Spesso considerate in base alla provenienza geografica, molte aziende produttrici di elettroacustiche – specialmente quelle del nord Europa – sono sovente accusate di possedere una timbrica fredda ed un dettaglio chirurgico, circostanza che in qualche modo le ha rese indigeste agli appassionati. Ma è veramente così che stanno le cose?
GEOSOUND
Esiste un momento in cui qualcuno ebbe l’idea di definire l’assetto sonoro dei diffusori in base alla loro provenienza geografica. Termini come suono nordeuropeo, ovvero caratterizzato da una certa evidenza della parte alta dello spettro cui sovente si univa una parte bassa piuttosto in evidenza divennero alquanto normali.
Ancora oggi in effetti, non è così infrequente sentir parlare di European sound – a tal proposito basta scorrere le caratteristiche tecniche di molti produttori per leggere che il prodotto è stato sintonizzato secondo il gusto europeo, soprattutto in relazione alle elettroniche – perfino nei riguardi di certa produzione jazzistica, vedasi le opere edite a marchio ECM.
Probabilmente – si tratta di una mera ipotesi – a causa della nota maestria di certi paesi nel trattamento delle materie prime legate alla meccanica di precisione, si veniva a creare una sorta di sovrapposizione mentale che riconosceva tale assoluta precisione anche alla timbrica dei diffusori.
La stessa cosa accadeva con i diffusori americani ed inglesi, ai quali ci si riferiva nell’ambito di suono americano o suono inglese, intendendo nel primo caso una qual certa opulenza, ovvero una virtuosa ed immancabilmente corretta riproduzione nel secondo.
ANATOMIA DI UN SUONO
Ho sempre avuto un occhio di riguardo per i diffusori da abbinare all’impianto, se non altro perché mi resi subito conto di quanto fossero evidenti le differenze in un confronto on-the-fly tra diversi amplificatori e diffusori: nel primo caso erano praticamente inudibili, nel secondo avvertibili da chiunque.
All’epoca non era infrequente trovare nei negozi di settore intere “pareti” composte da diffusori collegati ad una centralina che consentisse l’alternanza all’ascolto. In questo modo era possibile effettuare un confronto di tipo A-B a partire da un impianto HI-FI di base, confronto che per quanto potesse essere – a detta di qualcuno – un po’ rustico (e perché mai?) consentiva di farsi un’idea immediata piuttosto realistica.
E proprio l’alternanza all’ascolto di diversi sistemi, logicamente equiparabili tra loro, consentiva di comprendere nell’immediato quale diffusore fosse maggiormente aperto (oppure chiuso) in base al profilo timbrico espresso.
HECO, insieme a MAGNAT e CANTON, erano tra gli esponenti più noti della produzione tedesca di quel periodo, contesto nel quale imperavano i diffusori Made in USA o UK – oltre a qualche azienda italiana tipo la mai troppo compianta ESB oppure la RCF, ancora oggi attiva ma solo nel professionale – ed in questo tipo di confronti non tardavano ad evidenziarsi le caratteristiche maggiormente evidenti di un suono che di trasparenza e precisione faceva il proprio stendardo.
Per quanto se ne dica, in un sistema ad alta fedeltà che si rispetti è proprio il diffusore a fare la differenza, letteralmente. Ne abbiamo già parlato in questo articolo, proprio allo scopo di far comprendere come talvolta l’insoddisfazione sonora si possa nascondere in un componente che magari non si ritiene colpevole ma che invece – proprio perché anello ultimo della catena di riproduzione – è proprio quello che conferisce il connotato sonoro maggiormente evidente.
Proprio a partire da questo spunto vorrei parlarvi di questo eccellente diffusore al quale, in ossequio ad una consuetudine abbastanza nota da parte dei produttori teutonici quando si tratta di evidenziare elevate qualità, è stato assegnato un nome italiano: Belladonna.
HECO BELLADONNA: TECNICA E DESIGN
L’impatto estetico delle HECO Belladonna è di quelli forti: alluminio e legno di ciliegio ottimamente lavorati sono alla base della fattura di questo diffusore, un due vie in configurazione reflex di dimensioni non eccessive ma nemmeno definibile uno shoebox come si dice solitamente; parliamo comunque di circa 46 x 45 x 30 cm che con lo stand (incluso) chiaramente aumentano.
Può essere usato anche privo di stand, ma data la mole e l’indubbia bellezza della fattura dubito che sarà installato all’interno di una libreria, sono anzi certo che la collocazione scelta di preferenza lo vedrà in bella evidenza nel salotto buono; lo stand, tra l’altro, consente di raggiungere la giusta elevazione da terra.
Due vie con woofer da 200 mm in carta Kraft (materiale per cui l’azienda è famosa) e tweeter con membrana in seta da ben 30 mm – dimensioni affatto disprezzabili quindi – che consentono a questo diffusore di dichiarare una risposta in frequenza di 34Hz-38KHz (+3/-6dB) con un minimo posto addirittura a 28Hz (!) – dato forse leggermente ottimistico – ma posso assicurarvi che quello che ho sentito è davvero appagante, sorprendente per taluni versi, ragione per la quale è perfettamente inutile fissarsi con i numeri.
Crossover con pendenze elevate (18dB/ottava) e componentistica ovviamente selezionata; è anche presente – vivaddio! – un quinto connettore adibito all’attenuazione/incremento entro 2dB dell’emissione del tweeter, una possibilità per poter meglio interfacciare il diffusore con l’ambiente e/o i gusti personali.
E comunque, non è davvero questo un caso in grado di sollecitare il WAF in maniera negativa, piuttosto, sono sicuro che la sua bellezza, la presenza delle HECO Belladonna in ambiente sarà considerata al pari di un mobile d’arredo di quelli ben realizzati.
HECO BELLADONNA: IL SUONO
Calore e morbidezza sono la caratteristica che le Belladonna manifestano successivamente all’emissione delle prime note. Segue un basso ottimamente sostenuto e caratterizzato da un lieve allungamento della coda – che a me piace moltissimo – poiché conferisce un decadimento più lento agli strumenti a corda, eccellentemente riprodotti.
L’attenuazione del tweeter comporta un lieve arretramento della gamma – evidentemente si è preferito ridurre l’emissione a partire da un certo punto piuttosto che zittire qualche frequenza considerata inopportunamente in evidenza – azione assimilabile ad un allontanamento fisico del diffusore rispetto al punto d’ascolto (o viceversa), cosa che in unione ad una certa rotazione – sebbene il driver delle alte frequenze possieda un’ampia dispersione – consente di bilanciarne l’emissione in modo piuttosto efficace.
Molto belle le voci, sia le maschili che le femminili – a tal proposito ci vengono in aiuto Diana Krall e Gregory Porter, di cui potete leggere la nostra recensione – ove ad una giusta presenza, si aggiungono corpo e spessore tali da renderle quasi tangibili.
Incredibili per taluni versi le percussioni! Complice il decadimento descritto qualche riga sopra, tranne che la registrazione non sia valida – ma qui non se ne fa uso – la riproduzione della grancassa nella Sagra della primavera di Stravinskij (ed. Telarc) è immanente e profonda.
CONCLUSIONI
Davvero un eccellente diffusore, ottimamente ingegnerizzato, altrettanto ben costruito e dotato di prestazioni superiori, tali da giustificarne il costo: circa 5000€ di listino, seppure lo street price sia al momento attestato tra i 4000€ ed i 4500€.
Non è poco in assoluto me ne rendo conto, ma se penso a certi modelli chiaramente sovra prezzati, le cui prestazioni saranno anche ottime (e nemmeno sempre a dispetto del costo) ma totalmente slegate dal reale valore del manufatto, non posso esimermi dal considerare il rapporto Q/P – alla luce del quale – il prezzo richiesto da HECO per una coppia di Belladonna può essere considerato addirittura conveniente.
Come al solito, ottimi ascolti!!!
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