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Recensioni e sincerità: binomio vincente?

In veste di appassionato di alta fedeltà mi trovo spesso a rileggere vecchi articoli, prove, saggi e recensioni varie pertinenti prodotti ormai appartenenti ad un passato più o meno recente. Lo faccio per non dimenticare ma soprattutto, questa è la parte a mio avviso più interessante, per confrontare come il tempo trascorso modifichi determinati percorsi.

Quella di scartabellare e rileggere le recensioni delle riviste accumulate nel tempo suppongo sia attività comune per un appassionato di Hi-Fi, un’operazione che ciclicamente si fa anche per il piacere di fissare meglio nella memoria concetti – nel caso di articoli tecnici ad esempio – che possano sbiadire col tempo perdendosi in una memoria sempre più labile col passare dell’età.

Si tratta di qualcosa che faccio sempre volentieri, mi riporta indietro nel tempo e trovo sia molto istruttiva, sia nei confronti dell’evoluzione dei costumi giornalistici avvicendatisi nel tempo, sia per meglio comprendere concetti magari sfuggiti all’epoca.

 

Ripercorrendo qualche recensione risalente agli anni ’70 è quasi inevitabile riscontrare una certa ingenuità, non perché i critici audio fossero a corto di nozioni o poco preparati – ci mancherebbe – ma perché in tutta evidenza differenti erano i riferimenti ritenuti essenziali all’epoca.


Qualcosa di molto diverso da ciò che sarebbe venuto in seguito, quando articoli fin troppo cervellotici e tecnici avrebbero partecipato a confondere le già torbide acque di un contesto non sempre chiarissimo.

Complice un seguito spesso pedissequo e privo di robuste fondamenta culturali in grado di far comprendere propriamente affermazioni para dogmatiche – talvolta davvero fantasiose e/o intenzionalmente criptiche – col tempo sono stati passati in rassegna molti aspetti dell’audio spacciati per basilari ma che poi, alla lunga, hanno dimostrato l’esatto contrario.

Basta rammentare uno dei più oscuri accessori che siano apparsi sul mercato, il famoso pennarello destinato al bordo dei CD atto a dipingerlo di verde scuro, colore che ovviamente era stato scelto a seguito di precisi studi sulla frequenza d’onda caratteristica e che altrettanto ovviamente era stato oggetto di recensione poiché sarebbe stato in grado di diminuire il jitter, questo almeno riportano le cronache dell’epoca.

Appare interessante notare, altresì, come determinati giornalisti – in possesso di quella che personalmente definisco onesta furbizia – fossero soliti caratterizzare la propria recensione mettendo le mani avanti circa gli inevitabili limiti posseduti dal dispositivo sotto esame.

Il mini-diffusore WILSON Tune Tot: malgrado il costo si aggiri intorno agli 11.500 euro la coppia la risposta in frequenza è limitata

 

Non solo, puntuale giungeva il suggerimento che laddove il candidato fosse stato inserito in idoneo ambiente – leggasi sistema audio e/o sinergia tra componenti – questo sarebbe stato in grado di esibire prestazioni comunque buone, pur a fronte dei limiti citati.

Ricordo a tal proposito la simpatica recensione di un diffusore bookshelf di piccole dimensioni – ma di costo elevato, circa 3.000 euro – la cui prestazione era definita eccellente pur se per ovvie ragioni – d’altronde è noto che le rape non danno sangue – la gamma bassa fosse necessariamente limitata.

Oltre a ciò, nel corpo della recensione era chiaramente evidenziato come il diffusore sotto test non fosse idoneo per una riproduzione ad elevato livello ne adatto per determinati generi musicali, nella fattispecie il rock e certa musica classica, tipicamente la grande orchestra romantica.

Infatti, ove questo eccelleva con quartetti d’archi o piccoli ensemble jazz, altrettanto manchevole appariva in altri contesti.

Una recensione assai onesta, realistica direi, se non altro per non creare indebite aspettative nel lettore che a causa dell’alto costo e del prestigio del costruttore avrebbe potuto ritenere tale modello il migliore in assoluto, pur a scapito delle dimensioni ridotte.

Leggendo con attenzione, si comprende facilmente come certe affermazioni siano in fin dei conti sincere, dettate da quella forma di concreta evidenza che dovrebbe sempre manifestarsi di fronte a dati incontrovertibili.

Le DALI modello Spektor 1: un ottimo mini-diffusore, a patto di non pretendere l’impossibile

 

Sempre meglio di quei report infarciti di nozioni tecniche quasi indecifrabili – pur acculturati in materia, non tutti sono in grado di leggere testi complessi e articolati come quelli correlati a teorie già di loro faticose da interpretare nel giusto senso – articoli sovente saltati a piè pari stante la loro pratica incomprensibilità.

Volete l’ebbrezza dei 20Hz flat? Allora non dovete prendere in considerazione determinati diffusori, non c’è niente da fare, pretendere prestazioni ultraterrene da qualcosa che per sua natura non ha la possibilità di fornirvele è oltremodo sciocco.

Pur avendo quindi la fortuna e l’onore di scrivere per AF Digitale, sono in primis anch’io avido e curioso lettore di quanto reperibile in rete – amo per quanto possibile il cartaceo, non per vezzo feticistico ma per formazione – e non manco di leggere con la debita attenzione molte delle recensioni disponibili sul web.

 

 

Non nego che talvolta ho come l’impressione di una sorta di girotondo investigativo fatto di ipotesi (spesso stravaganti) più che di oggettivi riscontri, qualcosa che mi lascia spesso con quel retrogusto di irrisolto.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

 

 

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