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Ho deciso, domani smetto: quando una passione diventa tossica

Può una passione trasformarsi in una sorta di incubo? Purtroppo si, laddove la si viva in maniera morbosa – tossica appunto – e patologicamente continuativa possono nascere elementi di disturbo che, letteralmente, impediscono il sereno godere di questo splendido hobby. 

Lo spunto per questo articolo nasce da un incontro casuale, occasione nella quale ho avuto modo di ritrovare un conoscente di vecchia data che ricordavo grande appassionato di HiFi, tanto che lo andavo spesso a trovare per deliziare le mie orecchie con i componenti in suo possesso.

Ricordo bene il suo sistema: giradischi HARMAN KARDON modello RABCO ST-7 equipaggiato dell’immancabile testina SHURE V-15, preamplificatore e finale Mc INTOSH in unione ai diffusori BOSE 901, qualcosa che all’epoca mai avrei potuto permettermi.

Il RABCO ST-7 di HK: trazione diretta e braccio tangenziale di alto livello, a quei tempi un sogno!

 

Logico quindi che dopo gli immancabili e talvolta banali convenevoli, il discorso sia finito col parlare della comune passione che condividevamo all’epoca.


Purtroppo, con sincero stupore, ho appreso che il tizio non disponeva più di quel sistema e che anzi – piuttosto che aver progredito ulteriormente, tanto che mi aspettavo di sentirmi parlare di un impianto da nababbi dato il lungo periodo di tempo trascorso – al momento ascoltava con estrema soddisfazione (parole testuali) un diffusore Bluetooth, precisamente il WOBURN a marchio MARSHALL.

Non posso negare lo stupore, se non altro per i motivi che di li a poco avrebbe addotto per “spiegare l’accaduto”, ovvero la completa dismissione del suo sistema.

Tutto sarebbe nato con la constatazione – dopo infinite e cicliche sostituzioni di componenti – che la qualità media dell’impianto pareva alquanto scemata piuttosto che aumentata.

A questo si aggiungeva il caratteristico atteggiamento che taluni appassionati – per fortuna non tutti ché diversamente sarebbe un vero guaio – hanno nel momento in cui decidono di ascoltare musica – pardon – l’impianto, attività parecchio diverse tra loro.

L’ossessiva ricerca del pelo nell’uovo non sempre porta a risultati positivi

 

Infatti, tra ascoltare musica ed ascoltare il sistema ad alta fedeltà passa una notevole differenza: maggiormente soddisfacente ed emozionante la prima attività, certamente più tecnica, clinica e potenzialmente frustrante la seconda.

Piccola sottolineatura: ovviamente alludo all’ascolto di buona musica, punto.

In effetti il nostro si era reso conto che ogni qual volta accendeva l’impianto e metteva un disco – analogico o digitale non ci interessa – piuttosto che concentrarsi nell’ascolto e nelle emozioni potenzialmente derivabili, iniziava un’interminabile autopsia sonora alla ricerca del difetto, della distorsione, di tutte quelle forme di incertezza di riproduzione che fossero state in grado di dimostrare (a se stesso) che qualcosa non andava per il verso giusto.

Immancabilmente, inevitabilmente ed imprescindibilmente, quasi che tutto ciò fosse presente sempre e comunque, in ogni momento, con ogni sistema – non importa il suo costo – e quindi individuabile.

Logico che un simile atteggiamento sia stressante, altamente stressante, foriero di una latente insoddisfazione perennemente seduta al nostro fianco, un fastidioso compagno di ascolti che rovina, appunto, la gioia di godere di quelle good vibrations che la musica dovrebbe trasmetterci.

E quindi – anche al fine di zittire quel disturbante noise di sottofondo – la cosa migliore è parsa quella di vendere tutto il sistema – tanto non mi da più soddisfazione – questa la principale scusa – e se penso a quello che ho speso nel tempo mi viene una rabbia che non hai idea.

Personalmente la rabbia mi viene per un motivo diverso, quello cioè di veder finire miseramente una bella passione senza un reale motivo che lo giustifichi.

Purtroppo però non è la prima volta che mi trovo a vivere situazioni simili, più di qualcuno che ricordavo preso dal virus dell’alta fedeltà col tempo ha mollato la presa – soprattutto a causa di mogli o compagne poco disposte ad accettare che l’ambiente, ovvero un area che considerano di loro esclusiva pertinenza – fosse invaso da orrendi parallelepipedi metallici e sarcofagi degni di un film sci-fi.

Diciamo che anche questo è parte del gioco dell’HiFi – aspetto meglio noto come WAF – e forse, dico forse, riuscire a vincere quella resistenza talvolta davvero inopportuna esercitata dalla propria consorte apporta una qual certa soddisfazione.

Attenzione, non si tratta di averla vinta a tutti i costi, solo di non vedere frustrate le proprie (giustissime) aspettative in relazione alla vita coniugale, questione di rispetto reciproco, basta poco.

In ogni caso – ed a prescindere da tale piccola dissertazione socio-coniugale – il nostro consiglio è sempre quello di vivere le vostre passioni sempre ed immancabilmente cum grano salis, evitando atteggiamenti maniacali o derive pseudo-tecnologiche potenzialmente in grado di inquinare quanto di bello si cela nell’alta fedeltà.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

 

 

 

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