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Protesi acustiche e Alta Fedeltà: connubio impossibile?

Un articolo diverso dal solito, correlato ad un aspetto molto poco frequentato o perfino evitato in quanto emblema del decremento uditivo conseguenza dell’avanzare dell’età e purtroppo inevitabile, la cui ricaduta in ambito Hi-Fi è più impattante di quanto si possa pensare.

A prescindere dalle solite argomentazioni tanto care agli appassionati di Alta Fedeltà, ne esiste una circa la quale non è molto frequente leggere: il fisiologico decadimento uditivo.

Tutti noi sappiamo che l’avanzare dell’età – qui ne avevamo già parlato – porta con sé alcune défaillance che per quanto si faccia non è possibile aggirare, ritardare forse, conducendo una vita priva di stimoli eccessivi, ma certamente non evitare del tutto.

Una di queste è di sicuro è la fisiologica riduzione della capacità uditiva, già di suo rapidamente in decremento fin dalla nascita – un po’ come l’artrosi, che non lo sapeste inizia a circa due anni di età – tanto che i famosi 20KHz riescono ad essere percepiti per un tempo davvero breve da pochi fortunati soggetti.


Il tempo però non sempre è galantuomo, ed anzi, talvolta si diverte ad anticipare determinati contesti sovente ritenuti appannaggio di un certo range di età; è così che persone relativamente giovani (<45/50) iniziano a sperimentare cali dell’udito finanche notevoli.

Pertanto, tranne che non si provi vergogna nell’indossarne una, la soluzione sta nel munirsi di una protesi acustica che si occupi del recupero della parte di banda audio che non riusciamo più a sentire come una volta, quando anche un sussurro era ben percepito anche a notevole distanza.

Come si coniuga la cosa con l’Alta Fedeltà? Ovvero, è possibile ascoltare musica attraverso una protesi? Quali sono le criticità derivanti dal suo utilizzo?

Lo abbiamo chiesto ad un esperto del settore dell’audiologia e quel che è emerso – sebbene per dati versi fosse ipotizzabile – ci ha consentito di comprendere esattamente perché molte persone abbiano messo da parte la passione per l’Alta Fedeltà a seguito del citato declino uditivo: ascoltare musica mediante l’ausilio di una protesi acustica è possibile ma a determinate condizioni.

I motivi sono più d’uno, tutti chiaramente correlati allo specifico funzionamento di questa piccola meraviglia elettroacustica, che sebbene tale presenta in ogni caso alcuni limiti.

Non tutti sanno che una protesi acustica non si limita ad amplificare il segnale che riceve ma anche a comprimerlo, diversamente saremmo preda della più becera forma di THD (acronimo anglosassone di Total Harmonic Distortion) la famigerata Distorsione Armonica che affligge qualsiasi amplificatore.

Una protesi acustica (cfr. immagine) è assimilabile ad vero e proprio sistema audio in miniatura: microfono, amplificatore, processore di segnale ed altoparlante, niente di troppo diverso da una normale catena audio fatte salve le dimensioni lillipuziane e la gestione (digitale) delle specifiche funzioni; inevitabile quindi che anche questo “sistema di riproduzione audio” sia gravato dalle medesime problematiche.

Un segnale eccessivamente elevato quindi, manderebbe pesantemente in distorsione il sistema con tutti gli inevitabili problemi del caso, il che renderebbe alquanto fastidioso (quando non impossibile) l’uso di questo apparato.

Tra l’altro, con riferimento agli apparecchi al Top della specifica tecnologia, la gamma operativa dei suddetti sistemi è compresa tra i 400Hz ed i 6.200Khz – sebbene ve ne siano alcuni in grado di coprire la gamma compresa tra 80Hz e 10KHz – ambito ottimale per la corretta comprensione del parlato e di tutto ciò che ruota intorno alla giusta interpretazione di un discorso, malgrado restino evidenti i notevoli limiti di risposta.

E non potrebbe essere diversamente, stante l’inutilità di amplificare segnali assolutamente inutilizzabili per i fini specifici del suddetto ausilio.

Relativamente al caratteristico funzionamento poi, in linea di principio è possibile assimilarne la funzionalità a quella dei sistemi di correzione ambientale tanto cari ad alcuni appassionati – vedi DRC et similia – laddove una volta identificata la caratteristica “risposta in frequenza dell’ambiente” si procede tramite DSP o addirittura AI, alla creazione di una curva che bilanci l’emissione riallineando la risposta.

Oltre a ciò, la tecnologia attuale prevede la gestione tramite specifiche App mediante le quali l’utente può intervenire anche implementando particolari filtri e perfino connettendosi direttamente via Bluetooth alla TV come consentono di fare i prodotti Amplifon, Oticon e Bernafon, tra le maggiori aziende impegnate sul campo.

Che fare quindi?

Purtroppo la soluzione non è affatto semplice e da quanto delineato, si deduce che un eventuale ascolto deve avvenire quanto meno rielaborando l’approccio, ovvero tollerando gli inevitabili limiti derivanti da una circostanza praticamente non aggirabile.

In generale, l’ascolto di un impianto ad Alta Fedeltà tramite i predetti ausili è, se non impossibile, alquanto caratteristico, sia per la sovrapposizione delle rispettive amplificazioni – quella della protesi e quella del sistema audio, come evidenziato operanti su distinte porzioni di gamma audio – sia a causa del netto squilibrio timbrico derivante dalla ridotta gamma gestibile dalla protesi.

Non va poi dimenticata l’azione filtrante e di parziale mascheramento di tipo meccanico comunque operata da quest’ultima allorquando la si inserisca nel meato uditivo, altro problema che si aggiunge a quanto finora prospettato.

Purtroppo non solo le elettroniche acquisiscono lo status di apparecchio Vintage

Come al solito, ottimi ascolti!!!

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