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PASSIONE VALVOLARE: LINE MAGNETIC LM211ia

DI SEGUITO AL RECENTE ARTICOLO CHE TENTA DI ANALIZZARE LA NOTA CONTRAPPOSIZIONE TRA VALVOLE E STATO SOLIDO, PROPONIAMO UN TEST DI ASCOLTO DI UN AMPLIFICATORE A VALVOLE CHE SFRUTTA LE PRESTAZIONI DELLA EL34, UN PENTODO NOTO PER LE NOTEVOLISSIME DOTI SONORE ESIBITE – SOPRATTUTTO IN GAMMA MEDIA – LA CUI INTRODUZIONE SUL MERCATO RISALE AL 1949 AD OPERA DELLA PHILIPS.

LINE MAGNETIC AUDIO: L’AZIENDA

Fondatori di questa notevole azienda – la cui base è in Corea del Sud – furono nel 2005 i fratelli Zheng, entrambi appassionati di audio dei quali, il più anziano, continua ad oggi ad occuparsi della produzione ed assistenza delle repliche delle elettroniche e dei driver d’epoca a suo tempo prodotti dalla WESTERN ELECTRIC, azienda nota per aver inventato quello che in molti considerano il tubo dei tubi: la WE300B. Oltre a queste attività, l’azienda produce prodotti e componenti OEM per conto di aziende esterne, il che significa che potreste già avere in casa qualcosa da essi assemblato ma sotto diverso brand, visto che uno dei marchi di fabbrica è CAYIN AUDIO.

Una delle cose che va sottolineata – e che indubbiamente rafforza l’immagine di qualità dei prodotti realizzati da questa ditta – è che mai e poi mai un marchio come WE avrebbe messo in mano a degli sprovveduti l’assistenza dei propri prodotti, meno che mai avrebbe dato il proprio consenso alla realizzazione di repliche di prodotti che hanno letteralmente fatto la storia dell’alta fedeltà, il che la dice lunga sulle effettive capacità della LINE MAGNETIC AUDIO.


LINE MAGNETIC AUDIO – LM 211ia: CARATTERISTICHE PRINCIPALI

Il dispositivo preso in esame è un amplificatore integrato in classe AB dotato di 4 ingressi linea, la cui potenza oscilla tra i 15 ed i 32 watt/canale, potenza che come anticipato deriva da un quartetto di EL34 che tramite un interruttore posto sul frontale – on the fly quindi – può essere configurato per funzionare in modalità TRIODO oppure ULTRALINEARE, aspetto che influisce sul suono a causa della differente tipologia di connessione/sfruttamento dei dispositivi finali. La modalità TRIODO prevede la massima linearità del dispositivo, quindi minore distorsione ma potenza ridotta a “soli” 15 watt, la modalità ULTRALINEARE sfrutta invece una diversa configurazione dei collegamenti al fine di ottenere maggiore potenza – per l’appunto 32 watt per canale – ma con distorsione lievemente maggiore e sonorità forse più robusta ma potenzialmente meno raffinata.

Visione frontale dell’amplificatore: sobrio ed elegante, trasmette un ottimo senso di affidabilità

 

Precisazione importante: ho intenzionalmente posto tra virgolette il riferimento al dato di potenza relativo alla prima delle due configurazioni con il preciso scopo di evidenziare quanto questo sia relativo, ovvero quanto pur apparendo scarso sia invece in grado di farsi sentire, in maniera piuttosto veemente tra l’altro. Prova ne sia che nella configurazione dalla quale si ottiene il doppio della potenza, che in teoria dovrebbe suonare molto più forte, le differenze percepite non sono affatto abissali, ma questo lo vedremo in seguito nelle note d’ascolto.

LINE MAGNETIC AUDIO – LM 211ia: ESTETICA E DOTAZIONE

L’aspetto è quello classico per amplificatori di questo tipo, vale a dire che sulla piastra superiore, in linea frontale, troviamo le quattro valvole di preamplificazione con alle spalle il quartetto di potenza ed ancora più dietro i necessari trasformatori, sia di alimentazione che di uscita. La dotazione della sezione preamplificatrice è composta da una coppia di 12AX7 cui è associata – con compiti di stadio sfasatore – una coppia di 12AU7 mentre per quanto riguarda la sezione di potenza, come già evidenziato, troviamo un bel quartetto di EL34; i dispositivi forniti di serie sono selezionati e prodotti attingendo al notevole catalogo della storica azienda cinese SHUGUANG, una realtà che opera fin dal 1958, non certo di primo pelo quindi. La medesima è, altresì, attuale produttrice di alcune serie di tubi molto prestigiosi – a marchio PSVANE serie TREASURE ad esempio – la cui tecnologia fa uso delle più recenti tecniche di assemblaggio e perfino di alcune tecnologie brevettate dall’azienda stessa. Per quanto attiene ai trasformatori, quello di alimentazione è dichiarato essere del tipo EI così come quelli di uscita, che sfruttano tecnologia proprietaria e materiali di elevato pregio. L’interruttore di accensione a bilanciere, onde non deturpare la linearità dell’estetica, si trova sul fianco sinistro dell’apparecchio.

La dotazione valvolare: i tubi sono selezionati e marchiati LINE MAGNETIC

 

Sempre sul pannello superiore, è presente un amperometro retroilluminato in arancione il quale, unitamente ai quattro trimmer dedicati alla regolazione della corrente di BIAS ed ai due interruttori che ne consentono la selezione, consente di monitorare e regolare finemente il punto di lavoro dei dispositivi finali. Questo aspetto è molto importante, perché in caso di guasto di un solo esemplare è possibile l’installazione di valvole non selezionate essendo la loro regolazione operabile singolarmente, cosa che evita l’acquisto di un intero quartetto con necessaria maggiore spesa. Tutto questo è protetto da una griglia rimovibile la quale, piaccia o meno, ha un aspetto diverso da quanto solitamente riscontrabile su modelli di altre aziende, ovvero è verniciata in modo identico al telaio dell’amplificatore, un bel grigio martellato che da una netta impressione di strumento da laboratorio a questo amplificatore.

Dettaglio dell’amperometro per la regolazione della corrente di BIAS. Si notano anche l’interruttore della modalità TRIODO/UL ed il selettore delle sorgenti

 

Il pannello frontale è composto da una spessa lastra di alluminio sovrapposta alla struttura di base sulla quale, partendo da sinistra verso destra, troviamo la manopola del volume, la spia arancione che segnala l’accensione e che lampeggia durante gli iniziali 30″ di riscaldamento previsti oppure all’inserimento del muting, il sensore del telecomando (ebbene si, ne è dotato!), l’interruttore per la selezione delle modalità TRIODO/UL ed infine il selettore delle sorgenti. Da notare che le manopole sono realizzate in metallo tornito dal pieno e la rotazione del volume – ALPS serie BLUE VELVET motorizzato – non da l’impressione di fragilità talvolta associata ai potenziometri di questo tipo. Il pannello posteriore vede la presenza della classica vaschetta IEC di alimentazione – in dotazione è fornito un ottimo cavo – quella dei 4 ingressi disponibili attestati su connettori RCA placcati oro di ottima fattura ed ovviamente quella dei morsetti degli altoparlanti, anch’essi placcati oro, molto robusti e protetti da una copertura in metacrilato trasparente.

Dettaglio della particolare verniciatura e della griglia di protezione delle valvole

 

L’ampli pesa parecchio – circa 20 kg – aspetto che unito alle dimensioni non standard – ovvero 38 x 35 x 19 cm circa – lo rende compatto ed ancora più corposo.

LINE MAGNETIC AUDIO – LM 211ia: IMPRESSIONI DI ASCOLTO 

Finita la descrizione di questo notevole esemplare, eccoci finalmente giunti all’ascolto, paragrafo di sicuro tra i più attesi. Connesso quindi al resto dell’impianto, inizio con il digitale – lettore MARANTZ SA-7001 unito ai diffusori POLK AUDIO SDA 1C e dotato di cavi DIY ottenuti a partire da conduttore e connettori di ottima fattura ma senza follie – per vedere di cosa è capace questo apparentemente modesto (almeno in termini di potenza) amplificatore; i dischi scelti per l’ascolto (sia in digitale che in analogico) – prelevati tra quelli la cui incisione ritengo sia ai massimi livelli – sono cinque, vedremo nel prosieguo quali.

Necessaria premessa circa rodaggio e riscaldamento: circa il primo, non ho riscontrato nel tempo modifiche del suono così evidenti da rimanermi impresse nella mente, con riferimento alla seconda pratica, pur leggendo ovunque ed in generale circa l’assoluta necessità di un lungo riscaldamento, personalmente ho riscontrato che questo amplificatore suona bene fin da subito – e quando dico subito intendo pochi minuti e non ore dall’accensione – evidenza che le generalizzazioni vanno evitate.

Tornando all’ascolto – sebbene i diffusori abbiano una sensibilità pari a 91 dB –  non nego la mia iniziale preoccupazione in riferimento all’impedenza degli stessi – minimo di 3.9 ohm a circa 25 Hz – la quale, pur non potendo essere definita in assoluto problematica (data anche la pratica assenza di elevata energia in tale ambito di frequenza, almeno mediamente parlando), è pur sempre abbastanza bassa e le frequenze gravi di cui sono capaci questi diffusori, mi apparivano lontane dal poter essere sollecitate a dovere. Eppure, l’attacco del contrabbasso magistralmente suonato da Christian McBride nel disco di Joshua Redman “Moodswing” (WB – 1994) mi ha lasciato letteralmente di stucco per corpo e sostanza, soprattutto la risonanza della cassa armonica ampiamente in evidenza dimostra la cura che questo amplificatore mette nel trattamento di queste informazioni. Continuando l’ascolto, mi rendo conto come impatto e pienezza non siano assolutamente deficitarie, tanto che inizio a passare in rassegna mentalmente tutto ciò che solitamente si legge (in generale) circa la potenza degli amplificatori, soprattutto in riferimento alla presunta lentezza di quelli valvolari, accusati sovente di non farcela. Un sassofono pieno e suadente, una batteria materica e d’impatto insieme ad un pianoforte limpido e giustamente risonante, mi convincono sempre di più circa le indubbie qualità di questo amplificatore.

E tanto per mettere in difficoltà il nostro, inserisco nel lettore un disco davvero cattivo in grado di mostrare qualsiasi debolezza di polso (ovvero nel tenere a bada determinate frequenze) da parte dell’amplificatore: la notevole “Sagra della Primavera” di Stravinsky – disco risalente al 1985 edizione TELARC – cui la direzione di Loorin Mazel alla testa della Cleveland Orchestra rende merito assoluto a quest’opera. Ebbene, disponessi di sue mascelle, va da se che sarebbero finite entrambe sul pavimento tanta è la veemenza che scuote le pareti, ma non solo, è l’ambiente ove è avvenuta la registrazione a colpirmi. Il senso di aria è veramente grande, sembra che la stanza abbia dimensioni enormi, il ruggito dei contrabbassi è corposo, pieno e davvero minaccioso, assolutamente morbidi gli archi e pieni i fiati, senza però quell’inopportuna aggressività di fondo che molti amplificatori esibiscono nella parte medio alta del registro, tutt’altro, l’insieme si presenta morbido e piacevole, molto piacevole, le orecchie ringraziano di cuore.

Proseguo con il folk-rock del buon Mark Knopfler e dell’ottimo Golden Heart (Mercury – 1996) di cui al presente link potete leggere la recensione – ovvero del suo primo disco da solista, prelibato antipasto di ciò che sarebbe venuto in seguito. Ed anche in questo caso, la prodigiosa presa del suono che caratterizza questo lavoro è riprodotta senza sbavature, ovvero senza che le basse frequenze – perdonate l’insistenza ma questo particolare ambito di frequenza è a mio modesto avviso in grado di far cadere parecchi esponenti dell’amplificazione – siano in qualche modo alleggerite per mancanza di energia dovuta a carenza di corrente, cosa che nel presente caso non mi sembra proprio si evidenzi.

L’ascolto in analogico è avvenuto tramite un giradischi a cinghia SONY PS-1350 (notevolmente rivisto) dotato di testina MM modello PEARL prodotta da SUMIKO, il cui segnale transita attraverso l’ottimo stadio fono di cui è dotato il preamplificatore ONKYO P-304, ed ha confermato le doti fin qui sentite, anzi, in parte le ha rafforzate complice la positiva sinergia creatasi tra valvole ed analogico, cosa che ha portato al notevole risultato riscontrato. In questo caso, le opere ascoltate, entrambe su eccellente vinile da 180 grammi, sono le seguenti: “Come what may” del Joshua Redman Quartet (Nonesuch Records – 2019) e l’ottima rimasterizzazione del 2016 curata dalla Music on Vinyl di un lavoro degli ormai (purtroppo) disciolti Morphine, quel “Cure for pain” che tanto successo ebbe nel 1993.

Ah, dimenticavo di dire che ho iniziato l’ascolto in modalità triodo, ovvero disponendo di una potenza di “appena” 15 watt per canale con la manopola del volume che non supera ore 11.

Successivamente, selezionata la modalità UL che prevede il raddoppio della potenza, come già anticipato, le differenze percepite – seppure presenti – non sono state poi così evidenti e sostanzialmente, l’aspetto che meglio si delinea è un leggero avanzamento della prospettiva, un po’ come se ci si avvicinasse a chi sta suonando, cosa che rende leggermente più evidenti determinati dettagli ma senza che questi siano sbattuti in faccia all’ascoltatore. Le frequenze basse rimangono ben corpose e forse – dico forse – sembrano leggermente più nette, un po’ come se il decadimento temporale fosse meno lungo, ma è un tratto appena accennato, quasi una sfumatura.

LINE MAGNETIC AUDIO – LM 211ia: CONCLUSIONI

Che dire quindi di questo amplificatore? Di sicuro è un tipo caloroso, aspetto che non può essere sottovalutato al momento dell’installazione, per il resto, considerando l’eccellente costruzione e le indubitabilmente elevate prestazioni, aspetti che rendono il rapporto qualità/prestazioni/prezzo oggettivamente più che interessante, non può dirsi che bene. Il prezzo è di circa 1.400 Euro – una cifra assolutamente ragionevole in considerazione di quanto illustrato. Lontano dalle cineserie reperibili a prezzi apparentemente (e solo apparentemente) più convenienti, vede nella scelta della componentistica utilizzata – Nichinon, Realcaps, Kiwame, Alps – e nella costruzione point-to-point realizzata inevitabilmente a mano le sue armi principali, ove l’unione con le eccellenti prestazioni non è altro che la ciliegina posta su una tra le più golose delle torte prodotte da LINE MAGNETIC AUDIO.

Distribuzione in Europa: https://www.line-magnetic.eu/

Come al solito, ottimi ascolti!!!

 

© 2021, MBEditore – TPFF srl. Riproduzione riservata.

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