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Anche al cinema … solo i paracarri non cambiano idea

Cinema finestra 180 giorni

Il ministro Franceschini propone di prolungare la finestra esclusiva dei film nei cinema. Ma esistono anche altre anomalie cui porre rimedio

Il ministro Franceschini, intervenendo alla cerimonia dei David di Donatello, ha anticipato gli interventi che il governo sta pianificando onde mitigare la crisi del cinema in Italia. Come ben noto – infatti – mentre tutta Europa ha quasi recuperato il gap di presenze causato dalla pandemia, solo l’Italia continua a mostrare un fastidioso -7% rispetto i dati del 2020. Nei  primi mesi del 2022, addirittura, è stato registrato un -60% rispetto il corrispondente periodo del 2019. Si tratta di numeri non proprio confortanti e che – giustamente – richiedono (più di) una riflessione, unitamente ad efficaci azioni tese ad invertire la tendenza.

Cinema finestra 180 giorni

La “strategia” ministeriale sembrerebbe quella di voler allargare le finestre di esclusività per le sale fino a 180 giorni, per un minimo di tre anni, in modo da favorire i cinema e “forzare” la visione presso le relative strutture. Si tratterebbe perfino di un aumento rispetto i tempi pre-pandemici, quando il valore era assestato mediamente sui 105 giorni. Al momento attuale, viceversa, la situazione è alquanto caotica. Ogni distributore fa in pratica storia a sé: si va quindi dai tre/quattro mesi di Sony, ai 45 giorni “secchi” della Warner Bros – che ha HBO ad “alitare” sul collo – al mese scarso della Walt Disney (vedasi i casi di Kingsmen ed Assassinio sul Nilo), intenta ad imbarcare più utenze possibili per Disney+. Un’iniziativa sicuramente corretta, quella del ministro, nonostante i fattori in gioco siano molteplici e tale azione – da sola – non basti di certo.

Sulla questione sia i distributori che gli esercenti non hanno tardato a pronunciarsi. Oltre la finestra prolungata è stato proposto di istituire una contribuzione – sulla falsa riga del Tax Credit – allo scopo di ammodernare le sale esistenti. Il target è di aumentarne in tal modo l’attrattività sia sul piano tecnologico – molti cinema, specialmente indipendenti, sono costretti ad andare avanti con impianti tenuti assieme dal fil di ferro – sia su quello sociale e culturale. Una replica delle politiche VPF – acronimo di Virtual Print Free – introdotte ai tempi della conversione digitale. Quando i distributori riconoscevano un emolumento all’esercizio per compensare il risparmio nella stampa di meno copie in pellicola. Al tutto, secondo noi, potrebbe aggiungersi la possibilità di declinare certe tipologie di ammodernamento in termini di “green economy”, attingendo a tale scopo scopo anche al PNRR. L’esempio tipico è la conversione delle macchine di proiezione alla tecnologia laser: un risparmio considerevole in consumi elettrici (-50%) ed in smaltimento di lampade inquinanti.


D-Cinema - Digital projection Booth

Una simile linea di intervento sembrerebbe abbastanza condivisa dai distributori, italiani ed internazionali, i quali già hanno ribadito la centralità della sala all’interno della filiera. Considerato che i film, in particolare quelli ad alto budget, si ripagano solo se transitano nei cinema, la strada appare in un certo qual modo quasi obbligata. Checché si possa leggere in certi folkloristici commenti social, ove l’oramai desueto modello del “5 euro per tutto” è ancora visto come l’unicum cui aspirare. A tali utenti consigliamo di rivolgersi a Netflix onde sperimentare un rapido ritorno alla realtà. A queste considerazioni se ne aggiunge una ulteriore, non ancora apparsa nelle cronache, ma che diversi esercenti ci hanno confidato quasi sempre nei medesimi termini. Parliamo del cosidetto “affollamento delle uscite”.

La necessità di foraggiare lo streaming – pozzo senza fondo in termini di prodotto – ha portato al pullulare incontrollato delle produzioni più svariate, con l’inevitabile conseguenza della generale scarsa qualità. L’ultima moda, imperante già da un annetto, è quella di “forzare” un’uscita cinematografica anche per questi prodotti, nella (beata?) speranza di “arrotondare” i ricavi e rendere meno pesante l’investimento. L’effetto principale, purtroppo, è quello di intasare l’esercizio occupando un considerevole numero di spettacoli giornalieri – imposti per contratto e puntualmente deserti in termini di pubblico – mandando quindi a picco i dati di presenze reali. Il consiglio, insomma, è quello di lasciare la sala ai film pensati per la sala. Riversando tutto il resto altrove.

Cinema finestra 180 giorni
Mandare nelle sale i film pensati per le sale: Dr.Strange nel multiverso della follia ha incassato più di 8 milioni di euro solo nei primi 5 giorni di programmazione

Infine una riflessione di carattere prettamente “politico”. Questi due anni di pandemia sono stati difficili per tutti, tra chiusure, limitazioni alla libertà, contagi o peggio. Nessuno – politico o cittadino che sia – ha il dono della bacchetta magica. E dinanzi una situazione inedita, grave e mutevole come quella affrontata, dubitiamo fortemente si potesse avere una sfera di cristallo a guidare le decisioni con certezza assoluta. Ciò premesso, risulta comunque incredibile vedere tanta profusione di mezzi ed interesse offerti dal ministro Franceschini per “la causa”, quando non più di un anno e mezzo fa – in collaborazione con il collega al dicastero della sanità – era intento ad applicare il catenaccio. Cavalcando slogan apocalittici – tesi a far passare teatri e cinema come “fabbriche di contagi” – adottati da certa stampa a caccia di click. Peraltro contro ogni evidenza pratica, scientifica e di buon senso. Chi disse “solo i paracarri non cambiano idea” ci aveva dunque visto giusto.

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