Editoriali Notizie

L’hi-fi in USA, un’altra cultura

USA
Il vecchio mega subwoofer CVHF21 è molto apprezzato, nonostante la provenienza pro, in sistemi hi-fi particolarmente roboanti.

Sorgente, magari vinilica. Preampli e DAC integrato, finale a transistor, o forse valvolare? Diffusori a torre del solito brand dal suono di stampo inglese. Non troppo grosso, però: non vorremmo che il nostro hi-fi finisca per essere paragonato alle casse da giostraio. Infine, saletta apposita, fusion e progressivo in prima linea, perché sono i dischi che, all’audiofilo, non possono mancare. E perché non un poco di Krall o di Donald Fagen…E quel gruppo che è sulla bocca di tutti e deve piacere per forza per non subire l’accusa d’essere reazionari e retrogradi… Dobbiamo continuare? L’hi-fi, nel nostro Paese, spesso è contaminato da stereotipi e dogmi che vogliamo credere essere ovunque presenti. Ma non sarà solo deformazione e presunzione di onnipotenza? Una capatina negli USA ci ha convinto di come, là, l’alta fedeltà sia concepita in modo del tutto diverso. Esattamente come per la musica…

Un viaggio di lavoro negli USA, per essere precisi Miami, FL. Nulla che c’entri con l’alta fedeltà o con la musica, ma, si sa, per un audiofilo curioso ogni zona del mondo è interessante per scoprire come viene concepita e vissuta questa passione. Non era la prima volta che visitavamo la dolce culla del cotone e del Southern Rock, ma mai avevamo approfondito la concezione ivi presente rispetto alla musica e soprattutto all’ascolto di questa in alta fedeltà.

USA
Serviva proprio Miami e l’aria delicata del Golfo del Messico per farci comprendere cosa ne pensano gli americani dell’hi-fi.

Il risultato è stato, a suo modo, notevole, anche se auspicabile. In primis, per la musica.

Non che ci aspettassimo molto di diverso. Gli americani, fortunatamente, quando si tratta di musica, soprattutto se rock, si mostrano assai più puritani di noi europei. Ci sono dei valori, insomma, che la moda pare non poter scardinare così velocemente, in particolare quando la discussione cade su qualche mostro sacro intoccabile. Ci è successo, effettivamente, diverse volte, parlando di rock classico. In molti, anche appartenenti alle classi sociali più disparate, hanno mostrato un ardore percepibile nel momento in cui si nominavano nomi quali Allman Brothers, Tom Petty e, ovviamente Lynyrd Skynyrd e Ronnie Van Zant.

Non abbiamo, di certo, scoperto il fuoco. La Florida è la patria del Southern Rock e, dobbiamo dire, di una bella fetta del rock americano classico, e questi artisti non possono che appartenere al più intimo bagaglio culturale di questa terra. La, relativamente breve, storia americana, poi, pare che permetta agli americani di considerare le produzioni musicali di 40/50 anni fa come patrimonio fondamentale della stessa storia del Sud. Fattore, per noi, abituati a storie imperiali millenarie, sicuramente inusuale, almeno su questo piano.


La vena polemica, detto questo, non può che sorgere

USA
Allman Brothers, Where it all begins, Epic 1994.

Ciò che colpisce, però (perdonateci la polemica) è come sia possibile che, ancora oggi, artisti americani fondamentali, di fatto non solo in USA ma nel mondo, qui siano sempre stati trattati con più superficialità rispetto ai colleghi inglesi. Saranno i nostri gusti o la vicinanza all’Inghilterra piuttosto che il suo ruolo da apripista.

Ciò che ci suscita sempre ilarità, però, è come qui da noi si presentino spesso, nelle discussioni a tema musicale, tuttologi presunti che credono che Tom Petty sia un artista Jazz e il Delta Blues un fiume…

Meditate, gente. Anzi, non solo la gente, ma soprattutto un’informazione pubblica che, su questi temi, pare fossilizzata ancora all’epoca delle iterazioni italiane a tema Beat, con condimento di trap, ovviamente.

E, per l’hi-fi la situazione sarà uguale alla nostra? Oppure no?

USA
Il vecchio mega subwoofer CVHF21 è molto apprezzato, nonostante la provenienza pro, in sistemi hi-fi particolarmente roboanti.

E veniamo alle differenze fra la nostra concezione di hi-fi, o almeno quella più diffusa, e quella americana. Sappiamo bene che il rischio di generalizzazione sia dietro l’angolo, ma con ragionevole sicurezza possiamo almeno determinare qualche fatto.

Innanzitutto, l’idea nostrana che vuole una netta differenza fra hi-fi e impianto musicale party è molto più sfumata in USA. Là, spesso, l’acquirente cerca un impianto potente e versatile, da utilizzare anche per pompare musica a manetta, tanto per essere grossolani. Non solo: non troverete molti americani con impiantini che sfiorano gli 8 pollici di woofer perché oltre ci sono troppi bassi…

La musica, all’opposto, deve suonare con veemenza e calore (magari il suono sarà più colorito, ma non si rinuncia alla sostanza). Non a caso wooferoni e trombe lì sono di casa. Esattamente come ampli finali che fanno di potenza e corrente la loro bandiera da mezzo secolo e oltre (dove sono di casa Mc, Krell e ML?)

Sfumata è anche la differenza fra mondo professional e hi-fi. Troverete, infatti, un pubblico giovane, o non particolarmente rigoroso, usare con soddisfazione finali professionali in casa, non lesinando su volumi e impatto sonoro.

Insomma: la potenza, la presenza scenica e l’impatto, a quanto abbiamo visto, fanno da padroni in USA. O almeno sono elementi molto ricercati, inevitabili per molti amatori. Un modo differente di intendere l’audio, ma certamente non da meno. Uno spaccato d’ascolto, sicuramente, alternativo a quanto concepito da molti appassionati dei d’intorni nostrani.

 

© 2022, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.

Vuoi saperne di più? Di' la tua!

SCRIVICI


    MBEditore network

    Loading RSS Feed


     

     

     

     

     

    Pin It on Pinterest