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JOSHUA REDMAN: ROUND AGAIN & IL TORGIANO VIGNA MONTICCCHIO DI LUNGAROTTI

JOSHUA REDMAN – L’ultimo lavoro di questo affermatissimo sassofonista – figlio di quel Dewey esponente di un certo free di elevata fattura nonché collaboratore di Keith Jarret – vede riunito lo storico quartetto degli inizi, un gruppo di musicisti eccellenti il cui proverbiale affiatamento conferisce al loro interplay qualcosa di realmente magico.

JOSHUA REDMAN – ROUND AGAIN: IL DISCO

Il mio primo incontro con Joshua Redman avvenne nel 1994, allorquando mi imbattei casualmente nel terzo album da lui pubblicato (Moodswing – WB) il cui ascolto mi lasciò senza parole. Un disco bellissimo, composto da pezzi molto coinvolgenti e differenziati, caratterizzato tra l’altro da una qualità sonora eccellente.


Credo sia uno dei dischi che a tutt’oggi, malgrado i quasi 30 anni trascorsi dalla sua pubblicazione, ascolto sempre con estremo piacere ed assolutamente senza la minima stanchezza o percezione di “già sentito”, anzi, ad ogni ascolto si rinnova il piacere. Pertanto, venuto a conoscenza della pubblicazione di un nuovo lavoro che vede riunito lo stesso quartetto responsabile dell’eccellente opera appena citata – da buon appassionato di audio nonché fervido ammiratore di questo musicista – l’interesse è rapidamente arrivato alle stelle, con esso le aspettative in merito alla qualità della proposta.

Attese che ovviamente non sono andate di certo frustrate, essendo questo lavoro veramente gradevole e ricco di quella natura sonora cangiante caratteristica di questo notevole strumentista.

Dicevo qualche riga sopra del suo quartetto: Christian Mc Bride al contrabbasso, Brad Mehldau al pianoforte e Brian Blade alla batteria, quattro indiscussi fenomeni del loro strumento in grado di incidere un profondo solco nella vostra memoria.

Tutti noi abbiamo una predilezione circa lo strumento che più ci aggrada e ciascun esponente di questo fantastico gruppo è in grado provocare emozioni a iosa, stante la maestria con la quale tratta il proprio. A partire da Mc Bride, connotato da una cavata poderosa e robusta, degno ed inevitabile sostegno alla batteria di Blade – letteralmente in stato di grazia come non mai – passando per Mehldau, il cui pianismo raggiunge talvolta vette di inusitata leggiadria senza però scadere in quel connotato eccessivamente astratto, finendo al titolare, che con le sue volute dipinge un quadro sonoro ricco di colori e denso di atmosfere, questo disco scorre in modo meraviglioso tanto che giungendo alla fine viene voglia di riascoltarlo ancora, e ancora, e ancora.

Soavemente poetico l’ultimo brano, di un lirismo quasi commovente nella sua leggerezza, delicato e sornione, vi lascerà profondamente rilassati e soddisfatti, un tonificante ascolto che vi aiuterà a lasciarvi alle spalle l’inevitabile pesantezza di questo periodo; e proprio questo brano, in un certo senso, è emblematico circa la qualità sonora esibita da questo disco, ove il tocco rarefatto che lo connota andrebbe irrimediabilmente perso in caso di ripresa sonora approssimativa.

Il quartetto è tornato ed è più in forma che mai.

JOSHUA REDMAN – ROUND AGAIN: LA QUALITÀ SONORA

Qualsiasi lavoro di questo eccellente sassofonista – fin dall’iniziale omonimo, datato 1993 – è sempre stato caratterizzato da una qualità sonora assolutamente eccellente, ed ovviamente anche in questo caso si conferma una meravigliosa presa del suono. Responsabile di cotanta qualità è – come al solito – l’incommensurabile James Farber, un vero mago della consolle, colui che da sempre si occupa del lato tecnico delle produzioni di questo artista – e di molti altri per nostra fortuna – contribuendo a far sì che timbrica e ricchezza armonica siano preservate ai massimi livelli.

Sapete certamente che la qualità timbrica di uno strumento è caratterizzata proprio dalle armoniche che si generano nel suonarlo, maggiormente se si parla di strumenti acustici come in questo caso. Va da se che un eccessivo deterioramento del contenuto armonico – dando per scontato che qualcosa andrà inevitabilmente perso – è di per se sufficiente per peggiorare il risultato sonoro, facendo sì che un dato strumento sia percepito in un modo che personalmente definirei “adulterato”, ovvero dissimile dall’originale.

Ebbene, quello che ho sempre riscontrato nei lavori di questo musicista è proprio legato alla preservazione delle qualità musicali degli strumenti impiegati – sovente diversi – la cui espressione è perfettamente identificabile senza alcun problema. Sia che si tratti del tenore, del soprano o di qualsiasi altra derivazione di questo affascinante strumento, le caratteristiche precipue balzano letteralmente all’orecchio. Una su tutte la maestria nell’utilizzo dell’ancia al fine di caratterizzare l’attacco delle note, oppure la tecnica della respirazione circolare – la cui padronanza è indubbiamente elevatissima – prassi che contribuiscono ad una sonorità robusta nella quale l’imprescindibile soffiato trova la sua massima espressione; molto Rollins piuttosto che Parker.

Il contrabbasso è potente, corposo ma definito, la batteria quanto mai ricca nell’impeto percussivo sebbene per nulla invadente, pianoforte lirico e caratterizzato dal tocco leggero di un quanto mai ispirato Mehldau.

In conclusione, un discone!

JOSHUA REDMAN – ROUND AGAIN: QUALE EDIZIONE SCEGLIERE

il presente lavoro è edito su etichetta NONESUCH RECORDS ed è reperibile sia su CD che su vinile doppio connotato – inevitabilmente direi – da alta qualità di stampa. Sia che abbiate un lettore digitale oppure un buon front end analogico la scelta dipende da voi, quel che è certo è che non resterete delusi.

Come al solito, buon ascolto!

Il vino suggerito da Doctorwine.it

Eleganza e agilità, una timbrica mai eccessiva. Se si vuole abbinare un vino da bere ascoltando Round Again di Joshua Redman e del suo fantastico quartetto, si devono tenere in considerazione questi aspetti. Nulla di troppo pesante, grande bevibilità, perfetta tensione fra elementi di morbidezza e di calore, che si potrebbero paragonare alla base ritmica, e quelli determinati dall’acidità, che invece farebbero parte dei toni alti. Il tutto avvolto in sensazioni vellutate che solo un grande e classico rosso potrebbe esprimere. Allora mi è venuto in mente un vino umbro che viene prodotto dal 1964 e che è diventato nel tempo un grande classico della vitienologia italiana. Si tratta del Torgiano Riserva Vigna Monticchio 2016 della cantina Lungarotti.

Deriva da un vigneto situato a Torgiano, appunto, pochi chilometri a sud di Perugia. E’ prodotto con uve Sangiovese e matura per circa 18 mesi in botti grandi e in parte in barriques da 225 litri. Ha colore rubino granato luminoso, profumi complessi e sfaccettati con eleganti note di ciliegia, tabacco, fiori di garofano, amarena e cardamomo. Sapore di grande agilità, con un corpo composto e fine, tannini appena accennati e componente di acidità perfettamente integrata a facilitarne la bevibilità.

Proprio come l’album di Redman, che si vorrebbe continuare ad ascoltare più e più volte, anche in questo caso il bicchiere finisce presto e si vorrebbe berne un altro.

Costa in enoteca intorno ai 32 Euro.

JOSHUA REDMAN
La Guida di Daniele Cernilli, Doctorwine

 

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