera. La loro posizione all’interno del padiglione e il fatto che siano accoppiati a una struttura non sigillata fanno sì che l’aria possa muoversi senza resistenze. Questo riduce le onde stazionarie e le risonanze tipiche dei modelli chiusi, responsabili di colorazioni indesiderate del suono. Il risultato è una timbrica più neutra e trasparente, con una ricostruzione spaziale che dà l’impressione di trovarsi di fronte a una scena orchestrale piuttosto che con due sorgenti puntiformi attaccate alle orecchie.

Molti produttori sfruttano driver di diametro generoso, spesso compreso tra i 40 e i 50 millimetri, per garantire un’estensione più ampia della gamma bassa e una dinamica convincente anche con generi complessi. Alcuni brand come Hifiman o Audeze hanno introdotto driver planari magnetici anche in configurazione aperta e, invece della classica bobina mobile su cono, utilizzano una membrana sottilissima attraversata da una griglia di magneti che ne controllano i movimenti. Questa tecnologia offre un controllo estremamente preciso delle frequenze, con distorsione ridotta e capacità di restituire micro-dettagli che i driver dinamici a volte non riescono a catturare.
Anche la costruzione interna gioca un ruolo fondamentale. In una cuffia chiusa, il retro del driver è contenuto in una camera sigillata che tende ad amplificare le basse frequenze, spesso a discapito della naturalezza. In una cuffia aperta, invece, il retro del driver comunica direttamente con l’esterno, generando un equilibrio più lineare ma anche meno impattante sui bassi profondi. Ciò non significa che le cuffie aperte non abbiano bassi, ma piuttosto che la loro resa privilegia definizione e articolazione rispetto alla pressione. Per gli appassionati di musica elettronica o hip hop, l’ascolto potrebbe risultare meno coinvolgente, mentre chi è appassionato di jazz, classica o acustica spesso preferisce le cuffie aperte proprio per l’assenza di enfasi artificiale.
Lo svantaggio principale è che chi ascolta non è isolato dal mondo esterno e chi si trova nelle vicinanze sente chiaramente quello che passa dai driver. Non sono quindi cuffie adatte ai mezzi pubblici, agli uffici condivisi o a qualsiasi contesto in cui sia necessario tenere per sé la propria musica.

Un altro aspetto cruciale riguarda la potenza necessaria per pilotarle. Molte cuffie aperte, soprattutto quelle di fascia alta, hanno un’impedenza elevata e richiedono amplificatori dedicati per esprimersi al meglio. Questo non significa che siano inutilizzabili con uno smartphone, ma il salto qualitativo diventa davvero percepibile solo se abbinate a un sistema adeguato. È un dettaglio che contribuisce a rafforzarne l’immagine di prodotto destinato agli appassionati consapevoli, più che al grande pubblico (bisogna infatti tenere conto anche la spesa per un amplificatore dedicato).
La rivoluzione del ’68
La storia delle cuffie aperte è costellata di modelli leggendari che hanno contribuito a definire il concetto stesso di hi-fi in cuffia. Non si può non citare Sennheiser, brand che ha fatto scuola con le sue HD 414 del 1968, le prime cuffie realmente aperte ad affermarsi sul mercato. Il loro design, leggero e innovativo, ha rivoluzionato il modo di ascoltare musica in cuffia, spostando l’attenzione dall’isolamento all’esperienza sonora più ampia e ariosa. Da allora, l’azienda tedesca ha continuato a presidiare questo segmento con modelli iconici come le HD 600 e le HD 650, punti di riferimento ancora oggi per chi vuole un suono equilibrato, naturale e fedele alla registrazione.
Accanto a Sennheiser, altri brand hanno lasciato un segno indelebile. AKG con la serie K, in particolare la K701, ha offerto un’alternativa caratterizzata da grande dettaglio e da un soundstage impressionante, molto apprezzata da chi predilige la musica classica o acustica. Grado, dall’altra parte dell’Atlantico, ha proposto cuffie aperte dal carattere più rock e diretto, con una filosofia artigianale che punta a mantenere un legame forte con il suono analogico. Non mancano poi le incursioni più recenti di brand come Audeze, che ha introdotto driver planari magnetici in soluzioni aperte capaci di combinare potenza e raffinatezza.

Questi modelli storici hanno tracciato una linea di continuità che si ritrova ancora oggi nelle cuffie aperte contemporanee, con una gamma che va da soluzioni accessibili a prodotti esoterici. Le HD 600 e HD 650, pur nate negli anni ’90, rimangono tuttora disponibili e sono spesso consigliate come primo passo nel mondo delle cuffie hi-fi. Il loro equilibrio tonale le rende versatili, adatte tanto al jazz quanto al rock, e la loro costruzione solida ne ha fatto strumenti longevi, in grado di accompagnare un appassionato per decenni.
Chi cerca alternative nella fascia media può orientarsi su modelli come le Philips Fidelio X2HR, che offrono un’esperienza sorprendentemente spaziosa e ricca di dettagli a un prezzo contenuto, rappresentando una porta d’ingresso ideale per chi vuole sperimentare il suono aperto senza investire cifre elevate. Anche Audio-Technica con la serie ATH-AD mantiene una tradizione di cuffie aperte apprezzate per la comodità e la resa naturale.
Nella fascia alta la scelta si amplia notevolmente. Audeze, Hifiman e Focal hanno sviluppato modelli che esplorano tutte le possibilità del design aperto. Le planari magnetiche di Audeze, come le LCD-X, uniscono un impatto dinamico notevole a una trasparenza che le rende amatissime anche dagli studi di registrazione. Hifiman ha spinto sulla ricerca di leggerezza e dettaglio con modelli come Arya e Sundara, che hanno saputo guadagnarsi il favore di molti audiofili, mentre Focal, con le Utopia e le Clear, ha dimostrato come il savoir-faire francese possa tradursi in cuffie che combinano design raffinato e resa sonora di altissimo livello.

Anche l’occhio vuole la sua parte
Un discorso a parte merita la questione del rapporto qualità-prezzo, fondamentale per capire quale modello abbia senso scegliere in base alle proprie esigenze. Non sempre è necessario spendere migliaia di euro per apprezzare i vantaggi delle cuffie aperte. Come accennato, prodotti come le Fidelio X2HR, le Sennheiser HD 560S o le Audio-Technica ATH-AD500X offrono già un palcoscenico ampio e un livello di dettaglio più che soddisfacente per un ascolto domestico rilassato. Chi decide di salire di livello può puntare alle HD 600 o HD 650, che rimangono un investimento sicuro e ancora competitivo nel 2025.
È interessante notare come, nonostante il mercato delle cuffie chiuse e degli auricolari in-ear abbia conosciuto un boom grazie alla mobilità e alle esigenze di isolamento (per non parlare dei modelli wireless con cancellazione attiva del rumore), le cuffie aperte continuino ad avere un pubblico fedele e appassionato. Il loro utilizzo rimane principalmente casalingo, in ambienti tranquilli, e spesso si accompagna a rituali di ascolto più consapevoli, quasi meditativi. Come già detto, non sono cuffie da viaggio o da pendolarismo, ma strumenti per vivere la musica con calma, assaporando sfumature che in altre condizioni si perderebbero.

Diversi produttori hanno colto questa peculiarità proponendo amplificatori dedicati che esaltano le qualità delle cuffie aperte. Molti modelli con impedenza elevata come le Sennheiser HD 650 (300 Ohm), beneficiano enormemente di un’amplificazione adeguata e non è un caso che numerosi audiofili considerino indissolubile il legame tra cuffia aperta e amplificatore cuffie. È un mondo in cui il concetto di plug-and-play lascia spazio alla ricerca del giusto abbinamento, una filosofia che rispecchia quella delle catene hi-fi tradizionali.
Infine, non si può trascurare il valore estetico e costruttivo di molte cuffie aperte. Laddove le chiuse privilegiano spesso la compattezza e l’isolamento, quelle aperte mostrano senza timore i driver, le griglie e le architetture che le compongono, quasi a voler dichiarare apertamente la loro vocazione. Per molti appassionati, possedere una cuffia aperta di pregio non è solo un fatto sonoro, ma anche un’esperienza tattile e visiva che completa l’atto dell’ascolto.
© 2025, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.























