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Cinque motivi audiofili (e non) per acquistare un DAC separato

dac separato

Ormai ce ne sono di tutti i prezzi, dimensioni e caratteristiche e non avete davvero più scuse per non utilizzare un DAC separato. Se siete però ancora incerti, ecco cinque ulteriori motivi per fare il grande passo

Se seguite AF Digitale, probabilmente conoscerete già molto (se non tutto) sui DAC, compagni ormai insostituibili dei nostri ascolti quotidiani sia in mobilità, sia tra le mura domestiche. I DAC migliorano notevolmente l’esperienza di ascolto soprattutto se come sorgenti audio si utilizzano smartphpone, tablet e laptop, ma anche lettori CD, amplificatori e streamer economici che integrano convertitori da digitale ad analogico di basso livello e che quindi, per suonare al meglio, necessiterebbero di un upgrade sotto forma di un DAC separato. Se però non siete ancora convinti dell’utilità di questi dispositivi, ecco cinque ulteriori motivi che potrebbero spingervi definitivamente al loro acquisto.

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Funzionano su più dispositivi

Ora che l’USB-C sta diventando sempre più onnipresente nel mercato dell’elettronica di consumo (di fatto mancano ancora gli iPhone, ma ancora per poco), sempre più DAC hanno ingressi USB-C e ciò significa che potete utilizzare un DAC con uno smartphone Android, un laptop e un iPad compatibile. Anche i DAC ultraportatili simili a chiavette USB (USB-A) e quelli più vecchi con ingressi USB-B possono essere facilmente resi compatibili con i dispositivi USB-C grazie ad appositi ed economici adattatori. Inoltre, indipendentemente dal fatto che siano progettati principalmente per un utilizzo mobile o dekstop, molti DAC possono anche essere inseriti in sistemi hi-fi senza troppi problemi.

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Semplificano l’upgrade del sistema hi-fi

Molte sorgenti audio e amplificatori con ingressi digitali in una fascia di prezzo economica spesso non hanno stadi DAC integrati di qualità particolarmente elevata. Se avete puntato ad esempio un amplificatore stereo da 1000-1500 euro con connessioni digitali, è probabile che il DAC all’interno sia della stessa qualità di un modello esterno dedicato cinque volte più economico.


Se ascoltate regolarmente musica da sorgenti digitali come un lettore CD, uno streamer o un laptop tramite il vostro sistema hi-fi, collegare queste sorgenti a un DAC esterno e collegare questo all’ingresso analogico del vostro amplificatore potrebbe essere il modo più semplice per aggiornare e migliorare il vostro sistema. Oltre a offrire un miglioramento sonoro, un DAC esterno potrebbe infatti aggiungere anche funzionalità come Bluetooth o un più ampio supporto di file digitali in alta risoluzione.

Allo stesso modo, se siete soddisfatti del vostro amplificatore completamente analogico, ma vorreste comunque una maggiore flessibilità per riprodurre occasionalmente musica da una sorgente digitale, aggiungere un DAC esterno all’ampli potrebbe essere un’opzione migliore rispetto a sostituirlo con un amplificatore digitale.

Rivelano la qualità dell’audio che state riproducendo

Questo è un pro più da utente enthusiast che non da ascoltatore medio, ma a nostro parere ha comunque una sua importanza. Se ascoltate musica in alta risoluzione da un servizio in streaming, non è detto che l’interfaccia dell’applicazione di quel servizio (mobile o desktop) indichi esattamente a quali risoluzione e frequenza di campionamento state ascoltando un determinato brano.

Alcuni DAC come l’iFi hip-dac 2, il Chord Mojo 2 e il Cambridge Audio DacMagic 200M indicano sempre la frequenza di campionamento di un file che state riproducendo attraverso i loro display o con LED colorati. In questo modo potete sempre essere certi del fatto che state ascoltando musica con la qualità che vi siete prefissati.

Migliorano anche i file di bassa qualità

Quando parliamo di DAC, non parliamo solo di audio hi-res, sebbene sia proprio questo fattore che sta spingendo molti ad acquistare un DAC separato. Un DAC può infatti fare la differenza anche quando streammate da Spotify, purché abbiate cuffie almeno di qualità discreta (non auricolari cinesi da 10 euro insomma) e abbastanza trasparenti per farvi percepire l’azione del DAC.

Ovviamente, se ascoltate solo Spotify o MP3 su un laptop, è inutile spendere 1000 euro per un DAC esterno, ma un modello ultraportatile e poco costoso come l’AudioQuest DragonFly Red può migliorare sensibilmente anche questi stream e file a bassa risoluzione a livello di dettaglio e dinamica, sebbene l’incremento qualitativo più elevato lo percepirete soprattutto con file e stream di qualità CD o superiore.

Possono essere molto convenienti

Come la maggior parte dei dispositivi audio, anche i DAC variano tantissimo in termini di qualità e quindi di prezzo. Tale varietà è aumentata in modo esponenziale con l’avvento dei DAC portatili e ultraportatili, che hanno fatto lievitare a dismisura la fascia più economica del mercato. Basti pensare che un DAC desktop come l’iFi Zen DAC V2, modello di qualità davvero eccellente per quello che costa (supporta pienamente anche gli stream MQA di Tidal), si trova oggi online a meno di 200 euro, mentre il già citato AudioQuest DragonFly Red costa poco di più.

Ottenere una qualità simile a questi prezzi era impensabile fino a dieci anni fa, mentre oggi l’offerta del mercato tra i 100 e i 500 euro è a dir poco vastissima. I DAC non sono però solo di fascia economica, ma esistono modelli davvero per tutte le tasche, con veri e propri capolavori di ingegneria come il Chord DAVE da quasi 13.000 euro e l’Esoteric Grandioso D1X da 65.000 euro che, ovviamente, richiedono “compagni” hi-end di assoluto livello per essere sfruttati al meglio.

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