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Mitologia audio e suono: il perché di una scelta

L’argomento relativo al “suono di un sistema audio” è stato affrontato innumerevoli volte, ciò malgrado, sembra che alcuni aspetti salienti non siano ancora del tutto chiari. Complici alcune leggende che hanno contribuito a creare veri e propri miti dell’audio, chiaramente non sempre reali, molto spesso scegliere un apparecchio per alcuni appassionati si trasforma in una sorta di tour de force nemmeno si dovesse scegliere se vivere o morire

Qualche tempo fa – esattamente in questo articolo – abbiamo esaminato quella sorta di ansia da prestazione che si genera in taluni appassionati allorquando debbano effettuare una scelta in merito all’acquisto, qualcosa che richiedendo un impegno economico spesso anche di un certo livello, comporta tutta una serie di ragionamenti e considerazioni tesi all’ottimizzazione della spesa.

Chi frequenta gli impetuosi lidi dell’alta fedeltà, conosce senza ombra di dubbio i vari miti che nel tempo si sono avvicendati in tale contesto: dall’accessorio miracoloso alla scoperta epocale, puntualmente in grado di sconvolgere l’ascolto, ogni tanto si sono create (e si creano tutt’ora) delle fazioni che ritenevano giusto un dato contesto piuttosto che un altro.

Tra tipologie di sistemi di amplificazione – qui potete leggere un articolo che ne passa in rassegna le principali caratteristiche – sistemi di carico dei diffusori, cavi, accessoristica varia nonché filosofie più o meno valide di approccio all’ascolto, il trascorrere del tempo ha visto nascere miti, falsi miti, dogmi e vere e proprie leggende.


Per fortuna, certi eccessi quasi vergognosi – quali astruse tipologie di accessori basati su altrettanto astruse ed oscure considerazioni – sono praticamente scomparsi e coloro i quali avevano riposto la loro fiducia nel guru di turno, hanno lentamente visto cadere il vacillante castelletto sotto i colpi della realtà sonora, quella vera.

Per pura curiosità – forse l’ho già raccontato ma è noto che repetita juvant – talvolta è sufficiente un piccolo dettaglio per fare la differenza: due amplificatori identici, perfettamente bilanciati nel livello di emissione (potenzialmente diverso a causa di lievi tolleranze di costruzione) purché dotati di controlli di tono, possono vedere anche pesantemente alterate le loro caratteristiche sonore in base alla semplice rotazione del controllo dei bassi di 3 dB, che se operante su una frequenza di 50Hz è in grado di conferire un notevole corpo alla riproduzione.

Ecco quindi che due dispositivi identici – quando nascosti dietro una tenda – possono dar luogo a prestazioni assai diverse, ma non solo, questa è la prova che lo stesso programma musicale – appositamente scelto – sarà in grado di suonare in modo ben diverso quando riprodotto dall’uno piuttosto che dall’altro.

Nel caso citato il trucchetto ha fatto sì che la valutazione del medesimo brano fosse più gradita quando riprodotta dall’amplificatore “ritoccato” invece che dell’altro, una differenza che metteva in risalto il basso elettrico che nell’originale era leggermente indietro, nulla di preoccupante ma comunque evidente.

Ora, se il costruttore avesse tolto di mezzo il circuito di controllo toni inserendo componenti di un dato valore sul percorso del segnale tali da ottenere la medesima funzione di trasferimento, mi sembra evidente, avrebbe ottenuto la stessa cosa perfino risparmiando. E forse, in base a certe considerazioni che vogliono che i controlli di tono siano deleteri, avrebbe anche fatto un figurone con gli appassionati, certi del migliore funzionamento del dispositivo in quanto privo di circuitazioni ridondanti ed inutili (sic).

E potremmo vedere la cosa dal punto di vista di un musicista, un aspetto assai interessante.

Tanto per dire, un qualsiasi liutaio degno di questo nome, vi dirà che la scelta del legname che concorre alla realizzazione di un violino – a dire il vero si tratta di essenze diverse, ciascuna in possesso di caratteristiche opportune per il lavoro che deve svolgere – è eseguita sempre con la massima cura; la stagionatura, la particolare venatura, il taglio, lo spessore, l’assemblaggio, i collanti, non vi è nulla che non concorra sinergicamente al risultato finale.

Il suono di uno Stradivari, di un Guarneri del Gesù oppure di un Amati,  erano il frutto di incessante ricerca sia tecnica che sonora; nessuno di questi valenti maestri – fosse ancora in vita – vi racconterebbe mai i segreti del mestiere, il numero, lo spessore – e giammai la formula, seppure qualcuno rivendica di averla scoperta, in realtà si è solo giunti a comprendere una parte del contenuto ma non certa l’esatta proporzione – della lacca che sapientemente distribuita sulla tavola armonica (e non solo quella) concorrono alla sonorità. Si narra che Stradivari giungesse ad utilizzare anche 500 strati di resina vegetale mista a particolari (ed assolutamente ignoti) componenti in grado di dominare e/o esaltare le risonanze derivate dal suonare lo strumento; aggiungiamo le corde, naturali se vogliamo complicarci l’esistenza.

Esaminando bene la cosa, questa non è molto diversa dall’assemblare un sistema ad alta fedeltà che possa validamente riprodurre musica in modo emozionante, visto che ogni accostamento, ogni variabile introdotta nel sistema, è potenzialmente in grado di migliorare o peggiorare (perché no?) il risultato finale, ovvero il suono.

All’immenso Mark Knopfler fu chiesto come avesse ottenuto il particolare suono che ne caratterizza le esecuzioni, molto banalmente (?) rispose che una volta collegata la chitarra si mise a smanettare con l’elettronica fino ad ottenere qualcosa che egli gradisse, tutto qui, niente di particolarmente magico o astruso. Qui una recensione di un intero ciclo di eccellenti lavori recentemente ripubblicati.

Pensando ad una batteria – acustica of course – il legno dei fusti, la pelle battente, quella risonante, la tensione dell’accordatura, sono tutti elementi che ne caratterizzano il suono, lo sa perfettamente qualsiasi batterista. Parliamo del rullante? Metallo o legno per il fusto, altezze diverse per diverse profondità di suono, pelle sabbiata oppure no, cordiera più o meno in evidenza, sordinatura ed altro, non sono forse assimilabili all’incessante ricerca sonora dell’appassionato che periodicamente riesamina il suo sistema alla ricerca di una prestazione che lo coinvolga?

L’immenso Dave Weckl: potenza e corpo sonoro del suo drum set sono il frutto di un sapiente lavoro di studio sonoro

 

Ascoltate il suono ed il drumming di Dave Weckl oppure di Chad Smith, due eroi della percussione profondamente differenti, eppure ciascuno a suo modo caratterizzato da grande dinamica e ricerca stilistica, basta ascoltare le finezze che sono in grado di eseguire.

Non abbiate paura di sperimentare fino a trovare il “vostro” suono – sempre cum grano salis – se lo hanno fatto coloro che hanno prodotto strumenti che sono alla base del suono, non sarete certo voi appassionati a dovervi preoccupare di inquinare il risultato, tranne ovviamente che non facciate cose assurde, ma noi siamo qui anche per questo, per darvi sempre consigli sensati al fine di aumentare il piacere dell’ascolto.

E come al solito, ottimi ascolti!!!

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