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HECO AURORA 300: poca spesa immensa resa

Nell’ipotetica cantina che ospita piccole botti contenenti eccellente vino, non possiamo dimenticare di inserire quella relativa al diffusore oggetto di questo test, un modello di piccole dimensioni le cui prestazioni, in rapporto al costo, sono davvero stupefacenti.

Non è la prima volta che ci occupiamo di diffusori prodotti da questa eccellente ditta teutonica – qui un test delle Belladonna – una categoria che stante le sempre più ridotte dimensioni dei locali costituenti un appartamento medio, sembrano incontrare sempre di più il favore degli appassionati.

Soprattutto le consorti, usualmente restie ad accettare l’invasione del proprio regno da parte di orrendi parallelepipedi, sono le più coinvolte in questo processo, anche per la mancata sollecitazione del WAF – leggete questo articolo a tal proposito – un elemento essenziale allorquando si debba scegliere qualcosa da inserire in ambiente.

Ovviamente la coppia di elettroacustiche in esame, scelte anche per la loro indubitabile attrattiva estetica, non appare in grado di infastidire più di tanto lo studiato assetto del mobilio, anzi, potrebbe contribuire a nobilitare l’ambiente destinato ad ospitarle.


HECO AURORA 300: viste da vicino

Due vie in reflex con sbocco posteriore e possibilità di biwiring sono le caratteristiche che balzano immediatamente all’occhio ad una semplice iniziale osservazione.

La finitura è definita nera oppure bianca, ma in realtà il diffusore è rivestito con una copertura vinilica ad imitazione legno – di eccellente fattura devo dire – disponibile in versione noce/wenge oppure quercia/frassino chiara, probabilmente tali colorazioni sono riferite al pannello frontale che senza soluzione di continuità si trasforma in quello superiore.

Coerentemente con la finitura, la griglia di protezione dei due altoparlanti – di tipo magnetico disposta su un robusto telaio – presenta colorazione nera oppure bianca.

E parlando degli altoparlanti, la dotazione si compone di un woofer da 170 mm con cestello in acciaio, cono in carta Kraft – una particolare tipologia di carta cui i produttori tedeschi sono particolarmente affezionati – sospensione in gomma e grosso complesso magnetico in ferrite, al quale si aggiunge un tweeter da 28 mm dotato di cupola in seta, ferro-fluido nel traferro e doppio magnete in ferrite.

Da notare la particolare flangia di cui è dotato il tweeter, il cui andamento ad onde, agisce proprio interrompendo le nefaste diffrazioni che potrebbero interferire negativamente con la timbrica alterando la prestazione.

La parte posteriore non riserva sorprese, essendo dedicata allo sfogo del condotto reflex – svasato, ottimamente rifinito e ben ancorato al pannello mediante quattro viti a brugola – ed ospitante un pannello in alluminio contenente i quattro connettori placcati oro e rivestiti in metacrilato trasparente atti alla connessione dei cavi provenienti dall’amplificatore.

E veniamo ai principali dati tecnici dichiarati: sensibilità pari a 90dB, risposta in frequenza compresa tra 32 e 42.500 Hz (!!) ed infine impedenza, asserita come rientrante entro i canonici 4-8 ohm.

Fossero reali, ci sarebbe da gridare al miracolo.

Non nego che, in effetti, proprio il dato dichiarato circa la risposta in frequenza ha attratto il mio interesse verso i suddetti diffusori, qualcosa che talvolta nemmeno grandi esponenti da pavimento si permettono di dichiarare, figuriamoci un diffusore di queste dimensioni.

Si sa che le sorprese in alta fedeltà non mancano, ragione per cui prima di stracciarsi le vesti preda di un vigoroso disappunto, meglio sarebbe ascoltare con le proprie orecchie per poi, eventualmente, criticare negativamente.

In ogni caso – ciò che traspare fino a questo momento – è una non comune cura costruttiva unita a notevoli spunti tecnici affatto banali ma anzi efficaci, pur in una generale economia realizzativa.

HECO AURORA 300: l’ascolto

E finalmente veniamo all’ascolto, l’aspetto che a prescindere dalla parte estetica – comunque interessante – rappresenta il maggiore elemento di interesse verso un diffusore.

L’impianto utilizzato è quello per me consueto: sorgente digitale MARANTZ SA-7001 in unione ad una coppia di amplificatori entrambi integrati ma di diversa tecnologia, ovvero l’ibrido valvole/stato solido MAGNAT MA-900 (130 w/ch) ed il LINE MAGNETIC LM211ia (15/32 w/ch), diffusori di riferimento POLK AUDIO SDA 1C.

Cavi di potenza terminati con banane di ottima fattura ma niente di particolarmente esoso, solo dei buoni cavi in ottimo rame OFC, punto.

Diffusori disposti a circa 50 cm dalla parete posteriore – cui sono perfettamente paralleli – e distanziati tra loro di circa 180 cm con punto d’ascolto a 2.5 metri.

Proprio il dato dichiarato relativamente alla risposta in frequenza mi spinge ad iniziare l’ascolto in maniera oltremodo cattiva, visto che inserisco nel lettore l’ottimo “Super Bass – Live at Sculler’s” (Telarc) e faccio partire la traccia 5, ovvero Who cares, il cui incipit di contrabbasso metterebbe in difficoltà più di un diffusore.

E dico subito che potrei anche concludere qui la recensione, non senza una spiegazione ovviamente.

L’attacco mi lascia davvero basito, tanto che all’inizio mi attraversa la mente il pensiero che a suonare siano i miei diffusori di riferimento – ben altra stazza e prestazioni, anche in virtù del caratteristico sistema di emissione SDA – ma ovviamente si tratta di un lampo perché so benissimo che non può essere così.

Mi domando allora da dove escano i bassi che sento ma tant’è, ciò che arriva alle mie orecchie non è affatto manchevole, anzi, non è proprio possibile criticare nulla, certamente avendo bene a mente la tipologia di diffusore sotto esame.

Sapete poi, forse, che mi diletto a suonare la batteria, motivo per il quale ho ben presente il suono di questo strumento, e ciò che mi colpisce sono le spazzole con le quali Gregory Hutchinson percuote le pelli, di un realismo incredibile.

Insisto con Joshua Redman – gli eccellenti Moodswing e Timeless tales (for changing times) – altri dischi piuttosto cattivelli (soprattutto il secondo) dal punto di vista delle basse frequenze.

Sorprendente per certi aspetti, d’accordo che la tecnologia va avanti ma qui si esagera decisamente, si diventa in concreto preda del dubbio più feroce circa la realtà di certe cose.

Per il resto ottime prestazioni in generale: medio alte mediamente morbide – molto dipende dal resto dell’impianto ma non ho comunque riscontrato eccessi in nessun senso – ottima tenuta in potenza, soprattutto sul versante basse frequenze e voci rese con ottima spazialità, merito probabilmente della particolare flangia del tweeter Fluktus.

Prezzo: il listino di 480 euro prevede una scontistica abbastanza elevata che in alcuni casi porta a reperirle a circa 300 euro, anche meno cercando bene.

Straordinarie!

Come al solito, ottimi ascolti!!!

 

 

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