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AFmusica: Superbass – Live at Sculler’s

Primo di due lavori registrati dal vivo presso lo Sculler’s Jazz Club in quel di Boston, vede all’opera tre maestri del contrabbasso acustico accompagnati da ottimi comprimari eseguire una selezione di brani scritti – a parte gli originali – da Monk, Shearing e Gerschwin, autori piuttosto noti nell’ambito jazz più classico. 

 

SUPERBASS LIVE AT SCULLER’S: IL DISCO

Un trio di (super)contrabbassisti non passa di certo inosservato, non fosse altro per il muro di suono che un simile strumento riesce a generare, figuriamoci tre esemplari, suonati per di più da veri e propri fuoriclasse dello strumento, ovvero Ray Brown, John Clayton e Christian McBride.

Un insieme assolutamente coeso malgrado la necessaria differenza di stile dei tre, ove Brown e Clayton rappresentano lo stile più classico con McBride nella parte del nuovo corso dei contrabbassisti – almeno all’epoca – considerando che questo lavoro risale al 1997.


Un intenso primo piano del mitico Ray Brown

 

Ad accompagnare i tre – rispettivamente pianoforte e batteria – troviamo Benny Green e Gregory Hutchinson di cui quest’ultimo, allora appena 27enne, definibile al pari di McBride un giovane eroe del genere.

Come scritto nell’anteprima, i pezzi scelti attingono alla tradizione jazzistica ed al songbook americano più classico, ed anche le composizioni originali si rifanno ad un sound che ne richiama gli aspetti maggiormente salienti, seppure, complice appunto la modernità di McBride e Hutchinson, l’assetto sonoro gode di una informale libertà espressiva.

Ed è molta la carne al fuoco per altro, servita ben calda, sapida e cotta a puntino, il che rende merito ai nostri eroi che hanno accuratamente evitato di mettere su uno show eminentemente muscolare, basato cioè su una generosa sovraesposizione di basse frequenze gratuita e tutto sommato inutile. Anzi, considerando l’obbiettiva difficoltà di rendere con un contrabbasso la melodia – non che non si possa fare, ma certamente non è così semplice dovendo necessariamente coinvolgere le corde più alte – è possibile comprendere quanto i tre siano davvero in possesso di quel mestiere che contribuisce ad una solida rappresentazione.

Il disco si apre con una una sorta di jingle che si ripete alla fine del concerto – titolato Super Bass Theme – una vera e propria sigla introduttiva composta appositamente per l’occasione, e già questo è un momento nel quale la potente espressività del trio si mette in mostra, quasi fosse una dichiarazione di intenti circa quello che di li a poco arriverà.

Segue Blue Monk (Blackey/Monk), un pezzo eseguito con rara sensibilità, sapientemente suddiviso melodicamente tra i tre senza inopportune digressioni che possano appesantirne l’interpretazione, caratterizzata da un irresistibile andamento walking; lo stesso vale per Bye Bye Blackbird (Henderson), la cui esecuzione è davvero piacevole.

Lirica e sognante la successiva Lullaby of Birdland (Shearing) , dove a farla da padrone in questo caso è l’archetto, la cui azione contribuisce alla poderosa risonanza delle casse armoniche degli strumenti magistralmente padroneggiati dal trio.

Gregory Hutchinson all’opera

 

Un discorso a parte lo merita Who Cares? (Gerschwin) il cui incipit è davvero devastante in quanto a frequenze basse, questo brano è forse l’unico che io abbia mai sentito in grado di rappresentare al meglio la potenza espressa da un contrabbasso e – soprattutto – l’espandersi nell’ambiente del caratteristico alone sonoro; notevole il solo di Hutchinson in questo brano, episodio dove questo valente musicista mette in mostra l’originale tratto percussivo alquanto tribale seppure perfettamente innestato nel contesto.

Insomma, qualsiasi portata si scelga dal menù non si resta delusi, veramente un gran disco.

SUPERBASS LIVE AT SCULLER’S: LA QUALITÀ SONORA

E qui viene davvero il bello – d’altronde parliamo di TELARC – una certezza assoluta in merito alla qualità della registrazione, aspetto che in questo caso è ulteriormente esaltato da una qualità ancora più elevata del solito.

Scorrendo l’elenco delle apparecchiature utilizzate per la registrazione/realizzazione di questo lavoro – accuratamente riportato all’interno del libretto che accompagna il CD – chi se ne intende non potrà non notare la qualità di queste con espresso riferimento ai marchi – BRYSTON, MIT, MONSTER CABLE tra gli altri – ovvero il meglio di quanto disponibile sul mercato, allora come oggi.

Considerando che si tratta di una registrazione dal vivo, contesto cui molti associano una certa evanescenza del suono unita ad una non esattamente alta qualità sonora – chissà perché poi – la ripresa è connotata dalla presenza del pubblico – in concreto piuttosto tranquillo, applausi finali a parte come giusto che sia – ed il palcoscenico riprodotto sembra piuttosto ravvicinato, come se si stesse seduti piuttosto vicini agli esecutori per intenderci. Questo conferisce all’ascolto un ottimo livello di dettaglio, sebbene sia del tutto assente quell’effetto “porta in faccia” che in qualche caso fa capolino in produzioni meno accurate.

I tre musicisti sono disposti a semicerchio, troviamo quindi Clayton sul canale sinistro, McBride sul destro ed al centro Brown, artefice dell’operazione SuperBass.

Esaminando da vicino la timbrica degli strumenti, appare ovvio come la parte del leone la facciano i contrabbassi, la cui ripresa è incredibilmente aderente a quanto percepibile dal vivo, ma ovviamente anche pianoforte e batteria sono molto ben ripresi.

Come già scritto qualche riga sopra, il brano che a mio avviso rende il disco davvero esplosivo è Who Cares? la cui iniziale introduzione di contrabbasso è resa con una potenza ed una maestosità semplicemente pazzesche, occorre davvero regolarsi con il volume pena danni seri ai woofer; a tal proposito il consiglio è quello di partire con un livello basso per poi – una volta ben compreso “l’effetto che fa” – aumentarlo fino al limite sopportabile e/o gestibile senza problemi dall’amplificatore e dai diffusori e, soprattutto, dall’ambiente.

Al pari di quanto raccomandato in questo articolo dedicato ai CD test di normale produzione, ovvero non specificamente destinati a tale uso, anche in questo caso le tracce contenute nel presente lavoro possono assolvere senza problemi al compito di disco test, maggiormente per quanto riguarda le basse frequenze, mai come in questo caso chiamate ad esibirsi con veemenza.

SUPERBASS LIVE AT SCULLER’S: QUALE EDIZIONE SCEGLIERE

Il disco di cui alla presente recensione è disponibile esclusivamente su CD, non avete quindi opzioni in merito alla selezione del formato più conveniente.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

 

 

 

 

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