Pur trovandoci nel 2024, un’azienda storica dell’Alta Fedeltà quale è McIntosh – la cui fondazione risale al 1950 – introduce sul mercato un componente che oramai si riteneva pressoché scomparso, ovvero un equalizzatore: eresia o buon senso?
Vedere l’equalizzatore McIntosh MQ-112 e pensare immediatamente alla reazione dei vari detrattori del marchio – sicuramente pronti a lanciare l’ennesima invettiva nei confronti di quest’azienda, vera e propria icona dell’Alta Fedeltà a stelle e strisce – è stato un attimo.
Ed in effetti è bastato andare a spulciare i vari ed immancabili commenti “da forum” per comprendere come questo dispositivo recentemente introdotto da McIntosh abbia sollecitato abbondantemente gli animi.
In teoria non vi sarebbe alcun obbligo di intervenire in un contesto non gradito, anzi, sarebbe buona norma restarne fuori, ma ci rendiamo conto che determinati contesti sono il pane quotidiano per chi sia affetto da SCT (Sindrome Compulsiva da Tastiera).
Coloro che invece vogliono approfondire il discorso EQ – non necessariamente noto a tutti – possono darsi alla lettura di questo articolo da noi pubblicato qualche tempo fa.
Che sta succedendo? Come mai ogni tanto si torna ad ampie falcate sui propri passi?
A dire il vero tale affermazione non è del tutto calzante nei confronti di questo mitico costruttore, visto che non ha mai aderito alla politica del minimalismo audio cui molti produttori si sono solennemente chinati nel momento più confuso dell’Hi-Fi, quello fatto di pannelli che a malapena ospitavano il controllo di volume ed il selettore ingressi, ché il tasto d’accensione meglio nasconderlo dietro, troppa comodità non va bene per l’audiofilo nudo e crudo.
Come sia possibile che un brand del calibro di McIntosh proponga una simile elettronica non è difficile da comprendere, essendo i propri amplificatori e preamplificatori da sempre dotati di controlli di tono, loudness e – in qualche caso – di un vero e proprio mini equalizzatore.
Infatti, al pari di altri marchi storici come ACCUPHASE, il marchio americano non ha mai abbandonato questo interessante “accessorio” perseverando nel dotare le proprie elettroniche delle famigerate manopoline atte a modificare almeno in parte la sonorità dell’impianto.
Giusto o sbagliato che sia – a seconda dei punti di vista, non sempre tolleranti – l’azienda consente ai propri utenti di poter adeguare la timbrica dell’impianto ai propri gusti (assolutamente personali ed insindacabili) oppure di risolvere, almeno in parte, qualche indesiderato influsso ambientale, immancabilmente presente ed ovviamente deleterio.
Infatti, nel leggere le motivazioni che hanno portato alla presentazione di simili elettroniche – non solo da parte di McIntosh ma anche di Schiit (ad esempio) – tutti colgono l’occasione per rammentare quanto l’ambiente possa influenzare il risultato finale e quanto l’impianto sia tutt’altro che perfetto, naturalmente senza dimenticare i già citati gusti personali.
Ovviamente circa questi ultimi occorre sottolineare come non si debba in ogni caso esagerare, snaturando la timbrica caratteristica di uno strumento fino a renderne difficile il riconoscimento – si tratta di un’evidente iperbole ma il concetto rende bene l’idea – ragione per cui questi accessori, o componenti speciali, come era d’abitudine definirli un tempo, devono essere utilizzati sempre con attenzione.
La realizzazione è tipicamente McIntosh, solida e lussuosa quel che basta a fare onore al censo del brand, classico il pannello in cristallo retroilluminato in verde come altrettanto classiche le manopole di gestione delle frequenze.
La funzionalità si basa sulla possibilità di alterare entro +/- 12 dB alcune bande di frequenza – il cui intervento è centrato a 25, 50, 100, 200, 400 Hz, quindi a 1, 3 e 10 KHz – ambiti che consentono un certa creatività senza eccessivamente complicare troppo la gestione della macchina.
Molto interessante il controllo definito TILT – vi ricorda qualcosa? – che consente di “inclinare” la risposta in frequenza del sistema audio entro +/- 6 dB, un po’ come avere a disposizione differenti elettroniche caratterizzate da sonorità altrettanto diverse.
Il collegamento è possibile sia tramite connettori RCA che XLR – anche in forma mista volendo – ed è ovviamente previsto tra preamplificatore e finale oppure sfruttando gli ingressi dedicati al processore di cui molti integrati sono dotati – ove presenti – oppure tramite i connettori di separazione pre/finale asportando i relativi ponticelli o, ancora, nell’anello di registrazione.
Insomma, un prodotto che per certi versi va contro corrente – da sempre alternata, fateci caso – che si pone l’obiettivo di aiutare l’appassionato di mente aperta nel risolvere criticità potenzialmente presenti in qualsiasi sistema, anche il più costoso.
A nostro avviso la scelta operativa di limitare a sole 8 bande la funzionalità – il che lo rende simile più ad un controllo toni un po’ più sofisticato che ad un vero e proprio equalizzatore – rappresenta un discreto limite, che associato al prezzo di listino di ben 5000 euro, lo rende piuttosto elitario a prescindere dalla prestazione.
Come al solito, ottimi ascolti!!!
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