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GDO e uscita dalla crisi: mancano Servizi di Qualità

Il mondo dell’elettronica di consumo vive tempi bui con le GDO che hanno perso il filo conduttore della loro “mission” sul mercato a causa della confusione da loro stessi creata, non comprendendo che le vendite in negozio non sono paragonabili a quelle dell’e-commerce

Mancanza di cultura? Non solo!

Le tre GDO più a rischio in questo momento sono: Trony, che non ha creato spazi riconoscibili, tutti con modelli di gestione differenti,  addetti alle vendite troppo variegati, non facilmente individuabili fra competenti e incompetenti, fra dipendenti e stagionali non sempre attenti ai clienti, inconsapevoli se per i prodotti in esposizione ci sia un magazzino.

Mediaworld è l’ex regina del comparto, la guida che ha insegnato la strada a tutti e a cui tutti si rifacevano. Una organizzazione che, arrivata a quasi cento grandi esposizioni piene di servizi, ha deciso di fare a meno del suo creatore e mentore Pierluigi Bernasconi, un professionista che la GDO dell’elettronica di consumo in Italia l’ha inventata, tant’è che Mediaworld per oltre trent’anni è stata leader assoluta del mercato.


Pierluigi Bernasconi, ex AD Mediaworld

Sulla scorta degli utili generati Bernasconi ha portato la catena Mediaworld a impostare il primo e-commerce di elettronica di consumo nei tempi in cui tutto costava troppo e si procedeva per tentativi. Bernasconi cercava di creare servizi nelle GDO, che avrebbero creato la differenza e giustificato il differente prezzo con l’e-commerce. Con l’uscita di Bernasconi da Mediaword i servizi, per principio costosi, vengono smantellati.

Con Unieuro il discorso è differente: approfittando della crisi di Mediaworld la società tramite importantissime acquisizioni, probabilmente ricorrendo all’indebitamento, diventa leader del mercato raggiungendo in pochi anni quasi 500 punti esposizione e vendita. Tutti spazi disomogenei, difficilmente gestibili su cui risulterà difficile creare un progetto riconoscibile.

Rapporti di forza e di debolezza

Ci sono negozi che vanno bene, non fanno sconti, il cliente per una valutazione congiunta con l’esperto aspetta il proprio turno. Il loro rapporto di forza nell’acquisto dei prodotti e dei relativi marchi da loro rappresentati è limitato. Gli addetti alle vendite sono competenti e danno i servizi richiesti: questo è il vero valore aggiunto e il richiamo che garantisce sempre il ritorno dei clienti perché soddisfatti, ne garantisce l’esistenza qualunque siano le condizioni del mercato.

Per contro, e sono la maggioranza, ci sono negozi in difficoltà: è vero che gli uffici acquisti delle GDO riescono a ottenere prezzi iper-scontati ma, nella trattativa con le industrie, per ottenere gli sconti sono costretti a comperare modelli presenti in catalogo difficilmente vendibili, che riversano e impongono agli spazi espositivi.

Nelle GDO chi acquista non dialoga con chi vende per cui in tale contesto sugli scaffali c’è merce che si impolvera e deperisce. Così chi vende, per smaltire avanzi difficilmente evadibili, ha inventato il “sottocosto”.

Sciopero dipendenti Mediaworld

Spesso le singole esposizioni delle GDO sono finanziate dalle stesse industrie interessate allo smaltimento dei loro magazzini con contributi all’acquisto anche di spazi pubblicitari. Una rincorsa infinita tanto che le GDO, oltre che sugli scaffali, hanno inventato all’interno di ogni esposizione la vendita degli spazi da cedere proprio a quei player di mercato che possiedono maggiori disponibilità economiche.

Oggi si pensa solo alla vendita per la vendita, ai fatturati, comunque siano realizzati, a non tenere in considerazione la necessità che per sopravvivere e ottemperare a spese e stipendi occorre fare utili.

Viviamo un mercato di mutazioni ed evoluzioni

L’e-commerce ha trovato la sua strada. A capo della filiera di nuove società troviamo Amazon, fortemente osteggiata all’inizio ha poi preso il sopravvento e nel giro di poco tempo tutto è cambiato.

Mediaworld, l’ex leader di  mercato, è entrata in profonda crisi, ha abbandonato la storica sede/esposizione di Curno alle porte di Bergamo per liberarsi di dipendenti che un tempo erano un modello per tutti, mentre oggi, troppo “incrostati”, costosi e non più facilmente gestibili.

Oggi per fare fatturato sono portati a vendere “sottocosto” anche i prodotti di prima fascia, attivando un crollo verticale dei margini di guadagno dove a farla da padrone è sempre più il cattivo e-commerce da loro stessi inventato.

In questo contesto Unieuro sembra essere una mosca bianca con ricavi al +12,8% nell’esercizio 2016/2017 ma probabilmente finito l’effetto “acquisizioni selvagge” i ricavi si sgonfieranno e i controller dell’azienda si renderanno conto che una buona parte dei centri espositivi acquistati non hanno mai avuto o non hanno più la redditività presunta.

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