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Lo Yin e lo Yang audiofilo

Ovvero, luci ed ombre di un giudizio diametralmente opposto circa un lavoro discografico: laddove uno riferisce meraviglie in merito alla qualità sonora, l’altro ne fornisce un giudizio mediocre. 

Non è la prima volta che un disco – inteso in senso lato e non come supporto necessariamente analogico – sembra non presentare le positive caratteristiche elencate nella relativa recensione letta da qualche parte, anzi, suona a dire il vero abbastanza male.

Come sia possibile una cosa simile in effetti appare piuttosto strano, anche perché chi si occupa di recensioni e riferisce determinate qualità possedute dall’opera sottoposta a critica, almeno solitamente, non è personaggio di primo pelo ed anzi, dispone di strumenti concreti a far si che il giudizio sia il più possibile scevro da inopportuni influssi e/o eccessivi personalismi.

Sia come sia, circa la qualità sonora di un lavoro può capitare di sentire ciò che solitamente è descritto come “tutto ed il suo esatto contrario”.


Ad essere onesti è capitato anche al sottoscritto di non riscontrare le doti tanto decantate in merito al lavoro recensito; nella fattispecie ho nettissimo il ricordo di un disco considerato un riferimento assoluto in quanto all’incisione ed alla qualità artistica – ovviamente eseguita da una notissima casa discografica specializzata in registrazioni digitali di livello elevatissimo – che purtroppo, ahimè, suonava stridula in modo esagerato, per certi versi davvero fastidioso.

Pagai caro quel CD, ed è quindi logico che inveii contro il recensore accusandolo di riferire falsità in maniera così sfacciata e molto probabilmente – la malizia è malizia – dietro lauto compenso, tanto mi sembrava contrastante quanto letto e quanto ascoltato con riferimento alla qualità sonora, ovviamente, su quella artistica nulla da dire.

Ma siccome le cose non sempre sono come sembrano, pur relegando quel CD in un angolo quasi nascosto della mia collezione non lo gettai alle ortiche, e feci benissimo, perché riascoltato successivamente in un altro sistema di livello piuttosto elevato rispetto a quello che possedevo all’epoca ebbe modo di dimostrare il proprio indubbio valore.

Fu lì che mi resi conto di quanto un giudizio critico potesse essere diametralmente opposto a quello di un’altra persona: a parità di software la differenza giaceva nell’impianto!

Tanto per fare un esempio concreto, possiamo parlare di un lavoro della pianista di origine nipponica Hiromi e del suo trio – qui potete leggere la recensione del suo lavoro da noi fatta a suo tempo – un disco edito dalla nota etichetta a stelle e strisce TELARC la cui qualità sonora è assolutamente indiscutibile e se anche nel tempo questa azienda possa aver sbagliato qualche colpo, non è certo questo il caso, anzi.

L’eccellente pianista nipponica Hiromi

 

Tornando alla citata opera, riassumendo per sommi capi, le sue qualità principali sono individuabili di certo nella dinamica e nell’estensione in frequenza, in concreto davvero notevoli.

Essendo batterista – seppure per diletto – ho comunque avuto esperienze con vari gruppi e conosco bene il suono di molti strumenti, sia acustici che elettrici, ragione per cui riconosco agevolmente le caratteristiche timbriche di un dato strumento laddove la presa di suono sia stata effettuata a mestiere.

Posso assicurarvi che in questo lavoro – a prescindere che sia a marchio TELARC – chi ha effettuato la registrazione conosce molto bene il suo mestiere ed ha realizzato un capolavoro; pianoforte, basso e batteria sono stati registrati in maniera stupefacente in quanto a veridicità, fisicità e rispetto delle caratteristiche timbriche precipue.

Eppure qualcuno ha trovato questa registrazione non così esaltante, un motivo dev’esserci, necessariamente.

La prima informazione che ho chiesto a chi criticava la recensione è stata quella pertinente la tipologia di diffusore posseduto, e purtroppo si trattava di un piccolo diffusore dotato di woofer da 5″.

Le MAGNAT MONITOR ACTIVE 2000: pur ottime non possono di certo fornire prestazioni esplosive in bassa frequenza

 

Se vi siete presi la briga di leggere questo interessante articolo da noi pubblicato qualche tempo fa, sapete bene quanto la scelta dei diffusori abbia influenza sul risultato finale.

Ebbene, in effetti e purtroppo, ascoltando tale disco con un sistema di diffusori di piccolo calibro – aggiungerei necessariamente – si perde buona parte dell’impatto a bassa frequenza tipico di questo lavoro, a questo si aggiunge una riduzione della dinamica a causa della pratica impossibilità di alzare il volume oltre una determinata soglia pena l’insorgere di una pesante distorsione.

A ben vedere quindi il problema non sta nel disco bensì nell’impianto di riproduzione.

Abbiamo parlato di un trio, provate ora ad immaginare una grande compagine orchestrale – i Berliner Philarmoniker ad esempio – un insieme capace di produrre un muro di suono quasi tangibile, palpabilmente denso e dotato di una dinamica quasi inesauribile, ebbene, come credete sia possibile trasportarli nel vostro ambiente?

D’accordo avere una sorgente che estragga le informazioni al meglio dal supporto – analogico o digitale che sia – porgendole successivamente all’amplificatore – che a sua volta si spera non faccia danni – ma saranno poi i diffusori ad occuparsi di trasformare l’energia elettrica in suono determinando in buona parte il risultato finale contribuendo al formarsi delle vostre impressioni in merito a ciò che state ascoltando.

Ci avete mai pensato?

Ecco quindi che molti dei dischi considerati eccezionali al punto di divenire riferimenti assoluti relativamente alla qualità dell’incisione – che per inciso dovrebbe sempre essere accostata a quella artistica – potrebbero a causa delle motivazioni esposte dover essere ridimensionati, un aspetto negativo che in realtà non posseggono affatto.

In realtà, è proprio l’elevata qualità che li contraddistingue a renderli strumento di test, e lo fanno proprio evidenziando quanto un sistema audio sia valido o meno nel riprodurli.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

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