Primo blockbuster ad uscire in sala dopo la pandemia, Crudelia è stato rilasciato anche on-line. Abbiamo provato entrambe le modalità
Dopo la riapertura delle sale cinematografiche di fine aprile – ed il ripristino della normale distribuzione internazionale concessa dal mercato USA – Crudelia è il primo film di un certo calibro ad essere distribuito worldwide. Quindi una buona occasione per tastare il polso della situazione. In realtà, con il presente speciale a noi interessa maggiormente confrontare le peculiarità dei due metodi di fruizione “introdotti” dalla recente pandemia: la visione in sala e l’accesso VIP tramite Disney+.
Modalità, comodità, qualità e costo sono i parametri principali che ci interessa analizzare, motivo per cui abbiamo proceduto alla visione di Crudelia in entrambe le modalità: per la precisione in un cinema attrezzato con il Dolby Atmos ed attraverso l’accesso VIP offerto dallo streaming. Quest’ultimo testato sull’impianto che usiamo di solito per recensire le edizioni UHD.
Visione in sala
Per la visione in sala abbiamo usufruito della nuova installazione Dolby Atmos del cinema Visionario in quel di Udine. La sala è di recentissima costruzione, potendo contare su un sistema Atmos basato su diffusori MAG e su proiezione tramite macchina Sony 4K. L’esperienza è risultata davvero notevole, sia dal punto di vista video che audio. Il DCP di Crudelia – pur in risoluzione 2K – grazie alla rinomata resa delle macchine D-Cinema Sony si presentava in modo superbo: contrasto elevato, luminosità generosa e livello medio di dettaglio parecchio spinto.
Già solo le numerose sequenze scure appaiono una gioia per gli occhi: non ci trovassimo davanti un’istallazione standard potrebbe quasi sembrare ci sia “uno zampino” di HDR. Notevole pure la resa cromatica, anche se molto aiutata dalla “sgargiante” impostazione fotografica del film stesso. Trattandosi di una sala cinematografica convenzionale, l’impatto visivo va a collocarsi decisamente sopra la media. A livelli quasi di riferimento.
Non da meno è risultato l’audio, presentato in un Dolby Atmos dall’impostazione molto “musicale”. Il film è ricco di brani anni ’60, la cui riproduzione attraverso la codifica ad oggetti vede privilegiato l’effetto “sala da concerto”, con la musica ad agire come fosse una “bolla sonora”. Il tutto all’interno di un contesto dinamico molto robusto intervallato – di tanto in tanto – da qualche effetto ben piazzato. Nella fattispecie, a parte i fuochi d’artificio del logo Disney iniziale, si percepiscono chiaramente i contributi del fronte superiore durante la scena delle falene e nell’inseguimento automobilistico. Nell’insieme un audio notevole, per un’esperienza di ascolto che lascia il segno.
Tutta “l’operazione” per un costo complessivo di 7.50 + 7.50 = 15 euro, essendo andati in due, ed essendo ancora – all’epoca – inibita la possibilità di consumare alcuna vivanda. Cosa che comunque non avrebbe fatto grosse differenze.
Visione con accesso VIP
La visione su Disney+ in accesso VIP ripropone – nel bene e nel male – i soliti pro/contro dello streaming, uniti tuttavia ad una spesa più importante. Dal punto di vista video la situazione non appare a livelli pessimi come per altri casi recenti – vedasi Wonder Woman 1984 – avendo il quadro una resa globale quasi dignitosa. Intendiamoci: la compressione è sempre presente ed impazza in ogni momento critico (scene scure, sfondi uniformi negli interni, eccetera), del resto si parla di 17 Giga totali per un film di due ore ed un quarto. Il dettaglio, pur tuttavia, emerge abbastanza bene – il DI del film è 4K, nonostante il DCP sia, per motivi sconosciuti, solo 2K – mentre l’impostazione cromatica appare preservata a dovere. L’HDR fornisce una marcia in più, sebbene non abbiamo notato grossi scostamenti in termini di separazione da quanto visto in sala. Questo probabilmente più per meriti delle macchine Sony che per demeriti dello streaming.
Dal punto di vista audio, viceversa, la situazione è da disperazione pura. Un Dolby Digital Plus a 256 kbps porta conseguenze che definire nefaste – specialmente su una colonna squisitamente musicale come Crudelia – sarebbe un’eufemismo.
Considerando poi come ai gloriosi tempi del Dolby Digital su pellicola si raggiungessero bitrate di almeno 320kbps (annata 1990), c’è solo da mettersi a piangere pensando al modo in cui la situazione sta involvendo. Dopo più di 30 anni di sviluppo tecnologico. Con buona pace dell’efficienza migliorata (?) nella modalità “plus”.
Di fatto l’escursione dinamica è più piatta dell’elettrocardiogramma di un defunto, con l’intero coinvolgimento sonoro che va – letteralmente – a farsi benedire. Il tutto migliora, leggermente, quando si passa al Dolby Atmos inglese ma, anche qui, della dinamica originale e del coinvolgimento globale restano solo pallidissimi accenni. Interessante notare come i contributi Atmos rilevati in sala, nella versione home, tendano ad attenuarsi e “spalmarsi” sugli altri canali: diretta conseguenza – oltre che dell’eccidio dinamico – della rimappatura audio introdotta dalla conversione per uso domestico. Disney+ “favorisce” molto il quadro video, a scapito purtroppo di quello audio.
Il tutto per un costo complessivo di 21,99 € (accesso VIP) + 8,99 € (abbonamento mensile a Disney+) = 30,98 €. Abbastanza impegnativo se si considera la natura del servizio. Costo formalmente identico alla visione in sala di quattro persone, numero medio di componenti della famiglia tipo.
Conclusioni
Confrontando le due modalità di visione ci troviamo davanti una netta divisione sia sul fronte qualitativo (a favore della sala, almeno se selezionata in modo accorto) che su quello della comodità (a favore dello streaming). Per la parte costi la situazione è invece più complessa in termini di valutazione. Seppure la sala si possa apparentemente considerare più economica, nel considerare una famiglia media di quattro persone (più costi di trasporto, cibo eccetera), l’accesso VIP a 31 euro potrebbe risultare più vantaggioso.
Va tuttavia considerato che – per la succitata famiglia – raramente il cinema esiste in modo fine a se stesso, per cui la fruizione in sala diviene uno dei tasselli nell’impegnare il tempo libero e, tipicamente, portare fuori i figli. Quindi, come distinguo, la visione cinematografica andrebbe mediamente considerata all’interno di un ventaglio che lo streaming – esaurendosi dopo le 2 ore di film – non offre. Da questo punto di vista, di fatto, l’ago pende verso la visione in sala.
C’è poi l’aspetto dell’added value che un accesso VIP dovrebbe proporre. Per come è strutturato ora, l’unica “esclusività” che giustifichi 31 euro di spesa è l’essere in contemporanea all’uscita in sala. Aspetto discutibile, specie se si considera come nell’arco di poche settimane Crudelia entrerà nel circuito Disney+, quindi senza esborsi aggiuntivi. Da questo punto di vista, onde differenziare adeguatamente il livello di costo, sarebbe opportuno aggiungere qualche elemento in più. Magari qualitativo, visto il significativo deficit.
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