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KNOPFLER vs. KNOPFLER: ONE DEEP RIVER (confronto analogico vs. digitale)

Il recente lavoro dell’ex Dire Straits Mark Knopfler ci fornisce l’occasione per mettere a confronto la versione in vinile con quella digitale, non perché siamo convinti che una debba obbligatoriamente essere superiore all’altra, solo per cogliere quelle che nel bene e nel male sono le differenze manifestate dalle due differenti tecnologie fornendo spunti di riflessione.

Come già evidenziato altrove, analogico e digitale continuano imperterriti ad andare a braccetto malgrado vi sia una certa ritrosia da parte di alcuni nel considerare la prima tecnologia ancora degna di attenzione.

Addirittura c’è chi afferma che sarebbe da destinare ormai all’oblio – affermazione volgare e non degna di un appassionato – il che evidenzia una notevole ignoranza in merito all’incontestabile fatto che questo rappresenti la storia della musica.

Leggendo le note tecniche presenti all’interno delle rispettive confezioni scopriamo un’importante e non certo secondario dettaglio: il master delle due versioni è stato effettuato in due posti diversi così come diverse sono le persone che vi hanno provveduto.


Entrambi seguono le operazioni di registrazione e missaggio effettuate presso i BRITISH GROVE STUDIOS da Guy Fletcher in quel di Londra.

Il motivo di tutto ciò sta nella differente destinazione della produzione finale – il riversamento su LP ovvero su CD – che per ragioni tecniche richiede competenze e know-how differenti in merito alla gestione delle operazioni da compiere.

Miles Showell accanto al tornio per il taglio della lacca

 

Chi non conoscesse a fondo le suddette attività, sappia che il master può essere lavorato, come si dice in gergo, sia ITB che OTB – acronimi che stanno rispettivamente per In The Box e Out Of The Box – ovvero all’interno della DAW (Digital Audio Workstation), sostanzialmente un computer espressamente attrezzato per la specifica attività – oppure al di fuori di questa.

Nel primo caso, per le successive lavorazioni da effettuare sulle registrazioni effettuate, si utilizzano i vari software e gli associati plug-in che emulano le funzioni dei processori analogici, nel secondo – quello operato analogicamente – si fa reale uso di processori analogici veri e propri, ovviamente dopo aver convertito l’originale segnale digitale in formato congruo; per ragioni di spazio il riassunto è necessariamente breve ma di questo si tratta.

Quindi, nel primo caso parleremo di master digitale mentre nel secondo di master analogico fermo restando che alla fine delle operazioni citate il tutto sarà (ri)trasformato in digitale ed opera dei convertitori D/A di cui dispone lo studio.

Volendo stare con i piedi per terra, il test di ascolto si è svolto mediante un impianto il cui valore è di circa 6.000 euro – non propriamente economico e nemmeno così “medio” – almeno nell’accezione propria del termine; non è questa la cifra che mediamente si investe in un sistema ad Alta fedeltà.

Non citiamo marchi e modelli perché non ci interessa discutere di questo, l’obiettivo è ascoltare le due versioni per individuare differenze più o meno evidenti.

Un mito del mastering: Bob Ludwig

 

Iniziamo con la versione che si presume di qualità minore – stando al pensiero di alcuni – vale a dire dal nero vinile – che differentemente dal solito va riprodotto a 45 RPM – e ciò che immediatamente riscontriamo è un notevole silenzio, questo malgrado l’inevitabile contatto intimo tra fonorivelatore e disco.

Il palcoscenico è alquanto ampio, di certo i musicisti stanno ben comodi ed adeguatamente disposti in relazione alla loro reale fisica posizione – a tale proposito guardatevi questo istruttivo video – e non sono affatto ammassati tra loro.

Un esempio di processore analogico: il mitico equalizzatore a tubi PULTEC EQP-1A

 

Molto belli i suoni in generale, soprattutto la parte di bassa frequenza, ben corposa e piena come sempre dovrebbe essere; la caratteristica voce di Knopfler è molto ben ripresa e rispettosa della componente piuttosto calorosa che la contraddistingue, insomma, davvero un bel sentire.

Passiamo quindi alla versione in digitale – l’unica degna di attenzione sempre secondo alcuni – per scoprire che le caratteristiche finora evidenziate sono ancora presenti ma……in qualche modo diverse.

Che vuol dire? Molto semplicemente che pur essendo la timbrica generale pressoché identica si avverte comunque che qualcosa è cambiato: le basse continuano ad essere corpose ma sembrano più nette, come se il decadimento fosse anticipato, il palcoscenico appare leggermente più ampio ed i musicisti danno l’impressione di essere nettamente più separati tra loro, i suoni (forse) un po’ più definiti, scontornati e maggiormente isolati nello spazio.

Questa differenza non appare tanto strana a dire il vero ed è correlata proprio ai limiti caratteristici del vinile che in altra sede abbiamo già descritto – risposta in frequenza, rapporto s/n, separazione tra i canali e dinamica – valori che pur non raggiungendo quelli del CD ne caratterizzano comunque la prestazione.

Questo spiega anche il perché di uno specifico master dedicato ovvero ottimizzato in prospettiva del supporto su cui sarà riversato.

Che si preferisca una all’altra è discorso diverso, nulla a che vedere con il personale piacere dell’ascolto, tranne che non si tratti di palesi ed erronee interpretazioni di qualcosa di concettualmente sbagliato, ma non è certo questo il caso.

Un’ultima importante considerazione: entrambe le versioni manifestano eccellenti doti timbriche e laddove prese singolarmente, sarebbero da considerare in ogni caso validissime a prescindere dal formato.

Come al solito, ottimi ascolti, analogici o digitali che siano!!!

 

 

 

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