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Schiavi dell'(im)perfezione

Chiunque segua con passione l’alta fedeltà, conosce bene il percorso mentale che si cela dietro le scelte fatte nel tempo e con l’esperienza accumulata. Malgrado ciò, non è affatto raro il crearsi di una sorta di immobilismo mentale che porta a considerare un prodotto come assolutamente perfetto sebbene non lo sia affatto, ovvero non possa assolvere il compito assegnatogli sempre al meglio.

In altre parole, la perfezione non esiste.

IL PRODOTTO PERFETTO

Esiste il prodotto buono per tutte le stagioni? La risposta è no – e non potrebbe essere altrimenti – diversamente sul mercato troveremmo esclusivamente quel modello, punto e basta.

D’altra parte chi – sapendo che la perfezione esiste – vorrebbe qualcosa che presenta delle carenze? Sarebbe come acquistare consapevolmente un oggetto dalla limitata funzionalità, in qualche modo fallato.


Per questo motivo, il mercato è praticamente invaso da prodotti di ogni genere che ovviamente, stando almeno alle dichiarazioni dei produttori, vantano caratteristiche prossime alla perfezione o quanto meno in grado di andarci vicino.

Quanto appena descritto, è tanto vero quanto lo è che ogni prodotto potrebbe essere perfetto in modo relativo, allorquando inserito in un contesto nel quale potrebbe esprimere il massimo delle sue qualità.

Facendo un paragone di tipo automobilistico, a dispetto del fatto che due diverse vetture condividono molti aspetti, esiste una differenza immensa tra una comoda berlina ed un fuoristrada puro; nessuno si sognerebbe di scegliere la prima per partecipare ad una competizione nel deserto così come nessuno opterebbe per la seconda al fine di fare un lungo viaggio.

Ebbene, se queste considerazioni sembrano perfettamente normali nella circostanza appena narrata, la stessa cosa non sembra funzionare così nell’alta fedeltà.

ME NE FREGO!

Lungi da me il minimo richiamo all’oscuro periodo storico cui il titolo di questo paragrafo potrebbe far pensare, è invece verissimo che alcuni appassionati ragionano proprio in tal modo: se ne fregano altamente di acquistare un oggetto assolutamente svincolato dalle loro reali necessità.

È così che dentro piccoli ambienti è possibile rintracciare diffusori enormi, amplificatori la cui potenza basterebbe a sonorizzare uno stadio oppure – e secondo me è anche peggio – diffusori la cui tipologia di funzionamento appare inadeguata in relazione al genere ascoltato.

L’immagine mostra l’unico “sistema di diffusione” perfetto attualmente esistente

 

Non è la prima volta che si legge che un diffusore di qualità è in grado di riprodurre qualsiasi genere con la stessa precisione.

Si tratta di una balla, e pure bella grossa!!

Vediamo – in ordine inverso – ovvero a partire all’anello ultimo della catena di riproduzione, come la cosa si realizzi.

DIFFUSORI

Pensate per un momento ad un diffusore a tromba, ora fate mente locale e pensate ad un diffusore elettrostatico: vi sembra abbiano le stesse caratteristiche di emissione?

Tecnologicamente parlando sono distanti anni luce, e se uno dei due vanta caratteristiche “perfette” ai fini di un’eccellente riproduzione di un dato genere, non è detto che l’altro faccia altrettanto – ma soprattutto – deve necessariamente essere tenuto in conto come la considerazione sia perfettamente bidirezionale.

Per rendersi meglio conto di quanto vado affermando basta pensare alle specifiche modalità di funzionamento, totalmente differenti seppure – e non potrebbe essere altrimenti – identiche in linea di principio: entrambi devono muovere aria.

Un diffusore acustico – di qualsiasi genere esso sia – ha caratteristiche strettamente connesse allo specifico principio di funzionamento, ecco perché solitamente un elettrostatico ha difficoltà a gestire le basse frequenze, cosa che invece uno dinamico non ha.

Circa la parte alta dello spettro la cosa si inverte e se un elettrostatico vanta caratteristiche quasi inarrivabili in merito alla velocità di risposta, notoriamente elevatissima grazie alla bassissima massa della membrana, lo stesso non può dirsi per un dinamico.

Questo non significa che SOLO uno dei due suonerà bene, semplicemente che le modalità con le quali è raggiunto il risultato sono diverse: facile notare come la perfezione (continui) a non esistere.

Ed infatti, ai diffusori elettrostatici è sovente associato un woofer dinamico al fine di conferire quell’impatto che per forza di cose manca ad una membrana elettrostatica. Il motivo? L’escursione: di alcuni centimetri nel primo caso, limitata a pochi millimetri nel secondo.

Si tratta di qualcosa di non aggirabile tecnicamente, almeno fino ad oggi, circa il futuro non è possibile esprimersi al momento.

AMPLIFICATORI

Se un diffusore presenta caratteristiche ampiamente individuabili nell’immediato, purtroppo, così non è per gli amplificatori, i quali – fatta eccezione per esemplari le cui caratteristiche sonore sono chiaramente alterate al fine di ottenere un connotato personale in relazione alla riproduzione da essi fornita – necessitano di un periodo molto più lungo al fine di delinearne l’impronta sonora.

Ma anche in questo caso la perfezione non esiste.

Ricordo a tal proposito un’interessante ditta romana – la HEAD – la cui produzione di amplificatori (ma anche di interessanti diffusori omnidirezionali di un certo livello) è dichiaratamente tendente ad un suono valvolare seppure si tratti di esemplari a stato solido.

Il caratteristico tratto sonoro, è ottenuto aggiungendo al segnale le tipiche caratteristiche delle valvole – ovvero un certo quantitativo di distorsione di seconda armonica, ma non solo – operazione questa che rende il suono di questi amplificatori molto simile ad un esemplare a tubi.

Occorre poi rammentare, come ormai da parecchi anni siano disponibili amplificazioni ibride valvole/transistor creati allo scopo di unire “…il meglio delle due tecnologie annullando i rispettivi difetti e le criticità…“, intento certamente positivo nella continua ricerca del migliore risultato sonoro.

SORGENTI

Non sono chiaramente assenti sorgenti che tentano di connotare la riproduzione attraverso differenti sistemi, per quanto riguarda quelle digitali l’uso di stadi d’uscita a valvole oppure di un certo tipo di DAC.

Un giradischi ha parecchie opzioni: a partire dal tipo di trazione, passando per il sistema di isolamento, il braccio e la testina, è possibile caratterizzarne le prestazioni in modo piuttosto efficace.

Ovviamente è possibile intervenire ulteriormente tramite accessori – elettronici o dall’azione meccanica – che possano ulteriormente rifinire/alterare e, si spera, migliorare la riproduzione sonora tramite la loro azione; è il caso dei diversi sistemi di isolamento/accoppiamento come le basi espressamente previste per i giradischi.

E non dimentichiamo i cavi, croce e delizia di molti appassionati che li usano a mo’ di equalizzatore ove, non completamente soddisfatti del proprio sistema di riproduzione, tentano di raggiungere la perfezione sonora in un modo che potremmo definire quasi alchemico.

CONCLUDENDO

Poche ma significative parole possono riferirsi ad un sistema universale non esistente, ragione per la quale è perfettamente inutile fissarsi in modo rigido su determinati concetti.

Molto più utile assemblare un impianto correttamente improntato al genere di musica ascoltato e – soprattutto – ai nostri gusti, saranno soldi ben investiti e molto più alto sarà il grado di soddisfazione che otterrete.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

© 2022, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.

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