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AUDIO DIGILOGICO

Audio Digilogico, un neologismo che la dice lunga sulla celeberrima diatriba analogico-digitale, quella che vede contrapposti coloro che venerano l’analogico e coloro che credono (solo) ciecamente nel digitale, seconda solo a quella sui cavi, altro argomento bollente.

audio digilogico

Premetto che i padri latini avevano ragione da vendere nell’affermare in medio stat virtus, non fosse altro che per il fatto che qualsiasi estremizzazione, proprio perché tale, porta sempre a delusione certa. E visto che il nostro articolo sulla scelta del sistema base ha riscosso notevole successo, continuiamo quest’opera di divulgazione sull’audio digilogico nel tentativo di meglio chiarire ulteriori aspetti, anche in riferimento ad alcune mail ricevute a commento tra cui una – di un nostro lettore 75enne (!) – che chiede perché mai, quando nella pratica maggioranza dei casi il master è digitale, dovrebbe essere preferibile il vinile. Quello che rileva in prima battuta, infatti, è la qualità del master – analogico o digitale a tal punto non importa – ché se mediocre non c’è supporto che tenga, vinile oppure CD suoneranno male in ogni caso. E qui davvero non ci piove.

Audio digilogico, la sorgente

Prescindendo che nell’articolo in questione non si afferma affatto questo – tranne che il suggerimento relativo all’eventuale aggiunta di un giradischi al sistema base sia stato interpretato come un messaggio subliminale – da nessuna parte è scritto che l’analogico sia necessariamente migliore del digitale, quello fatto bene ovviamente, delle produzioni scarse non ci occupiamo.


Chiarito ciò, credo sia il caso di spiegare perché un vinile, sul quale sia stato riversato un master digitale, sia in ogni caso un ottimo prodotto e tutt’altro che un ossimoro come qualcuno potrebbe pensare.

Sapendo come nasce il master che darà vita al disco vero e proprio, ovvero la famosa lacca che incisa dal tornio sarà successivamente utilizzata per creare il contro-stampo atto al pressing del disco, è facile capire che il segnale inviato al suddetto macchinario deve essere di qualità assoluta. Per cui, non vedo perché se l’impulso che farà muovere lo stilo incisore derivi da un master digitale dovrebbe rappresentare un problema. Anzi, se il master è ad alta risoluzione e reca con se molte più informazioni, caso mai parliamo di un vantaggio! A tal punto l’unico limite sarà quello dovuto all’equipaggio mobile del tornio incisore, che per limiti propri potrebbe non riuscire a fornire prestazioni oltre una certa misura.

audio digilogico
Il tornio Neumann

Che poi – riflettendoci sopra – se si pensa che sovente il master è realizzato in alta risoluzione, si comprende anche che il successivo riversamento su CD – necessariamente – dovrà subire un downsampling per rientrare nelle specifiche del Red Book, cosa che potenzialmente mette analogico e digitale sullo stesso piano, visto che in ambo i casi la qualità iniziale è successivamente ridotta: ci avete mai pensato?

Altro presunto limite sarebbe la dinamica esprimibile da un vinile, limite che qualcuno è convinto sia di circa 45 decibel mentre in realtà si parla di almeno 70 se non di più. Ovviamente questi valori possono essere seriamente compromessi da una produzione di scarsa qualità, ove il rumore di fondo si sovrapponga al segnale utile oppure, per questioni di risparmio, si facciano economie eccessive realizzando dischi-sottiletta dove la dinamica va a farsi benedire a causa dell’esiguo spessore che limita il movimento dello stilo del fonorivelatore. Occhio che stiamo parlando di scarsa qualità di produzione, non di realizzazioni di qualità o allo stato dell’arte, dove tutto è curato in maniera maniacale.

Piccolo inciso audio digilogico: qualcuno rammenta i famosi dischi TELARC il cui master era realizzato con un convertitore che operava a 50 Khz in luogo del classico 44.1? Suonavano meglio della corrispondente versione digitale su CD il cui riversamento richiedeva il procedimento spiegato qualche riga sopra. Come credete fossero poi realizzati i vinili?

Altro piccolo inciso, sempre audio digilogico: qualcuno rammenta il celeberrimo THE SHEFFIELD LAB DRUM & TRACK DISC? Nel caso chi lo ha sentito non avrà dimenticato la famosa batteria il cui suono – oltre che praticamente perfetto, e lo dico da batterista, seppure non professionista – era letteralmente in grado di spettinare l’ascoltatore; nel tempo è stata curata anche un edizione digitale di altissima qualità, ma posso assicurarvi che l’originale versione in vinile era straordinaria.

Come divulgatori, ci farebbe piacere che molti dei giovani abituati al mordi e fuggi concesso dalla rete, si accostassero maggiormente a questa passione. Certamente mi rendo conto che queste schermaglie, ormai inutili e francamente stantie, servono piuttosto a farli allontanare, complice la suggerita difficoltà che si avrebbe nel comporre un sistema ad alta fedeltà oppure, peggio ancora, che se non si ascolta tramite un determinato supporto (o non-supporto) si ricada nella deficienza di chi nulla capisce e non si rende conto di cosa si perde. Di questo passo un ricambio generazionale non avverrà mai, siatene pur certi.

Concludo con una riflessione: quello che davvero è alla base di tutto è la qualità del suono, che provenga da un vinile, un nastro in bobina oppure da un CD non ha alcuna importanza, fondamentale che l’ascolto sia emozionante, la timbrica corretta, il palcoscenico verosimile e siano il più possibile rispettati i piani sonori, poi certo ognuno può avere le proprie preferenze, ci mancherebbe, ma onestamente, mi piacerebbe si evitasse di concentrarsi troppo sul contenitore più che sul contenuto. In altre parole, quando suona bene……suona bene, punto e basta.

Come sempre, ottimi ascolti, e viva la musica!

© 2021, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.

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