La tecnologia Hi-Fi è sempre stata destinataria di continui raffinamenti tesi all’incremento delle prestazioni sonore, maggiormente quelle connesse alla spazialità ed all’ampiezza della risposta in frequenza di un sistema Hi-Fi di livello elevato.
Fin dagli albori della Stereofonia – invenzione dovuta al compianto Alan Blumlein – il miglioramento continuo dei sistemi di riproduzione Hi-Fi, soprattutto quelli di diffusione sonora, ha rappresentato l’essenza stessa di questo concetto, inevitabilmente collegato a ciò che le elettroniche e le elettroacustiche sono in grado di fornire in merito a prestazioni sonore.
Il termine stesso, da cui per crasi deriva Hi-Fi (High Fidelity), richiama alla mente la correlazione esistente tra evento reale e sua riproduzione, qualcosa che ancora oggi – sebbene sia stata praticamente da sempre indagata in lungo ed in largo – continua a non essere esattamente sovrapponibile, ciò a fronte dei notevoli, evidenti ed indiscutibili progressi fatti nel tempo dalle elettroniche dedicate.
Evidentemente qualcosa sfugge, ed è nostra opinione che continuerà a farlo per parecchio tempo, stante l’impressione che si continui a girare intorno al concetto senza andare oltre più di tanto, circostanza di cui lampante dimostrazione sono i ripetuti corsi e ricorsi storici puntualmente messi in atto.
Chiaramente di progressi ne sono stati fatti, sufficiente è pensare al tipo di suono attualmente ottenibile anche da un sistema Hi-Fi non necessariamente costoso come quello rappresentato nella sottostante immagine, anzi, è sovente possibile raggiungere ottime prestazioni senza spendere cifre troppo elevate.
Ne abbiamo più volte parlato in molti degli articoli che ciclicamente proponiamo ai nostri lettori – ad esempio in questo – dove a fronte di una spesa contenuta, tranne che non si ricerchi la perfezione assoluta, la soddisfazione è assicurata.
In ogni caso, ai tempi del massimo splendore dell’impero audio – orientativamente a partire dagli anni ’70 fino al nuovo millennio – la ricerca audio era alla base delle proposte dei vari costruttori, tanto che non era affatto difficile rintracciare advertising che richiamassero lo sforzo tecnologico profuso dall’azienda al fine di ottenere prestazioni elevate.
Classici erano, ad esempio, i circuiti di amplificazione che facevano il verso alla Classe A – le cui prestazioni sono notoriamente ritenute alla base della superiore qualità sonora che esprimono alcune amplificazioni che ne fanno uso – di cui attuale esempio sono i prodotti del costruttore transalpino ADVANCE PARIS, noto per l’interruttore High Bias presente su retro delle amplificazioni da questo commercializzate.
Questo impegno ha sovente portato alla creazione di circuitazioni eccezionalmente performanti – soprattutto in riferimento al blocco di alimentazione – qualcosa che a tutt’oggi è presente all’interno dei vari dispositivi in vendita, malgrado talvolta se ne parli poco o per nulla, intendendo con ciò che spesso si dà per scontata la presenza di tecnologia avanzata a bordo.
Il finale di potenza anni ‘90 ONKYO M-504 Integra ad esempio – insieme al compagno P-304 – erano un notevole esponente di quella genia di sistemi di amplificazione prodotti da questa storica azienda giapponese, ed entrambi vantavano un alimentazione particolarmente curata, soprattutto quella del finale, basata su ben tre trasformatori – due dedicati ai rispettivi canali ed un terzo che forniva energia extra laddove fosse richiesta – in unione ad una sezione di filtro composta da 8 condensatori da 9000mF, il che conferiva a questo finale un notevole spunto di corrente consentendogli di pilotare senza il minimo sforzo ostici sistemi di altoparlanti.
Top della serie era il fantastico M-510 Grand Integra, un bestione costruito senza riserve che all’epoca costava la bellezza di ben 12.000.000 di lire, non certo economico quindi, molto performante però, il che giustificava la spesa da sostenere per entrarne in possesso; in ogni caso siamo lontani dalle folli cifre richieste attualmente in qualche caso.
Idem dicasi per le sorgenti, dove vari sistemi tesi al “riscaldamento” del suono prodotto da quelle digitali divenne molto presto il principale obiettivo delle aziende specializzate, PIONEER e DENON in primis, ben presto seguita da altre concorrenti.
Poi venne il buffer…
Uno dei sistemi maggiormente (tuttora) utilizzati è stato quello di introdurre un sovracampionamento che aumentasse virtualmente la qualità del segnale digitale rendendolo più ricco di contenuto, sistemi come l’AL32 Processing Plus di DENON attualmente utilizzato da questa eccellente azienda ne costituiscono un esempio.
Moltissimo è poi stato fatto lato elettroacustiche, dove la ricerca e l’uso di materiali compositi e/o differenti dalla solita carta – nuovamente considerata e (ri)messa in gioco, tanto per dire – il continuo raffinamento dei crossover e soprattutto i progressi pertinenti il ciclo di produzione dei driver hanno consentito di raggiungere prestazioni fino a qualche tempo prima in concreto impensabili.
In altre parole, si potrebbe affermare che una porzione del crossover – inteso in questo caso come elemento in grado di linearizzare le prestazioni dell’altoparlante – sia parte integrante del driver, circostanza che risolve in partenza molti aspetti del progetto.
Al momento quindi, molte delle tecnologie utilizzate attingono (come spesso accade) dal passato più o meno recente – revisione più revisione meno – senza che vi siano effettivi sconvolgimenti del sistema audio attualmente vigente, anzi, talvolta sembra che la riscoperta sia alla base dell’innovazione, un aspetto che la dice lunga su ciò che conta davvero.
Tutto ciò, sottacendo il ciclico, altalenante e fin troppo sinusoidale andamento dei gusti degli appassionati il quale – complice talvolta una certa (sub)cultura musicale – è puntualmente sottoposto ad inopportune revisioni.
Come al solito, ottimi ascolti!!!
© 2024, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.