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Diffusori: esiste il modello perfetto? Si, no, forse.

I diffusori, croce e delizia dell’appassionato di alta fedeltà,  vero e proprio anello di congiunzione tra l’impianto e le nostre orecchie, l’elemento che più di qualsiasi altro ritengo essere in grado di connotare la prestazione di un sistema Hi-Fi. Esiste quello perfetto? Parliamone.

Il fascino che emana un bella coppia di diffusori, almeno per me, è certamente dovuto a quella sorta di legame psichico che simboleggia la trasformazione in suono dell’energia elettrica inviatagli da parte dell’amplificatore.

Un legame inscindibile, qualcosa che permette di ricreare un evento avvenuto in un altro luogo all’interno della nostra abitazione, ed è proprio questa considerazione che mi ha spinto a scrivere questo articolo.

Esiste il modello perfetto? Nel caso, come dovrebbe essere fatto?


Dando per scontato che non è ancora possibile una concreta sovrapposizione tra l’evento reale e sua riproduzione – troppi sono ancora gli elementi da indagare per raggiungerla – è in ogni caso possibile avvicinarsi sempre più ad una ricostruzione che illuda in modo più o meno efficace i nostri sensi.

In questo senso sono stati fatti davvero passi da gigante: dinamica, timbrica e per certi versi disposizione spaziale degli esecutori, hanno davvero raggiunto una ragguardevole veridicità sonora, tanto che in certi casi è sorprendente quanto illusoria sia la loro presenza in ambiente.

Diffusori tradizionali a radiazione diretta

Ovvero la pratica maggioranza, costituiti da un pannello frontale sul quale sono installati gli altoparlanti alle cui spalle si trova un cabinet, totalmente chiuso oppure aperto in virtù della tipologia di carico scelta per le basse frequenze, normalmente sospensione pneumatica oppure bass reflex.

Diffusori a dipolo

In questa categoria rientrano i modelli planari (elettrostatici oppure isodinamici) e i cosiddetti open baffle (in sostanza un pannello privo di cabinet); come intuibile, la caratteristica principale è costituita dall’emissione, in fase anteriormente ed in necessaria controfase posteriormente.

Diffusori a bipolo

In questo caso gli altoparlanti sono disposti sul pannello anteriore e su quello posteriore del diffusore, l’emissione è perciò in fase.

Diffusori omnidirezionali

Questa tipologia – prescindendo dalla filosofia del produttore – racchiude progetti il cui sviluppo è avvenuto in base all’utilizzo di altoparlanti tradizionali oppure specificamente progettati e/ adattati.

Far si che l’ascoltatore intuisca la posizione degli esecutori è uno dei compiti più difficili per un diffusore

 

In un paio di articoli pubblicati di recente – qui potete consultarli – abbiamo preso in considerazione un’ulteriore tipologia di diffusori, quelli che tentano in qualche maniera di superare i limiti attualmente ancora presenti nella riproduzione sonora.

Ciascuna delle tipologie evidenziate – inevitabilmente – ha pregi e difetti che devono essere attentamente esaminati allorquando ci si trovi a scegliere in fase d’acquisto.

E l’ambiente?

Alle caratteristiche proprie del diffusore si aggiungono poi quelle dell’ambiente nel quale troverà sistemazione, una vera e propria interazione cui abbiamo fatto spesso riferimento – qui ad esempio – dalla quale non è assolutamente possibile sottrarsi.

Con riferimento alle due categorie la cui emissione avviene anche posteriormente – dipolo e bipolo – occorre ragionare sull’ambiente che dovrà ospitarli, poiché non sarà possibile disporli (troppo) a ridosso della relativa parete senza incorrere in problemi.

L’emissione posteriore deve essere sfruttata in maniera opportuna affinché le riflessioni tese all’incremento delle prestazioni spaziali concorrano alla formazione di un palcoscenico sonoro maggiormente realistico.

Non solo, nel caso di un diffusore elettrostatico tale distanza assume rilevanza elevata in virtù delle cancellazioni che possono crearsi a causa di un’eccessiva vicinanza con la parete.

Ciò che ancora manca all’appello non è semplice definirlo, proprio per il suo essere sfuggente, praticamente ancora ignoto.

Insomma, riprodurre suoni – sebbene sia il compito principale per un diffusore – non è in ogni caso cosa semplice, stante l’elevato numero di fattori che concorrono ad una performance di qualità.

A parte il connotato timbrico – che al momento ed in generale mi sembra alquanto soddisfacente anche in esemplari il cui costo non costringe a svuotare il conto in banca – e la maggiore o minore facilità di posizionamento, sono le qualità spaziali che fanno la differenza.

Osservando i progressi che la ricerca sonora ha prodotto nel tempo, il connotato che a mio avviso distingue un diffusore dalla massa è la sua capacità di ricostruzione dell’evento sonoro in ambiente, e questo a prescindere dalle dimensioni o dalla fisica posizione all’interno di questo.

In un prossimo articolo vedremo come una particolare tipologia di costruzione – attualmente l’unica che si avvicina all’ideale teorico di sfera pulsante o sorgente puntiforme – garantisca prestazioni concretamente vicinissime all’evento reale.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

 

 

 

 

 

 

 

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