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La posta del cuore. Un negozio australiano

negozio australiano

Un negozio australiano. Per chi si domandasse cosa c’entra un negozio australiano con una rivista italiana, provo subito a spiegarne il motivo.
Chi ha letto qualche mio articolo precedente saprà che, a partire dalla mia “anzianità” nel settore e dalla mia tuttora viva passione per questo mercato, inteso come scoperta di prodotti per sempre meglio ascoltare musica in casa, con uno sguardo particolare al rapporto qualità-prezzo e soprattutto per cercare di consigliare le nuove generazioni indirizzandole verso il giusto approccio a questo bellissimo hobby.

negozio australiano

Negozio australiano. Parlo di hobby, perché la musica si può ascoltare dal cellulare con una cuffietta, oppure con un impianto che renda giustizia al lavoro dell’artista che vuole trasmettere la sua arte all’ascoltatore.
Come in tutti gli hobby infatti, ci si può accontentare del minimo, come aspirare al massimo.

Perché quindi, e qui siamo al titolo, proporre un negoziante della lontana Australia?


Il negozio si chiama Rio Sound & Vision e se andate a vedere la sua storia, vedrete che a partire da un negozio di car audio, è diventato il numero uno nel suo paese.
Essendo lo scrivente stato titolare di un negozio a Milano negli anni 80, mi ha molto incuriosito la sua evoluzione e soprattutto come si presenta oggi.

Penso che questo possa essere di inspirazione per qualche negoziante italiano (o meglio, un gruppo di negozi che fanno franchise…).

Negozio australiano. Vi chiederete perché ? A chi serve?

In fondo una rivista dovrebbe solo parlare di prodotti che si vendono nei negozi o sui siti di e-commerce…
Sbagliato!
Sono convinto che parte del problema di crisi del mercato audio-video, sia di responsabilità anche dei negozianti e di come si approcciano tra di loro e nei confronti del cliente finale.
Che siete voi lettori!

Ecco quindi la necessità di parlarne sulle riviste di settore, aprendo un dibattito dove tutti possano partecipare: importatori, negozianti, clienti finali.

Vediamo ora quali sono le caratteristiche generali di questo negozio in confronto (sempre in generale) con il negozio medio del nostro mercato italiano.

Negozio Rio: identità chiara nelle scelte dei marchi e della clientela a cui ci si rivolge.
Negozio italiano: scelte molteplici che cercano di accontentare tutti, con prodotti spesso che fanno concorrenza in casa.

Negozio Rio: quantità di prodotti, cioè solo selezionati e scelti accuratamente e che non si sovrappongono.
Negozio Italiano: infinite varianti sulla stessa tipologia di prodotto che generano solo confusione nel cliente potenziale e che spingono quindi alla ricerca del prezzo più basso (e non necessariamente il più adatto per quel cliente).

Negozio Rio: proposta di sistema, quindi una offerta che garantisca risultati, anziché il singolo prodotto ed il resto lasciato al cliente. Questo è particolarmente importante per le nuove generazioni.
Negozio italiano: si lavora principalmente sul singolo prodotto, con cambi infiniti, segno di chiara insoddisfazione da parte del cliente. Quante volte i negozianti si lamentano che il cliente ascolta e poi acquista nel web. Se offrissero sistemi “chiusi” o completi, ci sarebbe maggiore soddisfazione da ambo le parti, negoziante e cliente. In fondo vale sempre l’equazione (Copyright) ” massima offerta uguale minima professionalità e minima offerta uguale a massima professionalità “. Se volete degli esempi, pensate a Mark Levinson/Daniel Hertz, contro la grande superficie dove la scelta è massima ed il personale venditore non è presente.

Negozio Rio: capacità finanziaria, cioè capitali che possono gestire una attività di quel livello.
Negozio Italiano: questo è un punto veramente importante e dolente.
Nella mia esperienza ormai quarantennale ho visto molti negozianti di provata capacità che hanno dovuto chiudere perché non reggevano i costi, dati i bassi utili dovuti spesso ad una feroce concorrenza tra colleghi.

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Penso che questo sia un punto nodale, cioè la non predisposizione degli operatori a fare “sistema”, cioè unirsi come realtà locali, anziché pensare sempre di essere “meglio di…”.
C’è una famosa battuta di un allenatore in un film sul football americano che recita pressappoco così: “si vince insieme e si perde da soli” (Ogni maledetta Domenica n.d.a.).

In chiusura, ripeto che questa situazione si riversa direttamente sull’acquirente finale, che non trova interlocutori che lo sappiano guidare ma soprattutto che si possano rivolgere alle nuove generazioni, creando opportunità di sviluppo di questo mercato.

Alla prossima….

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