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AFmusica – Joshua Redman – Moodswing

Ed eccoci a raccontare un disco di rara gradevolezza, un lavoro datato 1994 che non merita di passare inosservato, soprattutto agli occhi dell’appassionato del buon suono, sempre alla ricerca di lavori degni di essere acquistati sia per il merito tecnico che artistico. Un lavoro in concreto utilizzabile come disco TEST stante l’elevatissima qualità sonora.

 

Joshua Redman – Moodswing: il disco

Non sfugge alla regola Moodswing dell’eccellente sassofonista Joshua Redman – lavoro risalente al 1994 ma che non sembra subire minimamente l’affronto del tempo – dopo innumerevoli ascolti, infatti, non c’è la minima traccia di fatica o l’impressione di ascoltare qualcosa di vecchio ormai superato, il che garantisce in merito all’attualità della proposta.

Il trio originariamente presente in Moodswing

 

Questo lavoro vede all’opera lo storico trio formato da Brad Mehldau al pianoforte, Christian McBride al contrabbasso e Brian Blade alla batteria, oltre ovviamente a Redman al sassofono, e lo definiamo storico poiché nel tempo ci sono stati parecchi avvicendamenti che hanno visto l’alternarsi di altrettanto validi musicisti.


Il medesimo gruppo si è poi riunito nel recente Round Againda noi qui recensito – lavoro del 2020 nel quale è confluita tutta l’esperienza accumulata nel tempo dai singoli musicisti, che in differente modo hanno prodotto ottimi e diversificati lavori, chi più legato agli standard chi tendente all’innovazione.

Come ho già avuto modo di sottolineare altrove, la scoperta di questo lavoro è stata a suo tempo del tutto casuale, non conoscevo minimamente l’artista e non nego che a colpirmi fu la copertina – lo so, non si dovrebbe giudicare o interessarsi ad un disco a causa della copertina, ma è indubbio che determinati lavori vantano delle vere e proprie copertine iconiche – una semplice foto in b/n che mi ricordò le splendide copertine della BLUE NOTE, le cui storiche registrazioni ad opera del grande Rudy Van Gelder sono ciclicamente riproposte seppure, e ci mancherebbe, mai dimenticate.

Tutti i brani contenuti nel presente album sono a firma di Redman, e trattandosi del terzo album di questo bravissimo esponente di uno degli strumenti jazz per eccellenza, occorre dire che se la penna era già all’epoca ben matura – e non solo quella ovviamente – la parte compositiva unita alla maestria nel maneggiare lo strumento era altrettanto di elevato livello.

I compagni di avventura non sono certo da meno, e tutte le composizioni godono di quella coesione strumentale che solo i grandi musicisti riescono ad ottenere unendo le loro forze, magnifico l’interplay, dove ciascuno ha modo di mostrare di cosa è capace senza sovrastare o vivere la propria partecipazione al progetto rimanendo in ombra.

Il pianismo di Mehldau ad esempio, fortemente connotato dagli stilemi del classicismo, si mostra in ogni caso robusto e delicato al contempo, lirico e pronto nel punteggiare e sostenere il brano inserendosi a meraviglia nell’insieme.

Splendida la ritmica, dove ad un McBride quanto mai potente – ascoltate come il suo strumento apporti corpo e sostegno – si unisce l’ottimo Blade, assolutamente sempre sul pezzo ma senza eccessi, molto diverso da quei batteristi ipertrofici sempre pronti a menare le mani (musicalmente parlando) soprattutto sui piatti, caratteristica che apporta ben presto stanchezza e noia.

Joshua Redman – Moodswing: la qualità sonora

Non nego che fin dal primo momento in cui le prime note di Moodswing fuoriuscirono dai diffusori rimasi a bocca aperta, esattamente le prime due note relative al pizzicato del contrabbasso, il pluck come lo definiscono gli inglesi: potenti, corpose e risonanti come mai prima di allora mi era capitato di ascoltare.

In effetti, già il primo dei brani contenuti in questo album – Sweet Sorrow – è assai emblematico di quelle che saranno le successive perle musicali di cui godrete l’ascolto.

Considerato che il disco è del 1994, evidentemente iniziava a farsi largo il digitale ben fatto, quello che dopo anni di critiche – cosa che in molti aveva contribuito a creare quella sospettosa forma di malafede nei confronti di questo formato – finalmente si vedeva riconosciuti anche dei meriti, in questo caso assolutamente evidenti e concreti.

Il mitico James Farber, vero e proprio componente occulto di questo eccellente lavoro

 

La magnifica registrazione è opera dell’immenso James Farber – autore di molti altri lavori di Redman e non solo – un sound engineer che davvero sa dove mettere le mani riuscendo in tal modo a creare delle vere e proprie opera d’arte sonore che non mancano di stupire ancora oggi.

Dicevo del contrabbasso: ascoltatelo bene, fate caso allo scricchiolio della cassa armonica, all’alone sonoro da questa generato ed alle risonanze che si spandono nell’ambiente, morbide ed avvolgenti con il giusto decadimento, un vero capolavoro di ripresa sonora.

Altrettanto ottimamente ripresi il pianoforte, ben robusto e dislocato nel giusto spazio, nonché la batteria di Blade, ora sfiorata, ora percossa, uno spettacolo per le orecchie dove a piatti giustamente metallici mai in eccessiva evidenza, corrispondono pelli molto realistiche nel caratteristico suono del mallet – la bacchetta con la sommità rivestita in feltro – sovente utilizzato da Blade.

Lascio volutamente per ultimo il sassofono del leader, in concreto spettacolare, ascoltate con attenzione il soffiato per avere la prova dell’eccellenza di questa registrazione. Robusto, denso, metallico, ora irruente come non mai ora sornione, buca davvero il palcoscenico riuscendo nell’impresa di far venire più di un brivido.

Joshua Redman – Moodswing: quale edizione scegliere

Il presente lavoro – su etichetta NONESUCH RECORDS – è disponibile in CD oppure in ottimo vinile doppio da 180 grammi, più semplice forse reperire il primo formato che il secondo. In ogni caso – parlo per esperienza diretta perché da bravo appassionato li ho entrambi – sono garantiti ascolti di elevato livello, non abbiate timore di sbagliare.

Come al solito, ottimi ascolti!!! 

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