Android limita ancora la riproduzione audio bit-perfect, ma nuove funzioni, app dedicate e la pressione dei consumatori potrebbero finalmente aprire la strada a un vero audio di qualità
L’audio bit-perfect sugli smartphone Android rappresenta una delle questioni più dibattute nell’ecosistema dell’hi-fi mobile, con implicazioni tecniche che spesso non vengono adeguatamente comunicate agli appassionati. Il sistema operativo mobile di Google presenta infatti ancora oggi limitazioni architetturali che impediscono, nella configurazione standard, la riproduzione di audio veramente bit-perfect, creando una situazione paradossale in cui servizi di streaming hi-res come Tidal e Qobuz (e più recentemente Spotify Lossless) non riescono a esprimere completamente il loro potenziale qualitativo.
Android adotta per design un approccio di ricampionamento universale (resampling) che converte automaticamente tutti i flussi audio a 48kHz, indipendentemente dalla frequenza di campionamento originale del file (44,1, 48, 96, 192 kHz, ecc.). Questo comportamento, pensato per garantire compatibilità e stabilità su un’ampia gamma di hardware, rappresenta un ostacolo significativo per chi desidera ascoltare musica in qualità audio bit-perfect senza alterazioni. Il sistema operativo infatti instrada tutto l’audio attraverso un mixer software che applica controlli di volume, equalizzazione e altri effetti di sistema, introducendo inevitabilmente modifiche al segnale digitale originale.
La problematica assume particolare rilevanza considerando che alcuni smartphone Android top di gamma integrano convertitori digitale-analogico di qualità elevata, teoricamente capaci di gestire formati hi-res fino a 24-bit/192kHz. Tuttavia, il collo di bottiglia rimane a livello software, dove le API audio standard di Android non permettono alle applicazioni di bypassare completamente il mixer di sistema.
Un’eccezione è rappresentata dai DAP hi-res. A differenza degli smartphone, molti di questi player audio portatili basati su Android non usano infatti l’audio stack standard di Google, ma i produttori implementano un percorso audio parallelo o un driver proprietario che comunica direttamente con il DAC interno del lettore, bypassando il ricampionamento a 48 kHz. In questi casi, il sistema operativo può ancora essere Android in apparenza, ma il flusso audio hi-res passa per un motore audio dedicato, indipendente dal mixer di sistema.

Soluzioni software specializzate
Per aggirare le limitazioni sugli smartphone Android, sono state sviluppate applicazioni che implementano driver audio personalizzati, capaci di comunicare direttamente con l’hardware del dispositivo. L’app USB Audio Player Pro (UAPP) da 8,49 euro rappresenta la soluzione più consolidata in questo ambito, utilizzando un approccio che bypassa completamente il percorso audio standard di Android. L’applicazione implementa infatti driver USB proprietari che permettono la connessione diretta con DAC esterni, garantendo output bit-perfect senza ricampionamento.
Hiby Music (gratuita) e Neutron Music Player (10,99 euro) offrono approcci alternativi, con la prima che si concentra sulla compatibilità con una vasta gamma di dispositivi audio portatili, mentre la seconda implementa un motore DSP avanzato mantenendo la capacità di output bit-perfect. Queste applicazioni richiedono generalmente l’utilizzo di DAC USB esterni per esprimere completamente le loro potenzialità, poiché l’accesso diretto al chip audio interno rimane limitato dalle restrizioni di sicurezza di Android.
Il supporto nativo in Android 14
Nel 2023, Google ha introdotto in Android 14 il supporto nativo per l’audio lossless USB, portando potenzialmente a una svolta significativa per l’ecosistema hi-fi mobile. La nuova implementazione include la classe AudioMixerAttributes, che permette alle applicazioni di configurare attributi del mixer come frequenza di campionamento, maschera dei canali e comportamento del processore audio, consentendo quindi l’invio diretto del segnale senza mixing, regolazione del volume o effetti di elaborazione.

Tuttavia, questa funzionalità richiede implementazione specifica da parte degli sviluppatori di applicazioni e supporto dai produttori di dispositivi, limitando attualmente la sua diffusione. I test condotti su dispositivi Pixel con Android 14 e 15 mostrano che il supporto bit-perfect nativo non è ancora completamente operativo nella pratica quotidiana e che quindi non ha ridotto la necessità di soluzioni software alternative.
Tidal e Qobuz: potenzialità e limitazioni
I servizi di streaming hi-res come Tidal e Qobuz offrono milioni di brani in formati di alta qualità, ma la loro efficacia sui dispositivi Android dipende criticamente dall’applicazione utilizzata per la riproduzione. Le app native di questi servizi subiscono le limitazioni del sistema audio Android, risultando in un ricampionamento che vanifica i benefici dell’audio hi-res.
UAPP integra nativamente il supporto per Qobuz e Tidal, permettendo quindi lo streaming diretto con qualità bit-perfect quando si utilizza un DAC USB esterno. Questa configurazione consente di accedere effettivamente ai cataloghi hi-res di questi servizi nella loro qualità originale, bypassando completamente le limitazioni del sistema operativo.

UAPP però non supporta nativamente l’integrazione con Spotify Lossless, limitandosi esclusivamente a Tidal e Qobuz per lo streaming diretto. Questa mancanza di supporto deriva da decisioni strategiche specifiche del servizio di streaming svedese, che ha esplicitamente rifiutato l’implementazione di driver USB diretti per bypassare il sistema audio Android.
Il risultato è che l’applicazione nativa di Spotify, anche nella nuova modalità Lossless, opera attraverso il mixer standard di Android senza possibilità di bypass. Questo significa che anche con contenuti teoricamente lossless, il percorso audio rimane compromesso dalle limitazioni architetturali del sistema operativo, vanificando gran parte dei benefici dell’upgrade qualitativo.
Tutto quanto scritto finora si riferisce a un ascolto cablato tramite DAC USB esterni, che è anche l’unico scenario in cui è possibile ascoltare davvero audio hi-res con uno smartphone Android. Con un setup wireless, infatti, anche sfruttando i codec audio Bluetooth più performanti come LDAC e aptX Lossles (comunque superiori al codec standard SBC) non si può parlare di una vera e propria esperienza bit-perfect, dal momento che per limiti di banda il Bluetooth comporta sempre e comunque un ascolto con perdita di dati più o meno significativa.

Soluzioni ce ne sono?
Tornando al discorso principale di Android e audio bit-perfect, una possibile evoluzione per non costringere a usare app di terze parti sarebbe l’introduzione di un cambio automatico della frequenza di campionamento, come già avviene su macOS e Linux. In questo modo, il sistema potrebbe adattarsi dinamicamente al contenuto, passando da 44,1 a 48, 96 o 192 kHz a seconda della sorgente, evitando conversioni superflue e mantenendo l’integrità del segnale originale.
Un’altra miglioria auspicabile riguarda la possibilità per le app di streaming di accedere direttamente al DAC del dispositivo aggirando il mixer audio di Android. In passato, ad esempio, Tidal offriva una modalità “direct-to-DAC” che garantiva un percorso del segnale più puro, ma la funzione è stata poi rimossa. Ripristinare opzioni simili permetterebbe agli utenti di sfruttare appieno le potenzialità dei propri smartphone e dei contenuti audio di alta qualità.
Allo stesso tempo, sarebbe utile una maggiore trasparenza da parte dei servizi musicali. Avvertimenti chiari ed espliciti come “Su Android, la riproduzione può essere ricampionata a 48 kHz” aiuterebbero gli abbonati a capire esattamente cosa stanno ascoltando e per cosa stanno pagando. Una comunicazione più onesta non solo tutelerebbe il consumatore, ma favorirebbe anche un dialogo più consapevole tra utenti, sviluppatori e produttori di dispositivi.
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