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I Maneskin ci piacciono e vi spieghiamo perchè.

Sabato sera i Maneskin hanno fatto ritorno nella loro città di origine: Roma. Tra mille polemiche per l’innalzamento dei contagi Covid ed addirittura un incendio che ha fatto alzare una fitta nube nera sulla Capitale, Damiano,Thomas, Vicrtoria ed Ethan continuano a testa bassa per la loro strada.

I Maneskin sono un esempio di come “la storia si ripete!”. Il mondo cambia e non è per nulla facile stargli dietro e così si rischia di cadere nei luoghi comuni che negli anni addietro ci hanno fatto litigare con i nostri genitori.

Dicevamo, non è per nulla facile stare al passo coi tempi, ricordo quando venne fuori l’Acid Jazz e ci guardavamo tra divoratori di musica sorridendo e dicendo: “non sanno più che inventarsi!” 

Questo tanto per dire che l’essere umano ha bisogno di certezze e spesso, non guarda di buon grado alle novità.


I Maneskin ed i Talent Scout che hanno preso il posto delle cantine

“Ai miei tempi” il primo step per un gruppo erano le cantine e poi a seguire i locali che oggi definiremmo “radical chic”. Facevi un pò di gavetta, strappavi qualche birra a gratis e qualche soldo e speravi che qualcuno ti notasse e ti chiedesse di andare in studio a registrare qualcosa o magari fare da gruppo di spalla per qualche artista famoso. Oggi è tutto diverso, c’è Instagram, Facebook le condivisioni e soprattutto i Talent Scout. Che poi, se ci pensate bene, probabilmente il Talent Scout per eccellenza è proprio il Festival di Sanremo.

Fermi, non iniziate col dire che ai vostri tempi c’era la PFM, Le Orme e i New Trolls che erano musicisti con le palle fumanti, non fate il mio stesso errore. Allargate gli orizzonti e leggete il ragionamento che segue.

Maneskin e la musica

 

Finalmente la voglia di prendere in mano uno strumento

Questo articolo nasce da una chiacchiera con un amico che in tarda età ha deciso di mettere su famiglia ed oggi, dopo aver superato da qualche decina di anni gli “anta” si ritrova con un figlio di otto anni che puntualmente gli chiede di mettere tramite il bluetooth del telefonino “Zitti e buoni” dei Maneskin sul suo impianto stereo fighetto da 30.000 Euro. Il brano si sente che è ottimizzato per funzionare sulla boombox dei sedicenni di oggi ma al bambino non frega nulla della compressione, della distorsione o di altri parametri da smanettoni, al bambino interessa la musica. Balla, salta e a fine brano prende la chitarra del babbo e gli chiede: “Mi dici come posso suonare Zitti e Buoni con la chitarra?” e ancora: “Papà come fa Ethan a suonare la batteria?”. Ebbene si, in un mondo fatto del tutto e subito, di app che ti fanno comporre musiche senza neanche sapere cosa sia un pentagramma o la differenza tra un accordo ed una nota, i bambini e gli adolescenti stanno riscoprendo la musica. Hanno voglia di suonare uno strumento e solo per questo i ragazzi romani andrebbero ringraziati. Detto ciò sfido chiunque a non riconoscere l’autorità che questi giovani hanno dimostrato in alcuni loro brani. Uno su tutti la riproposizione con Manuel Agnelli di Amandoti dei CCCP, brano sicuramente non facile non tanto dal punto di vista tecnico quanto da quello dell’interpretazione.

Insomma, non facciamo come i nostri genitori che ci guardavano schifati mentre ascoltavamo i vari gruppi rock degli anni Settanta, chiusi nella nostra cameretta con assurdi (visti con gli occhi di oggi) pantaloni a zampa di elefante e folti baffoni. Diamo spazio ai giovani ma soprattutto alla musica, quella suonata tramite uno strumento. Il Rock non è morto per fortuna. Si è solo evoluto e dobbiamo accettarlo.

A proposito, ma qualcuno di voi sa se poi Marlena è tornata a casa? Scrivetecelo nei commenti!

 

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