Vintage. Oggi è una parola di moda, e quindi mutevole e passeggera, in attesa di un altra “novità”.
Però questo termine va’ considerato nei suoi due significati, rispetto al nostro mercato.
Il primo si riferisce al vintage “puro”, cioè in definitiva l’usato (ne ho scritto QUI), che ha un nutrito numero di appassionati che vanno dal cosiddetto “suono di una volta” agli estimatori delle apparecchiature costruite in un epoca dove c’era una forte concorrenza tra USA, UK e Giappone, che spingeva a costruire prodotti durevoli e performanti.
A volte si inseguivano false performance tipo la distorsione 0,00000…, che hanno poi mostrato i loro limiti e difetti.
Ma questo è un altro discorso, utile per un altro articolo.
Così come la potenza, prima la corsa al massimo, 100-200-300 Watts per canale (alcuni Sintoampli giapponesi), poi il minimo, single ended da 3 Watts…
Appunto mode, ma sto divagando.
Torniamo al vintage come viene inteso da alcuni costruttori oggi.
Sia dal mercato statunitense che inglese, si affacciano sul mercato diverse “riedizioni” di modelli di successo del passato, particolarmente degli anni 80.
Vengono riprodotte elettroniche, in genere con l’aggiunta di moderni ingressi digitali, ormai indispensabili, oppure diffusori di quell’epoca.
Su questi ultimi mi voglio soffermare, soprattutto riguardo a quella che era la situazione del mercato negli anni 80 e quella che è oggi.
Come ripetuto in altri articoli, in quegli anni , dove non c’era Internet e lo streaming audio e video, l’unico modo di ascoltare era comprando un impianto HiFi. La prima cosa che una giovane coppia desiderava per la nuova casa era proprio lo “stereo”.
Oggi c’è chi si accontenta di cellulare e cuffietta…
Il punto vero è che non ci sono più le condizioni di ascolto di allora, sia per lo spazio esiguo, o impossibile, di piazzare in salotto o in camera, degli “armadi” come certi diffusori che vengono riproposti secondo un disegno “vintage”.
La classica situazione di un giovane è di avere una scrivania con un monitor (vedi videogiochi che non c’erano allora) ed al massimo una piccola coppia di diffusori.
Analogo discorso può essere fatto per la giovane coppia che ha curato particolarmente l’arredamento della propria casa e non vuole “deturparlo” con sistemi ingombranti.
La soluzione di questa situazione è stata in parte suggerita in precedenza con il suggerimento del classico “trio” di sorgente, amplificatore integrato, piccoli diffusori.
Oppure, e lo sarà sempre di più in futuro, i diffusori amplificati.
Queste considerazioni si riferiscono alle nuove generazioni che, come ho più volte rimarcato, sono le uniche che, evolvendosi dal semplice ascolto del cellulare, potrebbero trasferire l’esperienza musicale ad un livello superiore.
Per gli altri, conoscitori e utilizzatori degli impianti audio e video, il “vintage” può rappresentare, quando si parla espressamente di usato, la possibilità di avere prodotti che si sognavano quando erano usciti, ma troppo costosi per loro, di poterli acquistare oggi ad un prezzo molto favorevole.
Servirebbe un articolo apposito per aiutare a discernere i vari prodotti usati, tra sorgenti, amplificazioni e diffusori.
Quello che si può dire subito è che la moda del vintage intesa come usato, offre dei rischi di sopravvalutazione dovuti al momento favorevole.
Anche per l’acquisto dell’usato, valgono i consigli e suggerimenti presentati in articoli precedenti, soprattutto quelli relativi alla “sinergia” tra le apparecchiature.
Ricordo a questo proposito la gerarchia fondamentale nell’assemblaggio di un sistema: ambiente, diffusori, amplificazione, sorgente.
Esattamente in questa sequenza.
Alla prossima.
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