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La posta del cuore: importazione e distribuzione

importazione e distribuzione

Importazione e distribuzione. Negli anni 80, al CES di Las Vegas (la fiera annuale più importante per l’elettronica di consumo, e ne ho frequentate più di 25), gli importatori italiani facevano a gara a chi arrivava prima per accaparrarsi un nuovo prodotto da distribuire sul mercato nazionale.

Chi si svegliava prima e si presentava allo Stand, aveva le maggiori opportunità di prendere la distribuzione dei nuovi prodotti emergenti, o cercare di sottrarre la distribuzione al connazionale che già la rappresentava.

A quei tempi il mercato audio era in piena espansione e l’impianto HiFi era una assoluta priorità nell’ascolto di musica (oggi cellulare e cuffietta per il grande pubblico).


Negli anni, questo ha portato ad avere nel nostro mercato una grande quantità di prodotti, tanto che ad un certo punto tra gli addetti del settore si scherzava dicendo: “ci sono più prodotti che clienti”.

Questo, unito anche ad un insano aumento dei prezzi al pubblico, con prodotti sempre più costosi, ha portato a diverse crisi che si sono succedute negli anni.

Come aneddoto, ricordo un famoso amplificatore a valvole giapponese di pochissimi watts, con un prezzo al pubblico di 200 milioni di lire! Prime pagine di riviste con “l’amplificatore più costoso al mondo” ecc. Salvo poi venire proposto privatamente a 80 milioni…

Cito questo aneddoto perché è indicativo di una situazione di eccesso di offerta da una parte e inflazione dei prezzi dall’altra. In quegli anni si forzava da parte dei distributori il mercato, con politiche molto aggressive e sconti sempre maggiori ai negozianti e pagamenti sempre più lunghi.

Questo per una guerra tra distributori, con il risultato che i negozi si riempivano di merce, che spesso risultava invenduta, da qui prezzi al pubblico molto variabili.

Doppia sconfitta: per i negozi che drenavano risorse e non rinnovavano i prodotti avendo un grande stock invenduto, e i clienti che non sapevano mai quale era il prezzo giusto oppure compravano solo perché c’era un prezzo favorevole, ma non era il prodotto adatto al loro sistema.

In altre parole: un mercato drogato.

Qui occorre fare un passo indietro e spiegare quale era all’epoca la struttura dei prezzi, per meglio comprendere le dinamiche del mercato di allora, ci aiuterà ad affrontare il problema della distribuzione oggi e quindi come cambierà il mercato.

Prendiamo l’esempio di un prodotto proveniente da Stati Uniti (il prodotto giapponese aveva una logica diversa, basata sulla programmazione degli acquisti, sugli impegni annuali, sulla volontà di conquistare il mercato, ne parleremo un’altra volta). Quello che sul mercato USA al pubblico costava 1000 dollari, l’importatore lo pagava 500 dollari.

Ricordo che questo prezzo era uguale a quanto lo pagava il negoziante americano, tanto da far arrabbiare l’importatore italiano che riceveva le comunicazioni che iniziavano con “Dear Dealer”…

Questo perché il mercato statunitense era molto più ampio, ed il quantitativo di pezzi che acquistava il distributore italiano era simile ad un negozio del Nebraska.

Ma torniamo alla struttura dei prezzi.

Questi 500 dollari venivano moltiplicati per 1.7 (utile lordo dell’importatore) e per 1.3 per il negozio (utile lordo del negoziante).

Quindi 500 x1.7 = 850 x 1.3 = 1105 dollari + IVA. Naturalmente c’era anche da considerare il valore di cambio dollaro/lira che variava frequentemente.

Apparentemente, visto così, il prezzo al pubblico sembra vicino al prezzo di origine, ma in realtà la situazione presto degenerò, perché per la feroce concorrenza tra distributori si cercava di aumentare sempre di più il margine ai negozianti (gonfiando il prezzo al pubblico) per invogliarli a comprare, con la conseguenza in cascata che i negozianti, anche loro in feroce concorrenza, aumentavano gli sconti al pubblico.

Risultato: i clienti non sapevano più cosa costasse un prodotto (sconti fino al 40 e 50 per cento!), e quindi da una parte si ingenerava un vorticoso giro di acquisti d’impulso che affollavano poi il mercato dell’usato.

Chi ne faceva le spese era la credibilità generale: della marca, del negoziante, del mercato tutto.

Non c’è da meravigliarsi se poi arriva il conto di questa situazione: mercato stanco e negozi che chiudono.

Importazione e distribuzione. Veniamo al giorno d’oggi, cioè alla situazione importazione e distribuzione.

importazione e distribuzione
Focal by Naim Store a Lione (fonte www.focal.com)

 

Internet, sia attraverso l’informazione generalizzata (più o meno autorevole), sia con le vendite dirette online, ha completamente stravolto questo mercato.

Da una parte i produttori hanno dovuto uniformare i prezzi al pubblico il più possibile tra i diversi paesi, vedi produzione in Cina e distribuzione mondiale, dove nella stessa fabbrica si produce per diversi marchi.

Dove invece si vuole mantenere uno standard costante con le origini, i produttori cominciano ad organizzarsi direttamente con proprie Show Room (vedi WOM in USA e UK, McIntosh, Sonus Faber, Audio Research), ultimamente KEF in USA, oppure a livello mondiale con “Focal powered by naim” in Francia, Germania, Usa, Korea, Australia, Asia, 9 operativi e altri 8 in costruzione (il prossimo in Italia?).

Focal by Naim store a Berlino (fonte:www.focal.com)

Cito questi esempi per due motivi: il primo è perché quello che succede in altri mercati, prima o poi avverrà da noi. Il secondo motivo è perché queste realtà produttive cercano di avvicinarsi al consumatore finale, presentando al meglio possibile i loro prodotti.

Importazione e distribuzione. Ultimo esempio in ordine di tempo su quello che si sta attuando nel mercato, Amazon, dopo aver acquisito una grande catena di alimentari, ora ha deciso di aprire negozi fisici (visto quanti ne chiudono) per abbigliamento ed elettronica di consumo, in previsione del dopo Covid e volontà di tornare al negozio fisico. Questo sempre cominciando in USA…

World of McIntosh Townhouse – McIntosh Experience Center (fonte:worldofmcintosh.com)

 

Ho spiegato in altri articoli la stratificazione del mercato e la necessità che importatori e negozianti si organizzino per questo mercato in continua evoluzione, sia dal lato produttori che dal lato offerta (fisica o online).

I recenti, e frequenti, cambiamenti di distribuzione di marchi, stanno ad indicare la volontà dei produttori di costruire gruppi sempre più grandi (es. Sound United) e cercare di governare il mercato.

Una realtà italiana che ritengo si muova tenendo presente queste trasformazioni, essendo contemporaneamente importatore e distributore/negoziante, è la Home Vision, facente capo a HiFi United.

Riuscirà ad essere la prima catena italiana paragonabile ad altri gruppi nord europei come HiFi Klubben o Sevenoaks, e quindi offrire un servizio unificato e altamente professionale, oppure vorrà vendere tutto a tutti come citato in articoli precedenti?

E per i piccoli produttori specializzati? Lo vedremo nel prossimo articolo.

(foto in evidenza: Focal by Naim Power Chess di Maurice Benayoun, fonte: www.focal.com)

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