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Il sabato con Diego. IL MERAVIGLIOSO SUONO DEL LEGNO

Il funzionamento di strumenti acustici come il pianoforte oppure il violino, tanto per citarne due tra i più conosciuti, basano una larga parte della loro espressione timbrica sui materiali di cui sono composti, tradizionalmente differenti qualità di legno opportunamente interfacciate tra loro.

Chiunque sia anche solo minimamente appassionato di musica conosce senza alcun dubbio gli strumenti appena citati, quasi onnipresenti nelle composizioni musicali, soprattutto di stampo classico così come lo è il materiale che in massima parte li compone: il legno.

Alcuni però – a parte il riconoscere le evidenti differenze estetiche – non vanno molto oltre questo aspetto, se ne interessano poco o nulla quando invece proprio la conoscenza del dietro le quinte della loro realizzazione – molto complessa e spesso vicina ad una vera e propria opera d’arte – offrirebbe ampio spunto per meglio identificare caratteristiche specifiche di un esemplare rispetto ad un altro.

Il che, ad esempio, significa sapere perché uno strumento antico suona in maniera diversa da uno moderno, un aspetto non certo di poco conto, oppure, anche questo un aspetto essenziale, consente di meglio comprendere determinate scelte artistiche.


Antonio Stradivari ed Andrea Amati – tra gli artigiani liutai maggiormente conosciuti – non a caso sono considerati tali, le loro opere sonore sono a tutt’oggi un riferimento più che certo in relazione alla qualità del loro suono.

Un aspetto che ovviamente non è legato al caso ma ad un’accuratissima scelta dei materiali che componevano gli strumenti da essi realizzati.

La tavola armonica ad esempio – circa la quale vi abbiamo già anticipato qualcosa in questo articolo – un “semplice” pezzo di legno che però vanta un’importanza capitale affinché lo strumento vanti le necessarie qualità per essere ritenuto superiore in assoluto al resto del mondo.

Un pezzo di abete rosso – di cui il migliore proviene dalla Val di Fiemme – il cui taglio avviene seguendo gli anelli di crescita dell’albero in maniera da rispettare un determinato andamento delle fibre, tale da gestire opportunamente le risonanze generate onde raggiungere la suadente timbrica che il liutaio si aspetta.

A questo si aggiunge la “catena”, un altro “pezzo di legno” che si occupa di mettere in tensione la tavola contribuendo alla correttezza delle risonanze generate.

Sbagliare questi due componenti significa ottenere uno strumento afono – non nel senso letterale del termine ma nel senso di timbrica sorda, stridula magari, certamente lontana dal suono di un violino realizzato a regola d’arte – qualcosa che nessun maestro vorrebbe suonare.

Lo stesso vale per un pianoforte, dove l’azione della tavola armonica funge anche da amplificatore meccanico irradiando il suono verso il pavimento, cosa che contribuisce ulteriormente ad espandere l’alone sonoro dello strumento.

Le risonanze citate, altro non sono che la risposta del legno alla sollecitazione in frequenza operata dalle corde oppure dalla meccanica – visto che ci riferiamo al violino ed al pianoforte continuiamo su questa strada – una specie di eco che dopo averne attraversato le fibre si aggiunge alla nota fondamentale.

Sonus Faber Amati Homage: eloquente esempio di alta falegnameria applicata ad un diffusore

 

Facile comprendere quale sia la difficoltà nell’identificare essenze in grado di svolgere questa importantissima funzione in maniera ottimale: tipologia di legno, compattezza, stagionatura, contenuto residuo di acqua, disposizione caratteristica delle fibre, rigidità più o meno accentuata, tutto contribuisce (nel bene e nel male) al risultato finale.

Abete rosso, acero, pioppo, cedro, ebano ed altre numerose essenze sono scelte in virtù delle loro caratteristiche sonore, utilizzate in modo specifico nei vari componenti dello strumento e successivamente accoppiate in maniera certosina – cassa di risonanza, manico, paletta – poiché, come detto, la loro azione in sinergia comporta il successo della realizzazione.

Tutto questo ha la sua importanza anche negli strumenti elettrici – sebbene possano essere considerati apparentemente “sordi” – perché anche in questo caso le varie essenze presentano delle risonanze caratteristiche in grado di influenzare le prestazioni dello strumento, risonanze alle quali si aggiungono le prestazioni specifiche dei pick-up che ne raccoglie il suono.

Perché vi raccontiamo tutto questo?

Essenzialmente per divulgare cultura tecnica in merito a molti aspetti sovente trascurati; può sembrare strano ma a molti appassionati non interessa più di tanto approfondire, si limitano all’ascolto e basta, ciò che storicamente è legato alla specifica composizione non pare degno di nota.

Un grande errore, perché il contesto storico-culturale è intimamente connesso alla composizione musicale, nessuna opera nasce casualmente, tutt’altro, è sempre necessariamente vincolata agli avvenimenti del particolare periodo storico e culturale.

In altre parole, potremmo considerarla l’equivalente di una fotografia, qualcosa che cristallizza il momento sotto forma di canzone o di composizione musicale.

Non è un caso, infatti, che molta musica classica – ma anche parecchio jazz per non dire del rock, notoriamente musica di protesta o del blues, correlato alla sofferenza dei neri d’America – sia nata in determinati periodi storici e rappresenti l’espressione della disapprovazione del compositore verso l’attuale governo oppure l’interpretazione del pensiero di popolo.

Sapere quindi come uno strumento è realizzato – posto che raccontare per filo e per segno le modalità realizzative di un pianoforte da concerto richiederebbe quasi un trattato – è a nostro modesto avviso insostituibile necessità, anche per definirsi appropriatamente appassionati a tutto tondo.

La conoscenza – tranne che non sia inopportuna – è sempre utile.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

 

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