I nuovi dati della RIAA riferiti al mercato USA testimoniano ancora una volta lo strapotere dello streaming audio e la lunga agonia del CD
Se negli ultimi tempi avete letto su queste pagine molti articoli sullo streaming e sul vinile e ben pochi sull’ormai defunto (o quasi) CD, non è per una nostra fisima o perché vogliamo fare gli originali. Semplicemente l’industria musicale odierna è sempre più in mano dello streaming e sempre meno del supporto fisico digitale e, a ribadirlo ulteriormente, sono i dati emersi recentemente dal nuovo report della Recording Industry Association of America (RIAA) focalizzato sul decennio 2010-2019.
Al momento lo streaming rappresenta l’80% del mercato musicale degli Stati Uniti rispetto al 7% del 2010. Gli abbonamenti ai servizi in streaming come Spotify, Apple Music, Deezer, Tidal e Amazon Music Unlimited sono inoltre aumentati dagli 1,5 milioni di 10 anni fa ai 61 milioni della prima metà del 2019, cifra che al momento di scrivere sarà quindi aumentata ulteriormente.
Gran parte di questo boom è derivata anche dalla diffusione sempre più ampia degli smartphone nelle mani degli utenti americani, passata dal 35% del 2010 all’81% di oggi. Se quindi lo streaming non sembra conoscere barriere od ostacoli di sorta, i CD Audio e l’acquisto di musica in digitale se la passano molto meno bene. Entrambi infatti valgono oggi negli USA il 9% del mercato musicale, mentre dieci anni fa i primi erano al 52% e l’acquisto di musica in formato liquido, lanciato di fatto da iTunes, rappresentava il 35% del mercato.
Se non altro il vinile se la passa molto meglio, visto che se nel 2010 i ricavi dalla vendita degli LP ammontavano ad appena 50 milioni di dollari, a metà 2019 sono saliti a 450 milioni di dollari e anche in questo caso non si può non prevedere un ulteriore aumento.
Naturalmente questi dati, riferendosi al solo mercato statunitense, non sono globali, ma non ci stupiremmo se anche in Europa, in Asia e in America Latina le percentuali fossero molto simili. Inoltre, con sempre più servizi di streaming che si stanno convertendo all’alta risoluzione (Amazon Music HD è l’ultimo esempio) e con l’avvento (per ora molto limitato) di nuovi formati audio a “360 gradi”, anche chi non ha mai gradito lo streaming audio per gli evidenti limiti di compressione, può finalmente contare su una qualità sonora che non ha più nulla da invidiare (anzi, spesso li supera anche) ai formati fisici.
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