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Sangue sudista: un testamento oltre la vita

sangue
Southern Blood, Gregg Allman, Rounder 2017

Southern Blood: così è intitolato l’ultimo album del mai dimenticato Gregg Allman. Il sangue sudista che ha caratterizzato un intero movimento musicale lungo 50 anni e profondo fino alle ossa della comunità rock americana. Un testamento spirituale in grado di andare oltre la vita, e la morte, del vecchio artista, e adagiarsi come un manto sull’intera cultura americana. In questo secondo servizio sulla chitarra elettrica proveremo a sondare questo capolavoro, noto fra i migliori album degli ultimi anni, raccontando la dimensione musicale dello stesso come la più autentica espressione del suo autore e della cultura sottostante.

Il sangue sudista non cessa di esistere, neanche se i grandi interpreti, i fondatori, di questa così cara cultura, sono scomparsi. Neanche la pandemia dell’ultimo anno e mezzo ha interrotto i Brothers, i reduci degli Allman che attraversano gli States per omaggiare l’indimenticato Gregg. Composta, perlopiù, dagli ex membri storici della band di Macon, questi hanno reso onore al cantante morto nel 2017, portando avanti la sua battaglia per il riconoscimento dell’unicità e della cultura del Southland, al di là di semplificazioni concettuali e generalizzazioni tanto care nel nostro Paese.

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Gregg Allman, All my friends show, 2014

Questi proponimenti ebbero, propriamente, luce nel 2017, quanto un ormai malato Gregg era alle prese con l’ultimo atto musicale della sua vita. Un tumore lo assaliva in profondo, non lasciandogli scampo, ma forse il tempo strettamente necessario per la composizione del suo testamento. Un testamento sul sangue sudista, che potesse sopravvivergli, al di là della morte e dell’ineluttabilità del tempo. Aiutato dai compagni di sempre, e dal caro amico Jackson Browne, Allman produsse un album fondato su materiale non originale. La salute, infatti, non gli permise di comporre altro che la entry song, costruita su un poderoso attacco chitarristico degno di Soulshine (1994), mentre il resto si compone di canzoni altrui.

All my friends

La forte personalità di Allman, unita alla sua voce blues profonda e tremendamente espressiva ha, però, trasformato nell’anima le canzoni da egli interpretate. Una soffusa vena drammatica, una consapevolezza profonda rispetto al suo destino, l’universalità dei temi trattati, hanno reso sue le canzoni di altri. L’interpretazione dei brani non ha avuto solamente come oggetto la vocalità e l’arrangiamento: addirittura il senso è stato plasmato alla luce del messaggio desiderato dal cantante.


I colleghi, gli amici, i musicisti si spersonalizzano a lato di Allman, partecipanti nello sforzo comune di supportare l’estremo atto dell’artista. Allman morì proprio alla fine del processo di produzione dell’album, nel momento in cui egli poteva, ormai, andarsene, poiché finita era l’opera. Riassettando gli ultimi dettagli della copertina, i volumi di uscita dei pezzi e l’ordine delle canzoni, Allman passò ai posteri una fulgida dimostrazione di rock americano e sangue sudista.

L’album

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Allman Brothers Band

L’album è pervaso da un suono del tutto particolare. Si tratta di un southern/country caratterizzato da armonie corpose e una chitarra magistralmente ragionata, suonata con delicatezza e vigore.

My only true friend narra dell’amicizia di una vita, ma in senso metaforico. È la musica, che mai smette di accompagnare il suo artista. Once i was raggiunge fra le vette più alte dell’album: è una melanconica ballata assai introspettiva. Black Muddy River, già capolavoro dei Grateful dead, è resa in maniera del tutto differente. Cristallina e potente, è un pezzo sulle origini, sulla rotta di casa, sulla completezza interiore che mai dev’essere perduta.

Una menzione particolare per un pezzo raro, poesia e bellezza, ma anche tormento che sa di vite perdute, di un tempo ineluttabile, orfano dell’avventura della giovinezza, della quale restano solo pallidi bagliori: Song for Adam. Qui, la voce rotta di Allman raggiunge abissi, fedelmente appoggiata da Jackson Browne, per terminare con un toccante assolo che si consuma soffusamente, ma resta vivo nella memoria, come il suo interprete.

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