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VU meters: delizia e problemi

VU meters
Un VU McIntosh.

Molti anni fa i VU meters non erano un lusso, né tantomeno uno stratagemma per impreziosire gli amplificatori. Erano uno strumento di necessità, atto ad indicare l’intensità del segnale. Attraverso un’ingegnosa risemantizzazione dell’oggetto, oggi il volume unit meter si sfoggia sui prodotti più cari e blasonati. Non è oro tutto ciò che luccica e, per molti, essi sarebbero alla base di molteplici problemi fastidiosi. Tra fan e detrattori, ce n’è per tutti. Vediamo allora di analizzare questa, bizzarra, questione.

Era il 1939 quando i primi VU meters furono messi a punto dalla CBS e dalla Bell. Il loro scopo era semplice: misurare, nella maniera più precisa possibile, l’intensità di segnale delle linee telefoniche.

L’applicazione al mondo audio non fu immediata. Col tempo, però, si comprese come questo strumento, nel frattempo sempre più affidabile e prodotto in massa, fosse utile per visionare la risposta dell’intensità del suono in un altoparlante acustico. Inizialmente adottato all’interno dei case delle amplificazioni professionali da studio e da concerto, passò, in seguito, ad essere adottato da un certo numero di produttori d’amplificazioni hi-fi.

Solo dagli anni Sessanta, però, questi iniziarono ad essere diffusi fra le amplificazioni d’alta fedeltà. In questo caso, pur trattandosi di una funzione utile per l’utente esperto al fine di comprendere esattamente il lavoro in atto fra amplificazione finale e diffusori, lo scopo primario era già un altro, di natura assai più stilistica che tecnica.


VU meters
McIntosh MC 2505, in produzione fra il 1967 ed il 1977, fu il primo modello della casa a sfoggiare i VU meters, che poi divennero il marchio di fabbrica mai più venuto meno.

Oggi nulla è cambiato, e i VU meters si sfoggiano per impreziosire lo stile e la possanza del finale sul quale sono incastonati.

Ad avere fatto scuola sull’accoppiamento fra meters e finali hi-fi (e addirittura preamplificatori) è, chiaramente, McIntosh. Fin dal 1967, con il suo storico MC 2505 a stato solido, pose sull’ampio frontale cristallino dei suoi modelli, due grandi VU meters di colore blu, uno per canale adeguatamente separati fra di loro.

VU meters
McIntosh MC 2300: uno dei primi super-amplificatori da 300/600w per utilizzo hi-fi. Passò alla storia per essere stato scelto da Jerry Garcia dei Grateful Dead per amplificare il loro concerto a Watkins Glen nel 1973. Fu il più grande live della storia con 600.000 persone. L’impianto costruito per l’occasione, con circa 26.000 w fu il più potente mai realizzato per un concerto rock.

Fra le molte voci ad animare il web, ed i negozi, si levano quelle degli irriducibili detrattori.

Come per tutte le questioni di stile, anche per quella relativa ai VU meters vi sono, da tempo immemore, nutrite polemiche. Per sintetizzare, fra alcuni appassionati, vi è la credenza che i VU meters siano un irrilevante abbellimento, addirittura in grado di condizionare il suono, visto il superfluo utilizzo di corrente.

Per i più, invece, vi sarebbero diversi problemi legati allo stesso funzionamento dei VU meters, i quali non risponderebbero con puntualità al segnale del diffusore. A cadere sotto queste accuse vi sono, in particolare, due marchi: il già citato McIntosh ed il brand francese Advance Paris.

Vediamo di precisare i due casi, al netto delle polemiche, spesso non confermate dalla prova dei fatti.

VU meters
Finale monofonico Advance XA 220 EVO (2021), da noi già visionato.

 

Alcuni utenti, parlando a proposito di McIntosh, si sono lamentati circa diffuse instabilità nel movimento dei VU meters di alcuni modelli  Mcintosh. Ad essere finito al centro del ciclone è, soprattutto, il finale MC 302, accusato di avere le lancette non sincronizzate con la musica. Per altri, poi, una delle due lancette sarebbe sempre più dura dell’altra e meno sensibile alla pressione sonora. Interpellando direttamente la McIntosh pare, però, che tali disguidi non siano mai stati notati dal brand. 

Vista la nostra esperienza con queste macchine, dobbiamo ribadire quanto appena riportato: mai riscontrati tali problemi né fra i finali, né fra gli integrati della casa americana.

Questa durezza è stata, però, un problema personalmente riscontrato nella penultima serie Xi ed Xa di Advance Paris. In alcuni modelli, infatti, si presentava il (comunque trascurabile) problema della maggior velocità di un meter rispetto all’altro, per l’appunto, più duro alla risposta.

Secondo gli addetti ai lavori, si trattava di questioni magnetiche, dovute al settaggio del meter in Cina, luogo di fabbricazione dei modelli, ed alla successiva traslazione all’altro capo del mondo. Sarebbero, dunque, questioni di latitudine ad essere colpevoli di questa sregolazione.

Pare, in ogni caso, come abbiamo potuto saggiare, che tutto sia stato risolto anche in casa Advance Paris con l’ultima serie, dotata dei nuovi VU meters.

© 2022, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.

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