Disney non distribuirà nei cinema francesi Strange World a seguito delle nuove finestre di esclusiva. Il modello francese appare però valido…
Fervono a livello europeo, in modo più o meno solerte, le “revisioni” delle finestre distributive tra cinema ed home video – fisico e streaming – onde regolamentare in modo sensato la confusione innescatasi negli ultimi due anni. Se in Italia abbiamo Franceschini & Co alle prese con la proposta dei 180 giorni, in Francia – ove il cinema rappresenta una vera e propria industria – dallo scorso gennaio è stata promulgata una legge ad hoc basata su un accordo fra le parti.
Cosa cambierà – quindi – con questa nuova disposizione? E’ presto detto: prendiamo come esempio l’iter distributivo di un film della Walt Disney.
Se fino lo scorso gennaio un film Disney non poteva approdare sulle TV generaliste (gratuite) prima che fossero passati 36 mesi dall’uscita in sala, ora tale limite si applicherà in maniera diversa. Di seguito la nuova “roadmap temporale” cui i distributori francesi dovranno attenersi dopo il debutto nelle sale.
- Dopo 4 mesi il film potrà essere posto in vendita su supporto fisico e su VOD (Video On Demand), come singolo acquisto
- Dopo 6 mesi il film potrà passare su Canal Plus
- Dopo 17 mesi il film potrà essere reso disponibile su Disney+, ma per soli 5 mesi
- Dopo 22 mesi il film andrà in esclusiva sui media “lineari” – leggasi TV free – per almeno 14 mesi. In questo periodo di tempo dovrà essere rimosso da Disney+
- Dopo 36 mesi scatterà il “liberi tutti”: il film potrà tornare su Disney+ a tempo indeterminato
Lo schema appena illustrato è fortemente protezionista e, di fatto, tutela parecchio sia il cinema – per quattro mesi i film restano esclusiva delle sale – che il mercato dell’home video e delle TV generaliste.
In particolare evitando di poter “svendere” il prodotto all’interno di un abbonamento plenario in tempi ravvicinati. Di contro, per i provider che basano l’appetibilità delle proprie piattaforme sull’esclusività dei titoli a stretto giro di sala, tale modello rappresenta una grossa mazzata. In aggiunta vi è il fenomeno pirateria: quando un prodotto approda su supporto fisico e/o in VOD, la sua reperibilità sui lidi illegali è istantanea. Un ulteriore disincentivo a sottoscrivere abbonamenti plenari. Non a caso sia Disney che Amazon si sono rifiutate di sottoscrivere l’accordo, al contrario di Netflix il quale – promettendo come contropartita grossi investimenti nelle produzioni locali – ha ottenuto di poter mettere i propri film on-line dopo “soli” 15 mesi.
Come segnale di protesta contro tempistiche valutate controproducenti, Disney ha deciso di non distribuire nelle sale francesi il prossimo Strange World, il quale debutterà in Francia solo su Disney+. Quando – ovviamente – disponibile anche negli altri paesi, onde evitare (ulteriori) fenomeni pirateschi. Una ripicca più formale che altro considerato come il titolo in questione non sia un “macina incassi”: a voler essere arditi – in effetti – avrebbe avuto più impatto farlo con un film della Marvel o di Star Wars. Indipendentemente da tutto si tratta di un modello che – a nostro avviso – pare abbastanza ben formulato.
Tralasciando discorsi sterili e/o improponibili del tipo “il pubblico vuole altro” – il pubblico vorrebbe vedere qualsiasi cosa gratis se per questo – la nuova normativa sostiene efficacemente i vari canali distributivi, ordinandoli quasi in una sorta di scala qualitativa decrescente. Ma soprattutto previene il consumo compulsivo dei titoli ed il conseguente effetto “catena di montaggio”, tipico della fruizione streaming incontrollata. In aggiunta, se fatto rispettare adeguatamente, potrà restituire il giusto valore al prodotto filmico, evitandone la svalutazione cronica e le gare al ribasso nella fruizione. Di contro c’è l’incognita pirateria: tempi più dilatati aumentano la circolazione delle fruizioni illegali. In tal senso – forse – qualcosa si potrebbe accorciare, nulla togliendo all’impostazione di base che permane corretta.
Prevedibile la forte opposizione dei provider che al momento sfruttano i titoli di richiamo per accumulare sottoscrizioni. Trattasi a nostro avviso di un’opposizione temporanea: giusto il tempo di raggiungere la saturazione del bacino di utenza – vedi Netflix il quale non a caso è favorevole – per andare poi in cerca di entrate aggiuntive onde tenere su la baracca on-line. E se Disney+ stesso sta introducendo abbonamenti “calmierati” con aggiunta di pubblicità, riteniamo non ci manchi poi molto. L’auspicio è che il modello francese venga preso ad esempio ed attuato in modo similare nel resto d’Europa. Italia in primis.
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