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DIY: convenienti delusioni o vero affare?

Alzi la mano chi non ha mai anche solo pensato di poter realizzare in autonomia un componente del proprio impianto ad alta fedeltà. Di mani ne vedo parecchie, se non altro per quanto riguarda l’autocostruzione di una piccola coppia di diffusori o di cavi, oggetti che sovente rientrano nella media delle possibilità degli appassionati che uniscono una buona manualità ad una sufficiente conoscenza dei fenomeni che governano il funzionamento di questi componenti.

A partire da collaudati progetti disponibili online, in tutta evidenza più facili da affrontare e potenzialmente funzionanti, fino al progetto a partire da zero, il pensiero di far da sé risparmiando fa ogni tanto capolino nella nostra mente. Ma conviene davvero avventurarsi?

Ancora oggi rammento con una certa nostalgia i progetti che da ragazzo – avido lettore della rivista SUONO – divoravo quasi con foga nel tentativo di imparare i segreti della realizzazione di un dispositivo ad alta fedeltà, maggiormente diffusori, componente forse più abbordabile dal punto di vista della fisica realizzazione.

Attenzione: quando scrivo abbordabile non intendo facile o peggio ancora banale, solo che tra un amplificatore ed un diffusore – a parte le necessarie conoscenze che in entrambi i casi devono essere messe a fattor comune – il secondo è quello la cui realizzazione appare più frequentabile da parte di un appassionato non professionista.

Un modello DIY derivato da un progetto di livello piuttosto avanzato: evidente la perizia tecnico costruttiva del suo realizzatore

 

In altre parole, una volta eseguita la realizzazione lignea – solitamente il maggiore ostacolo, se non altro per questioni di estetica – il montaggio degli altoparlanti e la realizzazione del filtro non presentano particolari criticità, almeno per coloro che sanno maneggiare un saldatore ed hanno ben presente cosa stanno facendo.


Al contrario, un amplificatore o altro componente la cui realizzazione preveda un cabinet di un certo impegno – con forature, serigrafie, finiture varie – nonché l’assemblaggio su numerose schede di circuito stampato della componentistica elettronica, costituisce senza dubbio un esercizio parecchio più complesso, non necessariamente alla portata di chiunque.

Un esemplare di amplificatore a valvole auto costruito: evidenti la sicura manualità del suo artefice e la cura estetica profusi nel progetto.

 

Per questa ragione il numero di diffusori self made appare molto più elevato rispetto alle elettroniche; intendiamoci, esistono validissimi auto costruttori le cui realizzazioni non hanno praticamente nulla da invidiare ad aziende ufficiali, anzi, in taluni casi molti sono passati dall’altra parte della barricata trasformando l’iniziale hobby in una solida attività.

La storia dell’alta fedeltà è letteralmente pregna di queste situazioni: Samuel Marantz, ad esempio, scontento di quanto reperibile in giro decise di fare da solo. Come dargli torto? E che dire del genio di Paul Wilbur Klipsch che nel 1945 – su incoraggiamento dei suoi estimatori – diede inizio a quello che sarebbe diventato un vero e proprio mito ancora ben più che attuale.

Va poi considerato che questo modo di procedere, vanta schiere di estimatori – se non altro per l’orgoglio di poter dire questo l’ho fatto io – soprattutto all’estero, maggiormente negli USA e nel Regno Unito, seppure anche il Giappone non sia scevro da impulsi autarchici ed anche nel nostro paese sia ormai appannaggio di un discreto numero di appassionati.

Il problema principale di questo approccio – per certi casi in concreto inevitabile – è l’incertezza del risultato, non essendo possibile ritenere che materiali di pregio assemblati con cura portino inevitabilmente a prestazioni certe ed elevate, così fosse tutti saremmo in grado di fare da soli.

Anche se al giorno d’oggi un software di simulazione non si nega a nessuno, è doveroso sottolineare come questi sistemi debbano necessariamente essere utilizzati in modo appropriato, non essendo di certo sufficiente inserire qualche valore per ottenere il magico progetto da assemblare. Certamente un software specifico aiuta ma i risultati devono comunque essere interpretati nel giusto senso, le insidie non mancano e quanto calcolato potrebbe dover essere sintonizzato al meglio per essere davvero efficace.

Chiaramente non tutti possono fare tutto, diversamente non servirebbero anni di studio, basterebbe un computer, due calcoli ed il gioco sarebbe fatto. No signori, non funziona così.

Tra l’altro – con riferimento ai diffusori – il costo di validi altoparlanti non è propriamente economico, mentre i componenti elettronici da inserire nel filtro sono spesso piuttosto onerosi. A tutto questo va aggiunto, tranne che non ci si contenti di una sorta di cassone mal rifinito in legno – cosa che cozzerebbe violentemente con i miei standard estetici – che un cabinet realizzato a mestiere da un valido ebanista, anche in dipendenza della finitura richiesta, non può essere più di tanto economico.

Conclusioni?

Occorre fare attenzione a non lasciarsi affascinare da un progetto DIY apparentemente per tutti: costi, fisica realizzazione, certezza dei risultati e soprattutto la futura rivendibilità (spesso praticamente nulla), sono fattori che devono essere ben considerati alla luce di un presunto risparmio, maggiormente se si intende realizzare progetti impegnativi.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

© 2022, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.

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